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Stefano Mainetti Rendering Revolution: la musica aumentata

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stefano mainetti rendering revolution

Stefano Mainetti “Rendering Revolution”: la musica aumentata applicata alle immagini; il Maestro, compositore, artista, direttore d’orchestra, docente di Musica Applicata alle Immagini presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma è autore di diverse colonne sonore per cinema e televisione in Italia e negli Usa.

Tra le tante ricordiamo “The word of promise”, che regala la sensazione dell’innalzarsi al cielo della gloria di Dio, “The Shooter”, “Planeta Encantado”, una moltitudine di suoni che sanno di Sahara e Medio Oriente, “Quella Villa in fondo al parco”, “Orgoglio”, per la serie tv con la consorte Elena Sofia Ricci, “100 metri dal Paradiso”, “Il ragazzo dal kimono d’oro”: come dimenticarlo?

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Chissà quante volte il Maestro Stefano Mainetti si è sentito rivolgere domande dai profani sull’arte della sua musica: noi oggi abbiamo il privilegio di fare due chiacchiere con il Professore, anche a proposito del progetto Rendering Revolution.

 

Stefano Mainetti e la sua passione per la musica

Professore, quando ha avvertito prepotente l’amore per la musica al punto tale da dedicare la sua vita ad essa?

“Non vengo da una famiglia di musicisti e quindi fu grazie al regalo di una zia che mi regalò una chitarra che cominciai a strimpellare lo strumento. Avevo 8 anni quando riuscii a fare un accordo di do maggiore ed ebbi una sensazione cosi bella e profonda che più tardi ho paragonato alla sensazione che ebbi quando ho fatto l’amore per la prima volta

Mainetti e la ‘musica applicata’

Lei è docente di Composizione di Musica Applicata alle Immagini; se dovesse raccontare a qualcuno in cosa consiste il suo insegnamento, in breve, come lo descriverebbe? Tra i suoi studenti, in qualità di insegnante, in che modo riesce a far coltivare loro il talento di cui sono dotati?

“La musica applicata alle immagini è tutta quella musica che si trova nei film e telefilm, quindi cinema, televisione, ma anche nel teatro e nei videogame; é tutta la musica applicata per contraddistinguerla dalla musica assoluta, cioè che vive solo della musica stessa.

La musica applicata sono tutte quelle forme musicali che possiamo genericamente racchiudere con il termine di “colonna sonora”; lo studio della composizione applicata è quindi relativo alla musica per immagini a cui spesso noi facciamo riferimento, per esempio, assegnando ai ragazzi dei brevi filmati da commentare musicalmente, costoro compongono una breve colonna sonora.

Facciamo ovviamente riferimento a un corso già avanzato, perché i ragazzi che arrivano da noi sono già diplomati o laureati in strumento o in composizione; ovviamente scrivere musica per film o comunque per ogni forma applicata prevede che si sappia già scrivere musica, quindi è un po’ come paragonare un poeta che prima di scrivere una poesia deve conoscere la propria lingua.

La musica applicata prevede quindi che si conosca prima la musica e che poi si possa scrivere in questa forma, dedicata appunto al mondo delle colonne sonore. Chiaramente il talento prescinde da quello che è l’insegnamento. Il talento puro è innato. È ovvio che in una forma di insegnamento così specifica è fondamentale riuscire a trasmettere ai ragazzi tutte quelle che sono le possibilità attuali, sia dal punto di vista orchestrale che da un punto di vista elettronico, con un approccio composito anche alla Computer Music.

Stefano Mainetti e Giorgio Caproni

Professor Mainetti, lei è stato allievo del grande poeta italiano Giorgio Caproni; qual è l’insegnamento più importante che pensa le abbia lasciato, riassumibile in una fase, un concetto, un’idea?

“Caproni di insegnamenti me ne ha lasciati tanti; ho avuto la fortuna di averlo per quasi tutto il corso delle elementari e devo dire che è stato veramente un valore aggiunto nella mia vita e me ne sono reso conto ovviamente molto dopo, perché non capivo l’importanza della persona, ma poi ho capito quanto fosse stato formativo per il mio carattere per la mia professione. Direi che è stato la persona che più mi ha condizionato nello studio e nella passione per la musica, perché Caproni nasce in realtà come violinista e come compositore, poi a studi già inoltrati passò alla poesia; Caproni però era un grande conoscitore di musica e ce ne parlava spesso, inculcandoci questa sensibilità per l’arte.

