Cittadini virtuali
L’uso massiccio della virtualità ci sta trascinando in una realtà parallela, un secondo mondo senza limiti di tempo e di spazio, dove non esistono frontiere e la porta di casa è aperta al passaggio. Siamo davvero in tanti, tutti iperconnessi diventiamo dei veri e propri «cittadini del web» e come per le reali comunità sociali, possiamo individuarne le varie categorie che lo compongono:
- NATIVI DIGITALI: termine coniato dallo scrittore statunitense Marc Prensky, indica i nati dopo la metà degli anni ’80, la generazione del mondo informatizzato che considera le tecnologie come un elemento naturale e parla la lingua della rete come «lingua-madre»;
- IMMIGRATI DIGITALI: generazione cresciuta senza il multimediale, vecchia abbastanza da aver frequentato il mondo di «prima», giovane per adattarsi al «dopo».
- TARDIVI DIGITALI: ne fa parte una piccola fetta di diffidenti, perlopiù, anziani.
L’evoluzione tecnologica con l’avvento dei nativi e immigrati digitali, ha prodotto un cambiamento nella cultura di massa, introducendo aspetti sia positivi sia negativi.
La violenza virtuale
Il fenomeno del bullismo è inteso abitualmente come un atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, per lo più con riferimento a violenze fisiche, e si riscontra in modo particolare in ambienti scolastici e giovanili. Nel bullismo non c’è mai un’intenzione di uccidere la vittima ma di prevaricarla allo scopo di dimostrare la propria superiorità, spesso traendone dei vantaggi secondari come denaro, merende, favori, così da avere una corte di servitori e schiavi assoggettati al proprio potere che però ha bisogno di essere consolidato dalla debolezza dell’altro.
L’anno successivo alla prima definizione del termine «nativi digitali», ossia nel 2002, un nuovo fenomeno inizia a manifestarsi sul web: il cyberbullismo.
Il termine fu inventato dall’educatore canadese Bill Belsey, il quale unisce la parola «cyber», un prefisso utilizzato in ambito informatico, e la parola «bullismo» e intende:
«Forma di prevaricazione volontaria e ripetuta, attuata attraverso un testo elettronico, agita contro un singolo o un gruppo, con l’obiettivo di ferire e mettere a disagio la vittima di tale comportamento che non riesce a difendersi». Nel cyberbullismo l’intimità violata della vittima diventa patrimonio di tutti.
Differenza tra bullismo e cyberbullismo
Il bullismo diventa cyberbullismo: vediamo come.
*Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
BULLISMO | CYBERBULLISMO |
Sono coinvolte solo persone di un certo ambiente: scolastico, ricreativo ecc. | Posso essere coinvolte persone di tutto il mondo |
In genere il bullo si impone come leader | Chiunque può diventare cyberbullo, anche chi nella vita reale è vittima |
I bulli conoscono direttamente la vittima | I cyberbulli possono essere anonimi sconosciuti |
Le azioni di bullismo sono circoscritte ad un determinato ambiente | Il materiale utilizzato dal cyberbullo può essere diffuso in tutto il mondo |
Le azioni di bullismo avvengono durante gli orari scolastici o ricreativi | Gli attacchi aggressivi possono avvenire 24 ore su 24 |
Le dinamiche scolastiche o di gruppo limitano le azioni aggressive | Non ci sono altre persone che possano fermare il cyberbullo |
Tendenza a sottrarsi dalle responsabilità portando sul piano scherzoso la violenza | Le conseguenze delle proprie azioni vengono attribuite al «profilo utente» creato |
Reazioni evidenti della vittima e visibili al bullo | Assenza di reazioni visibili della vittima che non consentono al cyberbullo di vedere gli effetti delle sue azioni |
Bisogno del bullo di farsi vedere dominante | Percezione di invisibilità del cyberbullo |
Un elemento particolarmente dannoso del cyberbullismo consiste nell’effetto di amplificazione di episodi che nel bullismo abituale sono comunque autolimitati, dato che il gruppo di bulli non può essere più grande di tanto, a meno di non trovarsi in presenza di una gang giovanile, delinquenziale e con comportamenti antisociali.
Le 7 forme del cyberbullismo
Le tipologie di cyberbullismo individuate sono sette, e sono attualmente prese in considerazione per distinguere i vari casi. Questa categorizzazione è ovviamente indicativa ed in continua evoluzione con lo sviluppo delle nuove tecnologie.
- Flaming (scatenare litigi): l’invio di messaggi violenti e scurrili, con l’unico scopo di creare conflitti verbali all’interno della rete fra due o più persone, molto comune nei gruppi social.
- Harassment (molestie): messaggi scortesi, offensivi e insultanti inviati ripetutamente.
- Denigration (denigrare): divulgazione nella rete o tramite sms di fake news (notizie false), allo scopo di danneggiare la reputazione o le amicizie della vittima.
- Cyberstalking (persecuzione): perseguitare la vittima allo scopo di infastidirla, molestarla e terrorizzarla facendogli pensare di essere in pericolo anche fisico.
- Impersonation (sostituzione di persona): il cyberbullo si appropria dell’identità virtuale della vittima, per ottenere le credenziali d’accesso all’account e compie azioni dannose.
- Tricy o Outing (diffondere l’intimità): il cyberbullo cerca di guadagnare la fiducia della sua vittima per acquisire informazioni da diffondere online, foto intime, confidenze private ecc.
- Exclusion (esclusione): escludere intenzionalmente qualcuno senza motivo da un gruppo online come gruppi WhatsApp e Facebook, chat varie, forum e anche giochi online.
Nel 2007, poi, è stata introdotta dall’educatore Smith una nuova forma di cyberbullismo:
Happy shapping (schiaffo allegro): il cyberbullo, da solo o in gruppo, riprende la vittima con lo smartphone mentre la picchia. Il video poi viene pubblicato sul web allo scopo di deridere la vittima.
Come proteggersi?
Il cyberbullismo possiamo combatterlo attraverso la conoscenza, l’informazione e l’educazione.
EDUCARE: compito dei genitori è quello di educare i più piccoli ad un corretto uso della tecnologia, aiutandoli a prendere coscienza dei rischi di Internet e ad assicurandosi che le relazioni tra ragazzi sul web siano sempre costruttive e positive.
PARLARE: che siano adolescenti o adulti, bisogna tenere aperto il dialogo senza condannare o giudicare.
PRUDENZA: fare attenzione alle foto/video che diffondiamo, anche con il partner o l’amico più fidato.
NON RISPODERE: non interagire con coloro che ci stanno provocando, perché la stessa risposta che si da per difesa rafforza la violenza nell’altro.
SALVARE TUTTO IL MATERIALE: tenere tutto il materiale non per rimuginare, ma per denunciare alle autorità.
RITROVARE IL NOSTRO SPAZIO INTIMO: riscoprire il comune senso del pudore non significa essere poco moderni o poco attraenti, ma al contrario, vuol dire essere una persona consapevole, che sente di voler difendere uno spazio personale come fonte di forza.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno