Luca ha 45 anni e da ormai un anno e mezzo è un invisibile. Lo abbiamo incontrato nel corso della nostra inchiesta sui nuovi poveri a Pomezia e Torvaianica.
«Mi sono sposato nel 1995. Dopo 33 anni, tra fidanzamento e matrimonio, mia moglie ha deciso di lasciarmi. Ci sono stati diversi problemi e disagi di varia natura a seguito di questa sua decisione, infatti al momento della separazione i nostri tre figli sono stati portati in una casa-famiglia. Dopo ho fatto di tutto per portarli in un altro appartamento e io sono rimasto da solo in una casa qui a Torvaianica, in via Olanda».
Era in affitto?
«No, era di un parente, ma poi lui è morto ed io sono dovuto andare via perché gli eredi lo hanno voluto indietro».
E dove è andato?
«Ho vissuto per un anno in giro tra la spiaggia, il ponte vicino l’ex anagrafe, in mezzo al parco, un po’ ovunque, dove trovavo un angolo dove stare. Poi un amico di Ostia – io sono originario di lì – mi ha ospitato nella sua casa di Nuova Florida, dove ancora dormo la notte. La mattina, quando lui va a lavorare, mi accompagna qui, a Torvaianica, e la sera torno lì».
E cosa fa durante il giorno?
«Mi arrangio: cerco da mangiare, fumo qualche sigaretta, penso alla mia vita che è andata male, malissimo».
Lei lavorava, in passato?
«Sì, facevo il pittore edile. Solo che per una serie di problemi di salute ho perso il lavoro. Ho un enfisema polmonare, soffro di epilessia e di pressione alta, ho l’osteoporosi e la labirintite. Non posso più salire sulla scala né fare sforzi».
Ha provato a rivolgersi ai servizi sociali?
«Sì, ma senza esito».
Lei dove ha la residenza?
«Ce l’avevo qui, a Pomezia. Ma non abito più in via Olanda da un anno e mezzo. Ho anche perso i documenti e non so come fare a rifarli, visto che non ho una residenza».
Quindi lei è un invisibile…
«Sì, non esisto»
E se dovesse avere bisogno di un farmaco?
«Per fortuna il dottore è un amico, mi prescrive lo stesso le medicine, come se fossi ancora residente in via Olanda».
Che speranze ha per il futuro?
«Di fare una vincita. Scherzi a parte, non lo so, davvero. Forse non ho speranze».
E i suoi figli?
«Stanno cercando di farsi una vita, non voglio dare loro impiccio. Uno vive in un monolocale a Spinaceto con la ragazza, un altro vive con la mamma, mentre la femmina sta a Ostia, dove convive con il fidanzato in una casa piccola. Preferisco stare qui, magari quei due, tre euro al giorno riesco a rimediarli, così come un pezzo di pane o di pizza per mangiare, qualche sigaretta. A Torvaianica conosco tanta gente».
Ha pensato di rivolgersi nuovamente ai servizi sociali?
«Ma l’ho fatto, diverse volte. E il risultato è stato sempre lo stesso: niente di fatto. Io chiedo al Sindaco di interessarsi almeno un po’ al mio caso. Non vorrei fare come quelli che si incatenano al Comune, anche se non mi mancherebbe il coraggio. Adesso una persona ha detto che avrebbe provato a farmi parlare con il nuovo parroco di Torvaianica, per avere un posto per fare una doccia o per dormire. Vediamo che succede…»
Vogliamo provare a fare un appello ai nostri lettori? Che tipo di lavoro vorrebbe trovare?
«Purtroppo con le mie patologie posso aspirare solo a un lavoro che non sia faticoso: l’ideale sarebbe fare il garagista, risolverebbe tutti i miei problemi. Mi offro per il turno notturno, dalle 18 alle 8 del giorno dopo. Ma anche altri turni vanno benissimo. E anche altri tipi di lavori compatibili con le mie patologie. L’importante sarebbe avere un’opportunità per ricominciare. E togliermi dalla strada».