L’eredità del Poeta

Così come ci ha trasmesso anche l’importanza del lavoro di squadra, rendendoci sempre responsabili. Ricordo che non c’era un capoclasse in aula ma un capostazione; c’era l’impiegato alle Poste e un addetto alla polizia ferroviaria e dentro la classe c’era un plastico di un trenino elettrico e tutti cooperavamo perché succedesse sempre qualcosa per la comunità.

Quindi per noi questo insegnamento è stato un grande viatico per tutto ciò che è stata la formazione dell’educazione civica.

Un altro insegnamento trasmessomi da Caproni fu sicuramente l’amore per la scienza. L’ho realizzato dopo, quando sono riuscito ad unire la mia passione per il computer, quindi per tutta la Computer Music, alla passione per la musica orchestrale. Me lo porto ancora dietro, tutto ciò, e anche la profonda consapevolezza che noi oggi viviamo una fase, in questo periodo storico dell’umanità, in cui il progresso tecnologico e scientifico non conosce pari. Tornando indietro nel tempo infatti non c’è un periodo storico dove la scienza e la tecnologia hanno fatto progressi come negli ultimi 120 anni.

Stefano Mainetti fondatore dell’ACMF 

Lei è tra i fondatori – attualmente è anche membro del consiglio direttivo – dell’Associazione Compositori Musica per Film (ACMF); ci parla di una delle colonne sonore cinematografiche che le è rimasta nel cuore? E perché?

“L’ACMF racchiude quasi tutti i compositori italiani di musica per film e l’abbiamo fondata circa 3 anni fa e ha proprio lo scopo di dare lustro a quest’arte che spesso passa un pochino in secondo ordine, soprattutto in questo periodo. L’ACMF si propone di seguire gli aspetti artistici, didattici e anche pratici con rappresentanze in SIAE, quindi istituzionali, dal punto di vista della musica per film.

Tornando alle colonne sonore preferite, chiedere ciò ad un compositore è come chiedere a un bambino se vuole più bene a mamma o papà, “chi butteresti giù dalla torre” insomma; preferisco dunque rispondere per genere. Per quanto riguarda il genere funzionale, quello americano degli anni 60, preferisco Bernard Hermann nelle sue colonne sonore per Hitchcock, che hanno segnato quel periodo e quel tipo di musica, definita proprio da Hermann “musica funzionale”, che era priva cioè di melodia ma estremamente funzionale all’immagine e al significato della pellicola.

Per contrappasso adoro invece lo stile melodico italiano di derivazione operistica. Come non citare quindi Nino Rota e Ennio Morricone che con le loro melodie eterne hanno dato lustro a questa branca dell’arte italiana, la colonna sonora, appunto.

Il pensiero di Mainetti sul cinema

Il cinema sta passando un momento buio, difficile. Pensa che ci siano possibilità di ripresa? Come percepisce attualmente la condizione di esistenza della Settima Arte?

“Sì, il cinema sta passando un periodo decisamente difficile e il problema del Covid non è stato altro che un catalizzatore; ha cioè acuito problemi già preesistenti, soprattutto in Italia, dove si va poco al cinema e dove quindi le produzioni risentono di questa mancanza di pubblico. Peraltro quest’ultima viene sopperita dal pubblico a casa, cioè da coloro che guardano i film in televisione.

C‘è da dire che oggi la televisione è diversa dal bianco e nero a bassa definizione mono del passato; oggi vedere un film a casa, se non è proprio l’esperienza cinematografica ci somiglia, perché con l’alta definizione, lo stereo surround e qualche altro mezzo tecnico che ci viene messo a disposizione, ci si avvicina all’esperienza cinematografica, anche se manca la componente “pubblico”. Cioè non è un’esperienza condivisa. Quando si va a teatro e al cinema si condivide un’esperienza con il pubblico, con chi ti sta vicino. Ovviamente credo che questa sia la profonda differenza, cioè la mancanza di condivisione.

Credo che in futuro, ma già nel presente si stia assistendo ad una trasformazione per cui i grandi film in generale passano indifferentemente sia al cinema che in televisione. Poi l’arte è la stessa; è il mezzo di comunicazione che sta cambiando, non solo per le possibilità tecniche, ma anche probabilmente perché è una società più egoriferita, che ama meno condividere rispetto al passato.

Stefano Mainetti “Rendering Revolution”

È stato presentato al Maxxi il suo progetto Rendering Revolution: un’esperienza audiovisiva dove musica, pittura, danza e videoart si fondono all’interno di uno spazio. Come è stato l’approccio con il pubblico? Professore, ci parli del progetto: cos’è la musica aumentata? Come è nata l’idea?

