Banda del buco a Roma, svaligiata gioielleria come nei film. Bottino da 800mila euro: le indagini dei Carabinieri e la ricostruzione – minuziosa – dell’accaduto. Fermate in queste ore 8 persone. Tutti i particolari.
Torna a colpire la banda del buco, con una ‘sceneggiatura’ degna del più classico dei film. Un foro nell’edificio confinante alla gioielleria da svaligiare, la fiamma ossidrica per aprire la cassaforte e la fuga con l’ingente bottino, quasi un milione di euro. Infine tutta la parte successiva, con la spartizione dei preziosi portati via con tutti gli accorgimenti del caso per non farsi scoprire, dalla stipula di polizze di pegno, passando per la fusione in lingotti dei preziosi, fino al coinvolgimento di alcuni “compro oro”. Ma il film, che film non è perché si tratta di un fatto realmente accaduto poche settimane fa a Roma, non è finito bene per i malviventi: i Carabinieri sono riusciti ad incastrare la banda.
Il colpo della banda del buco a Roma
Otto in tutto i soggetti al momento coinvolti. Un’indagine durata tre mesi nel corso della quale i Carabinieri sono stati chiamati a far luce sul maxi colpo avvenuto nel cuore della Capitale, precisamente nella gioielleria di via Bocca di Leone, nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 2023 scorso. In quell’occasione erano stati rubati monili dal valore di 800.000 euro.
La banda, stando alle risultanze investigative, era composta da 3 uomini, accusati ora di furto aggravato in concorso (due finiti in carcere, uno ai domiciliari, ndr), 1 donna, indagata per ricettazione della refurtiva e riciclaggio (arrestata e sbattuta in prigione), e altre 4 persone, due uomini e due donne, accusati sempre della ricettazione della refurtiva. Il gruppo era riuscito, mediante un buco aperto nel muro attiguo all’oreficeria, ad accedere nel locale per poi ripulire la cassaforte presente all’interno contenente i gioielli avvalendosi della fiamma ossidrica.
Nello specifico la banda, attraverso l’accesso nel corridoio dell’androne condominiale della palazzina sita al civico 43 della stessa via, confinante con l’oreficeria, avevano praticato dapprima un grosso foro nel muro e poi, mediante l’utilizzo della fiamma ossidrica e senza accedere nella gioielleria, avevano tagliato l’armadio blindato, situato in corrispondenza della parete forata, e la cassaforte contenuta all’interno. Un colpo, evidentemente, studiato nei minimi particolari.
Le indagini
Mediante servizi dinamici e attività tecniche di geolocalizzazione e intercettazione telefonica, le forze dell’ordine sono riuscite però a ricostruire non solo il percorso di avvicinamento fatto dai malviventi il giorno del furto – attraverso l’analisi integrata di ogni telecamera utile presente nell’area – ma anche i sopralluoghi eseguiti nei giorni precedenti. Almeno 5 i ‘passaggi’ notturni immortalati dalle telecamere in questo senso.
Tra le persone fermate spicca la figura di un 65enne romano, già coinvolto in indagini per furti in appartamenti e gioiellerie portati a termine con la “tecnica del buco” e con l’utilizzo di fiamma ossidrica. Lungo il suo curriculum e i colpi messi a segno negli anni: nel 2004 in una villa a Porto Cervo, nel 2006 in una gioielleria di Terni, nel 2016 e 2020 in appartamenti a Roma. Ci sono poi due fratelli romani, di 57 e 55 anni, il primo esperto nel settore delle serrature e già noto perché coinvolto in analoghe indagini e il secondo incensurato, insospettabile.
La ricettazione della refurtiva
I Carabinieri hanno inoltre raccolto elementi indiziari in relazione ad una delle donne fermate, quella finita in carcere, perché gravemente indiziata di ricettazione e riciclaggio. Nello specifico, al fine di profitto, quest’ultima ha avuto il compito di sostituire i monili provenienti dal furto alla gioielleria, cui non aveva concorso, con denaro contante, in maniera da ostacolare l’identificazione della provenienza degli stessi. In particolare stipulava polizza di pegno aventi ad oggetto i monili, ricevendo in cambio dei soldi.
Infine il ruolo di altre quattro persone, due uomini e due donne, raggiunte dall’obbligo di presentazione in caserma, indiziate di essere ricettatori, perché al fine di guadagnarci avevano acquistato o comunque ricevuto – nella consapevolezza della provenienza illegale – i preziosi provenienti dal furto alla gioielleria di via Bocca di Leone, pur non avendovi preso parte.
Un colpo studiato nei minimi particolari
Le indagini sono state subito avviate con il censimento di tutte le telecamere per acquisire i filmati di videosorveglianza degli esercizi commerciali (cosiddetto pedinamento tecnologico) presenti nella zona interessata in modo da ricostruire il percorso di avvicinamento e di fuga dei banditi.
Sulla scorta degli elementi raccolti è stato possibile accertare che il furto è stato perpetrato tra le ore 01:02 e le ore 03.52 del 3 ottobre 2023. All’individuazione degli indagati si è giunti attraverso la visione minuziosa dei filmati e dei relativi fermo immagine che hanno consentito di ricavare elementi importanti e particolari, nonché attraverso la consultazione delle Banca Dati e alla comparazione dei cartellini foto-segnaletici di oltre centocinquanta soggetti con precedenti, già registrati quali autori di delitti dello stesso tipo.
Il materiale sequestrato alla banda
L’analisi dei tabulati e le indagini tecniche, tra le quali attività tecniche e l’utilizzo di alcuni apparecchi localizzatori GPS installati sulle autovetture degli indagati, ha consentito di delineare un quadro investigativo tale da consentire di raccogliere i gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre uomini. Nel corso delle indagini inoltre, la Procura della Repubblica di Roma ha disposto 13 decreti di perquisizioni locali e personali che hanno consentito il rinvenimento di numerosi gioielli, in parte provento del furto oggetto di indagine e in parte riconducibili ad altri furti per i quali sono in corso accertamenti.
Nella stessa circostanza sono stati rinvenuti un’ingente e sofisticata strumentazione tecnica di alto livello, chiavi rudimentali auto-costruite e diverse centinaia di chiavi da duplicare (grezze), attrezzatura idonea alla fedele riproduzione di qualsiasi tipo di chiave cilindro europeo incluso, fiamme ossidriche, “piedi di porco”, endoscopio auricolare WIFI (telecamera di piccole dimensioni utilizzata per ispezionare l’interno delle serrature), 15.000,00 euro in contanti, ventose di grosse dimensioni idonee a trasportare pesanti lastre di cristallo e parte dell’abbigliamento indossato durante i sopralluoghi e il furto nella gioielleria di via Bocca di Leone. L’approfondimento delle indagini, ancora, ha consentito dunque di identificare un gruppo di persone ben conoscitrici del territorio e degli obiettivi da colpire con competenze specifiche attribuite ad ognuno.
La spartizione del bottino
Subito dopo il furto, gli autori, hanno diviso il bottino che da alcuni era intascato immediatamente, mentre da altri era affidato a fedeli e testati ricettatori che vendevano “porta a porta”. In altri casi, come detto, la refurtiva era “monetizzata” impegnandola in società specializzate oppure ceduta a “Compro Oro” qualora gli oggetti fossero destinati alla fusione per ricavarne piccoli lingotti.
La condotta finalizzata a rendere difficile l’accertamento della provenienza dei beni, attraverso la stipula di polizza di pegno aventi a oggetto i monili compendio del furto ricevendo denaro in contante, ha legittimato la Procura della Repubblica a contestare, oltre al reato di ricettazione, anche quello più grave di riciclaggio. Gli importanti oggetti recuperati e sequestrati tra gioielli, pietre preziose, brillanti, orologi di valore ammontano a circa 400 pezzi, in parte sono stati riconosciuti dal proprietario della gioielleria mentre per gli altri proseguono gli accertamenti dei Carabinieri per risalire ai proprietari ai quali poterli restituire.
Da evidenziare infine che su richiesta della Procura della Repubblica di Roma, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di monili e gioielli di elevatissimo valore, nella disponibilità degli indagati, in quanto sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, rinvenuti dai Carabinieri e sottoposti a vincolo reale, per un valore pari a 120.000 euro.