“La prossima pandemia sarà il cancro”. E i morti non saranno nell’ordine di centinaia di migliaia, ma milioni. A dirlo il professor Attilio Bianchi, direttore generale dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione G. Pascale di Napoli durante il Cracking cancer forum 2020. Nel corso dell’evento, che si è svolto in video-conferenza, gli esperti nel dibattito ”L’oncologia durante e dopo il Covid” hanno denunciato come l’oncologia non sia stata preservata dall’emergenza sanitaria a causa dell’emergenza Coronavirus. Dimenticando che “Ogni anno i tumori fanno da 13 a 15 milioni di vittime, se fosse una guerra sarebbe ogni giorno sui giornali e invece in qualche modo quasi non fa massa”, come ha sottolineato proprio Bianchi.
A ribadire lo stesso concetto il professor Pierfranco Conte, ordinario di Oncologia medica dell’Università degli Studi di Padova e coordinatore della Rete oncologica del Veneto. “I tumori purtroppo sopravviveranno al Covid e nonostante decreti e documenti non è vero che l’oncologia viene preservata, perché si appoggia a radiologia, endoscopia e altri servizi che sono pesantemente influenzati”. Sotto accusa tutta l’organizzazione sanitaria: “Si parla di modello Italia per il Covid, ma il nostro Paese ha la stessa mortalità del Messico, quattro volte quella della Germania, il doppio di Francia e Inghilterra. Bisogna spiegare il perché. Io sono d’accordo sulla deospedalizzazione ma ora abbiamo un numero di posti letto per abitante inferiore del 60% rispetto a quello della Germania e la metà di quello della Francia. Per anni il sistema sanitario è stato scheletrizzato, al di là dei colori politici dei governi”.
A rincarare la dose il direttore del Dipartimento rete oncologica Piemonte-Valle d’Aosta dott. Oscar Bertetto. “Non è vero che stiamo garantendo i percorsi oncologici: c’è una estrema carenza di servizi diagnostici. In molte strutture non possiamo inviare pazienti perché non sono state separate dalle aree Covid. Abbiamo bisogno di avere spazi Covid free al di fuori degli ospedali”.
Servono investimenti seri: è questo il momento di passare dalle parole ai fatti. Così la pensa Sandro Pignata, responsabile scientifico della Rete Oncologica Campana, il quale sostiene che sia giunto “il momento di tenere fuori la sanità dalla politica. I governi hanno ignorato il sistema pubblico. In alcune regioni è stato sviluppato un sistema misto con lo sporco al pubblico e il pulito al privato, altre regioni sono state sottoposte a decenni di commissariamento e piani di rientro che hanno scheletrizzato il sistema. Da noi c’è stato il blocco del turn over di medici e infermieri per 10 anni e allora come può il sistema reagire all’emergenza? Faccio un appello apolitico: bisogna investire perché siamo bloccati, non si fanno le battaglie senza investimenti”.
Altro parere importante arriva da Gianni Amunni, direttore generale dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (Ispro) di Firenze. “La sospensione degli screening per 2-3 mesi ha dato un fermo a una delle azioni più forti contro il tumore, cioè l’anticipazione diagnostica e in generale c’è stata una riduzione più in generale delle attività. Abbiamo avuto un danno per la salute che può ripetersi ma che non deve ripetersi e che produrrà esiti che vedremo nei prossimi mesi e anni. La spinta emergenziale ci ha insegnato però alcune cose e ad arrangiarsi anche sul piano organizzativo, ci sono state esperienze di delocalizzazione di alcune funzioni e credo che queste esperienze emergenziali siano una grande occasione per tornare alla normalità con un profondo cambiamento del paradigma dell’assistenza oncologica”. Quello che bisogna fare è “spostare alcune attività a livello territoriale ed estendere il percorso su più setting assistenziali. Le risorse ci saranno, il rischio è che ancora una volta non le sappiamo spendere. Ma serve una completa revisione del finanziamento dell’oncologia: è impensabile che la patologia che è la seconda causa di morte in Italia possa avere un finanziamento così limitato”, ha concluso Amunni.