Rendering Revolution nasce come un esperimento, una tesi di ricerca in Conservatorio congiuntamente con il maestro Maurizio Gabrieli, dove ho cercato di dimostrare l’importanza dell’utilizzo dello spazio nella musica. Perché la musica normalmente utilizza il tempo per essere ascoltata. Un brano ha bisogno di un inizio, di uno sviluppo e di una fine; quindi ha bisogno di tempo, non di spazio. Al contrario delle arti plastiche, come la pittura e la scultura che invece hanno bisogno di spazio, non di tempo. Non abbiamo bisogno di tempo per capire la meraviglia di una scultura di Michelangelo. Abbiamo però bisogno di spazio.

Ecco, Rendering Revolution è un progetto che tenta di utilizzare lo spazio, cioè la ‘dimensione spaziale’, in senso stretto, all’interno della musica. Lo spettatore-ascoltatore si muove all’interno di una struttura e con il suo movimento cambia la partitura stessa che ascolta. A seconda della sua posizione, la partitura quindi cambia in maniera fluida e continua. Ecco, per ‘musica aumentata’ si intende proprio questo, cioè il tentativo di aumentare la musica di una dimensione, quella spaziale, di mettere a disposizione della musica una dimensione ulteriore. Quindi un aumento dimensionale, in questo senso.

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Rendering Revolution, tante arti in un unico progetto

Rendering Revolution, inoltre, rende omaggio ad altre forme d’arte come la danza, la pittura e la videoart, cercando di racchiudere in un unico abbraccio tutte queste forme d’arte diverse. Chiaramente sarebbe un progetto da vedere e da ascoltare, più che da spiegare, ma abbiamo dato l’idea di un progetto che si dispiega nello spazio permettendo agli ascoltatori di fruire di tutte queste forme di arte contemporaneamente, grazie anche alla collaborazione di artisti come Luca Pincini che ha eseguito tutte le parti al violoncello e come Elisa Barucchieri che si è occupata della danza aerea.

La reazione del pubblico alla ‘musica aumentata’

Il pubblico ha reagito in maniera incredibilmente positiva; pensavo che fosse una cosa destinata solamente alla ricerca e ad artisti musicisti legati con passione a questo tipo di ricerca, invece evidentemente il giochino di questa scatola magica, che permette allo spettatore di muoversi e di fruire di tutte queste forme d’arte, ha divertito ed è stato molto più facile da capire una volta che il pubblico era lì con me, piuttosto che spiegandolo, motivo per cui vi invito anche visitare il sito www.renderingrevolution.net

Stefano Mainetti e il rapporto con la musica

Stefano Mainetti: Professore, artista e uomo; cos’è la musica per lei, intimamente? I suoi progetti futuri in che direzione si stanno orientando?

La musica per me -ci penso spesso- credo che sia, in sintesi, la forma di comunicazione a mia disposizione che mi permette di comunicare più direttamente con il prossimo. Io sento che quello che comunico attraverso la mia musica arriva più direttamente di quanto non arrivino le mie parole, perché probabilmente la parola, che sia scritta o che sia una comunicazione verbale, risente dei filtri, del condizionamento sociale, dell’educazione, della famiglia; è comunque strutturata, mentre con la musica questo non mi succede.

Riesco ad esprimere esattamente quello che sento e sento che anche dall’altra parte, cioè dalla parte del pubblico, di chi recepisce, di chi ascolta, arriva molto prima, in maniera più corretta; cioè sento di essere più me stesso attraverso la comunicazione della mia musica.

Io mi oriento sempre in maniera poliedrica; ho sempre avuto una passione per la musica in generale, quindi non a caso ho scritto progetti per musica sinfonica, così come anche progetti di film dell’orrore per Lucio Fulci, dischi per il Papa, commedie come “Orgoglio”, fiction per Raiuno, insomma, mi piace tutta la musica e non mi piace specializzarmi. Ecco, mi piace sperimentare. Anche Rendering Revolution è una sperimentazione, amo mettermi in gioco, tentare di andare oltre. Credo che sia l’unica cosa per rimanere giovani dentro.

Mainetti e il suo rapporto con i giovani

Anche questa esperienza dell’insegnamento in Conservatorio a Santa Cecilia è una gran cosa; rimanere in contatto con i giovani, con quelle che sono le loro esigenze, ma anche la loro creatività è uno stimolo per me e glielo dico spesso. Oltre ad insegnare io imparo da loro, è un rapporto reciproco di do ut des, cioè resto sempre in contatto cercando di recepire non solo le tendenze ma anche il loro spirito, cercando di emularlo e di apprendere, cercando di arricchirmi, per quello che posso, un pochino sempre di più. Ogni giorno.

 

 

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