Nel dibattito frenetico del greenpass, pro vax, no vax, e così via spesso si perde di vista, facendolo scivolare in secondo piano, il tema delle “aperture”. Sì perché, piaccia o non piaccia, a seconda delle proprie posizioni in merito al vaccino anti Covid, lo scorso anno di questi tempi stavamo di gran lunga peggio. Il Dpcm del 3 novembre aveva infatti già introdotto tutta una serie di restrizioni che sarebbero poi state inasprite sotto Natale.
Chiaramente non vogliamo sminuire l’aspetto sanitario, tutt’altro: l’andamento della pandemia da Covid-19, in termini di contagi e ospedalizzazioni, resta prioritario ma anche qui le differenze, in meglio, sono tangibili. Ecco dunque il confronto a 360° con novembre 2020.
Covid, la situazione a novembre 2020: differenze evidenti nell’Italia a colori
Il primo dato che salta all’occhio è la differenza nei colori delle regioni. Lo scorso anno, il 25 novembre, avevamo già diverse regioni in rosso e in arancione mentre le zone gialle si contavano sulle dita (tra queste c’era il Lazio). Oggi l’Italia è tutta bianca, tranne il Friuli da lunedì.
Fare un confronto però è davvero complicato perché lo scenario è mutato radicalmente: non c’erano i vaccini, i parametri stessi che determinavano i colori erano diversi – c’era il tanto criticato valore “RT” mentre non si teneva conto dei parametri ospedalieri (peraltro introdotto prima dell’estate) – non aveva fatto ancora la comparsa la variante Delta.
Coprifuoco, ristoranti aperti solo a pranzo, centri commerciali chiusi nei festivi e prefestivi: oggi è un’altra storia
E’ allora nel pacchetto delle restrizioni generali che si possono trovare alcune differenze. A novembre 2020 innanzitutto c’era già il coprifuoco alle 22.00. Per lo sport erano consentiti soltanto eventi e competizioni di rilevanza nazionale. E i centri commerciali? Chiusi nei festivi e prefestivi.
Restrizioni erano in vigore anche per la ristorazione aperta sì ma solo a pranzo e in zona gialla. Insomma sono solo alcuni esempi – altro aspetto: le superiori erano in DAD – che evidenziano però gli enormi passi in avanti fatti in questi mesi. Oggi, di fatto, seppur con il green pass (e tra poco quello “rafforzato”) è tutto aperto, compresi gli stadi o i teatri.
I contagi: va meglio o peggio rispetto allo scorso anno? I numeri
Altro tema complesso da affrontare è quello dei contagi, dato che tra le tesi portate avanti dai “no vax” vi è quella che la vaccinazione non abbia portato più di tanto benefici sotto questo aspetto considerando che comunque i vaccinati possono contrarre e in caso diffondere il virus.
«C’è qualcuno che sottolinea che ci siano più contagi tra i vaccinati che tra i non vaccinati – spiega a tal proposito l’Ing. Professore Luca Andreassi dell’Università di Tor Vergata – “Qualcuno” che, evidentemente ha problemi con la scienza a tutto tondo. Non solo con la medicina ma anche con la matematica. Infatti, se è vero (rapporto ISS, tabella sotto) che nel mese 8 ottobre-7 novembre il 60% dei nuovi contagi è rappresentato da vaccinati, si vede chiaramente come, rapportando i dati in relazione alle due platee distinte, si scopre che su 100.000 vaccinati se ne infettano 150. Su 100.000 non vaccinati se ne infettano quasi 800, e si scopre che su un milione di vaccinati ne entrano in terapia intensiva 7, su un milione di non vaccinati ne entrano 70».
A novembre 2020, ancora, “la soglia d’allerta delle terapie intensive del 30% risultava superata a livello nazionale (43%) e in diverse regioni: la Lombardia, uno dei territori più colpiti, era al 65%”, come riporta SkyTg24. Oggi il dato Nazionale (dati Agenas) parla di 6% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid e dell’8% per l’area medica. E un anno fa, esattamente il 26 novembre 2020, si erano verificate 822 vittime, ieri 51, mentre i contagi giornalieri erano oltre il doppio.
Grafico “Contagi settimanali su 100. 000 abitanti” a cura del Prof. Luca Andreassi
In Ospedale per Covid: «Due su tre non hanno alcun tipo di vaccino»
Ma chi finisce in Ospedale? “Il 66% dei ricoverati non ha ricevuto alcuna dose di vaccino o non ha completato il ciclo vaccinale. Da notare anche il peso delle comorbidità particolarmente alto fra i vaccinati: il 70% dei pazienti vaccinati finiti in Rianimazione è affetto da cardiopatia, obesità grave, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, neoplasia, o si tratta di pazienti dializzati, trapiantati o immunosoppressi, sui quali può essersi verificato un fallimento vaccinale causato proprio dalle patologie”, fa sapere la Rete delle Aziende Ospedaliere.
“In rianimazione il 16% degli ospedalizzati è non vaccinato contro l’8,9% degli ospedalizzati vaccinati. Il rischio è dunque doppio tra i non vaccinati“, prosegue il report. E ancora: “L’età media dei ricoverati subisce uno scostamento in base allo stato vaccinale: i pazienti vaccinati con ciclo completo hanno in media 74,2 anni, mentre i non vaccinati 62 anni. Si osserva una prevalenza di non vaccinati fra i ricoverati e di età notevolmente più giovane“.
Vaccini: salvate 470mila persone
A tal proposito ieri l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i risultati di uno studio condotto al livello Europeo che ha evidenziato come “i vaccini abbiano già salvato 470mila persone, e dove è maggiore la copertura sale la proporzione dei decessi evitati, che in Italia sono almeno 35mila”. La conferma dell’efficacia vaccinazione (dati gennaio-settembre) è anche nei “79mila ricoveri evitati”.
https://twitter.com/istsupsan/status/1463930263407316993
Chi è vaccinato è più protetto
Sebbene gli studi mostrino una graduale riduzione della protezione generalmente dopo sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale, come ormai sembra accertato, la probabilità di contrarre il virus è ridotta comunque della metà (55%). Ma in ogni caso resta alta l’efficacia contro le malattia grave: l’82% (vaccinati da oltre sei mesi) rispetto ai non vaccinati, che sale al 92% per quelli che hanno completato il percorso vaccinale da meno di sei mesi.
Il super green pass e l’assenza di alternative
Insomma, da comunque la si guardi la vaccinazione sembra essere l’unica strada concreta per cercare di superare l’emergenza sanitaria. L’alternativa, in caso contrario, sono restrizioni e chiusure, come nel 2020. Ovviamente è presto per affermare che il Natale di quest’anno sarà diverso ma intanto, come scritto in apertura, rispetto allo scorso anno ci sono state significative differenze.