Gli agenti della polizia penitenziaria lavorano ogni giorno esposti a rischi per la propria incolumità negli istitui penitenziari. Nella trafila di servizi giornalistici e di inchieste sotto Natale in cui si parla delle condizioni dei lavoratori, la penitenziaria è però sempre meno citata per il suo contributo alla sicurezza del Paese. Una situazione che denuncia il Sappe, sindacato autonomo di polizia penintenziaria.
L’informazione dei telegiornali sotto Natale strizza l’occhio al racconto edulcorato di chi vorrebbe un Paese che, nonostante le difficoltà, almeno sotto le feste riesce a tirare un sospiro di sollievo. Questo racconto però non combacia con le difficoltà che anche e sopratutto a Natale vivono tanti agenti della polizia penitenziaria. Per molti di loro sotto le feste di parla di rinunce alle tavole imbandite con la famiglia, ma al prezzo di gravi rischi per l’incolumità su cui, spesso, tg e cronaca non insistono a sufficienza.
Il Sappe si scaglia contro l’informazione edulcorata delle carceri: “Una narrazione per farci sentire con la coscienza a posto”
“Potremmo parlare all’infinito delle problematiche delle carceri che vengono affrontate dalla politica secondo gli interessi di parte senza aprire una serio e concreto dibattitto sulla materia”, interviene il Sappe in una nota, “però siamo a Natale e con tutte queste considerazioni potremmo rovinare il clima idilliaco che stampa e tv hanno creato per mettere tutti con la coscienza a posto”. I problemi però ci sono e, soprattutto a Natale, la penitenziaria chiede che siano affrontati con realismo e non con lo spirito favolistico delle feste.
Come denunciato dal sindacato Sappe, gli agenti percepiscono in media uno stipendio di 1.500 euro al mese, costretti a vivere e lavorare in ambienti fatiscenti in violazione di qualsiasi norma sula sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro, con orari di servizio non quantificabili, con contratti e accordi sindacali mai rispettati. In ultimo, esposti alla possibilità di essere tra le migliaia di vittime di aggressioni che questa categoria professionale ha subito solo nel 2023.
“Il 25 dicembre, quando i telegiornali menzioneranno tutte le categorie più impegnate in questo Natale, tra polizia, carabinieri, sanitari etc.etc., la polizia penitenziaria non ci sarà, nonostante ogni giorno gestisce (con tantissimi sacrifici determinati dal sovraffollamento dei detenuti e dalla carenza di personale) 60.000 persone che non sono certo gentiluomini, garantendo con ciò sicurezza e rispetto della legalità per tutti. Bisognerebbe ricordarsene che esistono giusto qualche minuto una volta l’anno, così la bontà della festa sarebbe salva”.
I problemi principali delle carceri italiane
Le criticità con cui ogni giorno si confrontano gli agenti della penitenziaria compongono una lunga lista. “Potremmo parlare della fatiscenza delle strutture carcerarie, gelide d’inverno e bollenti d’estate; dell’assistenza sanitaria ai detenuti che è carente, della cattiva gestione del DAP del sovraffollamento delle carceri a macchia di leopardo, con regioni quasi vuote e con altre come in Puglia piene all’inverosimile, con i detenuti stretti come sardine costretti a mangiare in piedi, e con penitenziari che hanno terminato letti, materassi, sgabelli”, e ancora, interviene il Sappe, si potrebbe parlare “della ‘vigilanza dinamica’ per cui vengono lasciati aperti i detenuti nelle sezioni, consentendo ai prepotenti e violenti di soggiogare i detenuti più deboli”.
Un fenomeno poi molto trattato è quello dei suicidi: nel 2023 si contano 68 detenuti che si sono tolti la vita, oltre a decine di poliziotti penitenziari che in questi anni sono arrivati al burn out, puntando al suicidio. “In tv non si racconta niente di tutto ciò”, conclude il Sappe, “i poliziotti penitenziari arrivano agli onori delle cronache soltanto per episodi di violenza nei confronti di detenuti, in molti casi tutti da dimostrare”.