Con la web serie Posiscion Tu hanno conquistato il popolo di Internet, ci hanno fatto ridere, riflettere, e ascoltare buona musica.
Abbiamo parlato di concerti, di haters, di scene del crimine e di arrangiamenti, e del sottile filo logico che collega Fabrizio Moro e Ermal Meta a Renzi…
Come è nata l’idea di creare un duo?
TU: «Il duo ha una storia breve ma convulsa. Ci siamo conosciuti tramite un amico in comune, con il quale abbiamo formato un trio – in cui suonavamo un jazz abbastanza commerciale. Per esigenze personali questo amico è partito, e dopo aver valutato l’ipotesi di sostituirlo, abbiamo deciso di provare a suonare in duo. Abbiamo iniziato a improvvisare, e da li non abbiamo più smesso.
Siamo andati in concerto senza avere una scaletta o un piano preciso, con il solo desiderio di esprimere il nostro estro. Da quel momento abbiamo sviluppato un’intesa naturale, emersa da subito e consolidata nel tempo. Per un paio d’anni non abbiamo mai provato, e pian piano abbiamo creato dei pezzi a cui successivamente abbiamo dato una “struttura” – e che poi abbiamo inserito nel nostro primo cd. In questa prima fase abbiamo suonato prettamente brani improvvisati – solo riff, nulla di cantato.
I primi successi sono arrivati quando abbiamo deciso di partecipare ad un concorso musicale – il cui tema era Musica contro la violenza sulle donne – e una volta esibiti, per primi tra l’altro, la giuria si è ritirata per “riconsiderare le regole di valutazione”. E poi abbiamo vinto! In seguito abbiamo gareggiato in un altro concorso. La scelta era tra esibirsi a Torino, suonando musica jazz, o a Frosinone, dove invece regnava il rock. Abbiamo optato per il rock di Frosinone – per non allontanarci troppo da Roma, dato che di lì a poco Sebastiano sarebbe diventato papà – e… Abbiamo vinto due premi su tre! A quel punto abbiamo detto: “ho capito, dobbiamo fare i soldi!” (ridono, Nda)».
E un cd! Come lo descrivereste a chi ancora non lo ha ascoltato?
TU: «Il primo disco è stato per metà improvvisato e per metà scritto. Alcune tracce sono registrazioni delle nostre sessioni in studio, che in seguito sono state “tagliate” e “aggiustate”. L’altra metà è composta da brani scritti, e quindi provati. Abbiamo deciso di incidere i nostri pezzi quando Paolo [che si occupa dello studio di registrazione dei TU, Nda] dopo aver sentito alcuni abstract dei nostri pezzi ci ha proposto di fare questo disco! Non aveva idea di quello a cui andava incontro…».
In tutto questo le bombette quando sono entrate?
TU: «Per la copertina del disco ci siamo detti: che aspetto diamo a questa roba? Ci serviva un immaginario da costruire, soprattutto perché la nostra non era una musica ben definita – rock, jazz, pop, non si capiva! – non aveva una vera forma. Abbiamo quindi puntato su un’estetica fuori dal tempo – un po’ anni ‘20 – con una modalità canzonatoria che comunque sia tra noi emerge sempre (non lo facciamo di proposito, ma l’ironia è la sintesi di questo nostro incontro).
L’idea che abbiamo avuto è stata quella di simulare una scena del crimine, in cui eravamo gli assassini di coloro che per noi sono il duo per eccellenza – ovvero Stanlio e Ollio.
Per cui nella foto ci siamo noi vestiti da Stanlio e Ollio che veniamo ammazzati da noi vestiti da noi [sic]. All’interno del booklet c’è una sorta di ribaltamento della realtà, ovvero noi vestiti da Stanlio e Ollio che assistiamo all’omicidio di noi vestiti da noi. Anche per il concerto di presentazione abbiamo adottato questo dress-code, al fine di realizzare uno sketch ironico e paradossale: abbiamo suonato dal vivo con bombetta e papillon, mentre alle nostre spalle venivano proiettate le immagini – come di una camera di sicurezza – di noi due, vestiti “normali”, intenti a cercare di evadere dal camerino – e riprenderci il palco che le bombette ci avevano rubato. Questa gag è andata avanti per tutta la durata del live. Alla fine i veri noi hanno trovato un modo per interrompere lo show, ovvero quello di far esplodere una bomba ,vera o presunta, e di andare in scena tutti sporchi e con i vestiti stracciati – mentre sul palco le luci, il fumo e i rumori hanno simulato uno scoppio.
