“Chi può sapere se il vivere non sia morire e se il morire non sia vivere?” si chiedeva il drammaturgo Euripide migliaia di anni fa. Oggi ci si potrebbe domandare lo stesso dopo aver visto l’ultimo film di Star Wars. Con questo Episodio IX, “L’ascesa di Skywalker”, la saga di fantascienza più famosa del mondo, nell’immaginario di grandi e piccoli da più di 40 anni, si conclude. E lo fa con un mezzo miracolo targato J.J. Abrams: resuscitare una storia martoriata dal marketing e dal cinema tutto spettacolo e poco contenuto.
I DUBBI DOPO EPISODIO VII E VIII
Chi scrive lo aveva detto senza giri di parole: Star Wars è morto. Con il precedente Episodio VIII “Gli ultimi Jedi”, uscito nel 2017, i fan storici della saga erano stati infatti travolti dall’apatia, in una trama sconclusionata e fin troppo ironica (come mai si era visto nei film precedenti), che lasciava incredibili vuoti narrativi. Il tutto con il solo Mark Hamill, nei panni dell’eroe di tre generazioni Luke Skywalker, a restituire un briciolo di quell’epicità che condiva le vecchie pellicole. Il regista Rian Johnson aveva convinto i neofiti del genere per il “coraggio”, ma nulla di più.
Insomma dopo un Episodio VII (quel “Il Risveglio della Forza” sempre firmato da Abrams e uscito nel 2015) che tanto era sembrato un remake del primo Star Wars del 1977 e quel sequel, le aspettative erano basse. Troppe domande lasciate in sospeso, errori stilistici e poco pathos. Risolvere tutto e “concludere” il progetto del creatore George Lucas era una mission impossible. Ma qui arriva l’Abrams 2.0.
I RISULTATI DEL NUOVO FILM
Non neghiamolo: la missione era talmente difficile che l’esito non risulta brillante. Eppure Episodio IX riesce effettivamente a rispondere a praticamente ogni questione in sospeso e ridare movimento a tutta la storia. Finalmente i nuovi protagonisti Rey, Finn, Poe e Kylo Ren (Daisy Ridley, John Boyega, Oscar Isaac e Adam Driver) trovano il loro posto nel mondo. Lo fanno grazie all’aiuto dei vecchi Luke, Leia (interpretata dalla compianta Carrie Fisher, di cui sono state utilizzate scene inedite del 2014) e Han Solo (Harrison Ford). Ma anche attraverso il ritorno di Lando Calrissian (Billy De Williams) e del leggendario Imperatore Palpatine (Ian McDiarmid), antagonista occulto di tutti e nove i film della saga.
Non solo: anche se a costo di sacrificare qualche caratterizzazione (vedi quella Rose, centrale in Episodio VIII e ora improvvisamente marginale), tornano le tante ambientazioni e i tanti personaggi che avevano fatto di Star Wars una galassia di storie, culture e vite diverse. E torna il brivido, soprattutto quando la trama arriva al clou nel finale. Abrams dice di aver già pensato a tutto dai tempi di Episodio VII, ma visti i problemi che ha avuto in questi anni la Lucasfilm nel gestire il franchise, non sembra credibile.
A tutto questo si aggiunge la diffusione di concetti e valori interessanti, con una precisa idea di famiglia e di redenzione dal peccato.
TROPPA AMBIZIONE, POCO TEMPO RIMASTO
Però, come giustamente ha notato qualcuno, la pellicola soffre l’ambizione di chiudere la nuova trilogia e contemporaneamente tutta la storia degli Skywalker. Il film è due ore e venti di “tasto premuto costantemente sull’acceleratore, troppo occupato a spuntare da un elenco le cose da mostrare da permettere al pubblico di godersi i colpi di scena”.
Facendo poi un bilancio di tutta la nuova trilogia appare evidente lo squilibrio tra questo episodio e i precedenti. La scelta della Disney di avere tre registi diversi, salvo tornare ad Abrams alla fine (con il licenziamento in corsa di Collin Trevorrow, già regista di “Jurassic World”), non si è rivelata felice. Si è riusciti a riparare in extremis a tanti errori fatti, ma alcune risposte date alla fine sono obiettivamente forzate e contradditorie. Non solo: in questa trilogia il concetto di Forza, la mitica energia che lega tutte le cose nel suo Lato Chiaro e Oscuro, viene estremizzato e ridicolizzato. Talmente tanto che buoni e cattivi oramai riescono a usarla per qualsiasi cosa.
BILANCIO FINALE
Insomma rimane il rimpianto per tre film nei quali si poteva osare molto di più, un po’ come hanno fatto gli “spin-off” usciti nel frattempo (“Rogue One” nel 2016 e “Han Solo” nel 2018), più liberi perché senza tante pressioni e aspettative addosso. E forse per farlo sarebbe bastato ascoltare il visionario Lucas, che ogni volta è stato costretto a dire che i film gli piacevano, ma le cui idee non sono state neanche prese in considerazione per nessuna delle nuove pellicole.
Nei prossimi anni dovrebbero arrivare altri film dell’universo Star Wars, ma senza la famiglia Skywalker. A dirigerli dovrebbe essere lo stesso Johnson. Ce lo auguriamo tutti: che la Forza sia con lui!