Per riuscire in quest’impresa, abbiamo girato il video da prigionieri giorni prima, sincronizzando poi il tutto durante la serata. È stata un’esperienza abbastanza delirante, ma divertente.
Da quel momento in poi la bombetta è diventata una nostra caratteristica».
Essere un duo vi ha limitato o vi è stato d’aiuto?
TU: «Sicuramente è sempre una sfida quella di riuscire a creare qualcosa di interessante, pur essendo in due. È una continua ricerca quella che facciamo, perché quando suoniamo una canzone non deve apparire come un brano povero, se messo a confronto con uno suonato da una band. Paradossalmente la cosa più coerente musicalmente che abbiamo fatto è la web serie, dove spesso abbiamo proposto cover di brani più o meno famosi, che ovviamente non sono stati pensati per solo due strumenti. Ancora più difficile il fatto di avere poco tempo a disposizione, e poco margine di improvvisazione; il tutto diventa inevitabilmente più asciutto».
A proposito della web serie: come vi è venuto in mente di “analizzare la seconda posizione della classifica dei singoli più venduti in Italia”?
TU: «Tutto è nato subito dopo l’uscita del primo cd. Abbiamo preso contattati con diverse etichette discografiche italiane – indipendenti, chiaramente – e la risposta, più o meno comune, che abbiamo ricevuto è stata: “il disco è molto bello, ma non somiglia a niente di quello che abbiamo in catalogo”. E in effetti è vero. Questo, secondo loro, era il difetto; noi, invece, abbiamo guardato il lato positivo della questione, ovvero che siamo riusciti a creare una cosa nostra.
Da qui nasce l’esigenza di trovarci un pubblico da soli, di inventarci un modo per arrivare alle persone. Abbiamo deciso di fare una serie, di andare a esplorare il nostro lato più teatrale, mettendoci la faccia. La serie è stata concepita come una rubrica musicale, anche se all’inizio non avevamo ancora le idee chiare su come realizzare il tutto. Ci è venuto in mente, poi, di analizzare la classifica dei singoli più venduti in Italia, precisamente la posiscion tu [nome della fortunata web serie, Nda].
Abbiamo scelto la seconda posizione, oltre che per il gioco di parole, perché effettivamente al secondo posto ci sono spesso delle cose inascoltabili[sic]. Le cose belle o stanno in fondo alla classifica, o stanno al primo posto: al secondo, invece, ci va di tutto e di più – anche qualche canzone bella, di solito di passaggio».
La vostra vuole essere una critica al panorama musicale attuale o un semplice fare ironia?
TU: «Né l’una, né l’altra. È un modo di analizzare la produzione attuale, con dei criteri vecchi. Noi siamo vecchi da un certo punto di vista, perché siamo ancora legati all’arrangiamento, alla composizione, al fatto di suonar bene, facendo tutta una serie di cose che ad oggi sono abbastanza superflue. Questo non in senso negativo, ma proprio perché i tempi sono cambiati, le regole sono completamente diverse. Quello che ci proponiamo di fare è questo: esaminare la musica che si ascolta oggi in radio, e analizzarla secondo i canoni che abbiamo assimilato al conservatorio. Ovviamente vengono a mancare moltissimi elementi – melodia, tempo, armonia. Però non sempre è così. Per noi è stato un modo per crescere e confrontarci con quello che ci circonda, anche attraverso l’arrangiamento dei brani stessi. La sfida da musicisti, da arrangiatori alla vecchia maniera, è proprio quella di fare una musica che possa suonare bene in due, partendo da qualcosa che è stato pensato per una band, con strumenti elettronici, con un’orchestra…
Il messaggio che ne emerge è che ogni brano può essere suonato alla nostra maniera, e comunque funzionare».
Chi troviamo in Posiscion Tu questa settimana?
TU: «Questa settimana c’è Ghali. Abbiamo ascoltato questo pezzo e ci sembra un brano intelligente. Non che sia una roba incredibile, però è un brano onesto, scritto e cantato bene. È un brano pulito – anche se fa parte di un ambiente musicale che di solito non lo è per niente.
La settimana prima c’erano quei due – Ermal Meta e Fabrizio Moro – che parlavano del terrorismo, in maniera molto confusa. Questi erano confusi peggio di altri – e infatti sono arrivati primi – ma secondo noi erano volutamente confusi: questo ci ha fatto rabbia. Un prodotto ambiguo, che non si capisce a chi stia strizzando l’occhio, ci sembra uno sforzo di fare contenti tutti. Solo che il risultato è peggio dei TUitter [twitter, Nda] di Renzi: non si capisce a chi sia indirizzato il messaggio, o contro chi sia puntato il dito. Ghali, invece, comunica in modo chiaro, parla di “razzismo da italiano di seconda generazione, è diverso dal parare di terrorismo per sentito dire».
È normale incontrare l’opposizione di parecchie persone quando, analizzando una canzone, non ne parlate in termini positivi…
TU: «Un aspetto fondamentale di questa roba [sic], è che quando ti poni davanti alle persone dicendo cose, queste persone, poi, hanno una reazione. E reagiscono – nel 2018, sui social network – in una maniera allucinante. Quindi bisogna essere preparati, noi studiamo tantissimo, perché effettivamente se tu parli di qualcosa che non conosci a fondo – mettendoti a confronto con chi “ci sta dentro” –fai la figura del deficiente [sic!]. Ad oggi, in Italia, ci sono due generei musicali che vanno per la maggiore: la trap e l’indie. Ne devi parlare con cognizione di causa. Per esempio tra i commenti delle puntate su Sfera Ebbasta o la Dark Polo Gang, c’è stata proprio una divisione tra chi ha apprezzato, e chi ci ha dato dei falliti e dei vecchi in papillon. Tra l’altro, gli insulti veramente pesanti appaiono su un post a parte – creato da Facebook per sponsorizzare il video – dove a commentare non sono i fan della band. Come potete immaginare, si scatena il panico».
Qual è stata la puntata che ha fatto infuriare più persone?
TU: «Forse la peggiore è stato quella con J-Ax – o comunque con artisti particolarmente famosi.
Lui, tra l’altro ne ha scritte di cose belle, e poi si mette a cantare la prima frasetta che gli viene in mente. Per uno che faceva freestyle, che sa come lavorare, è uno spreco. Canti la prima cosa che ti viene in mente, tanto sai di avere successo solo perché ormai hai un nome, non è giusto.
Quest’estate, poi, c’è stata un’armonia che ha girato, tipo l’influenza [ridiamo, Nda]. Tutte le canzoni di quel periodo sono con questa armonia, da Descpacito alla ballad di Ed Sheeran.
È chiaro che, in una musica, gli accordi girano, quindi non è così difficile trovare brani con gli stessi accordi. Ma trovare gli stessi accordi in tutte le canzoni uscite nello stesso periodo ci sembra proprio una cosa costruita. “Prendiamo questo tipo di suono, che assomiglia a quello dell’artista americano che ha riscosso successo, gli accordi di quell’altro brano che è andato forte, magari parliamo di questa cosa, che adesso va di moda…” sembra più un esperimento pubblicitario che una canzone! E questo è altamente criticabile, questa finzione: in questo sensi sì che siamo distruttivi».
Quali sono i prossimi appuntamenti con i TU?
TU: «In questo momento non stiamo facendo molti live, la web serie ci porta via parecchi giorni settimanalmente – tra la registrazione, il montaggio, ecc… Riteniamo necessario continuare a lavorare sulla serie, battere il ferro finché è caldo, e poi vedere dove ci porta. Abbiamo, comunque, dei pezzi nuovi, che suoniamo anche in concerto. Mentre il primo album è stato molto rocambolesco nella registrazione, questo secondo risulta molto più “studiato”, più scritto, musicalmente parlando. Alcuni brani nascono dalle sperimentazioni musicali registrate nel precedente disco. L’obiettivo è quello di far uscire la nostra musica –perché la nostra parte anziana ci dice che la musica va tirata fuori».
Aurora Di Sabantonio