Può una parola ‘anomala’ portare a bloccare un conto corrente da parte della banca? Ebbene sì. E’ questa la disavventura vissuta da un (ignaro) cittadino che si è visto congelare il proprio deposito un banca – pensate un po’ – per un mese.
La tecnologia avanza e ci rende tutto (o quasi) più sicuro. Ma il fattore ‘umano’ continua ad essere fondamentale e lo dimostrano storie come quelle che vi andiamo a raccontare oggi. Ma di esempi se ne possono fare tanti, a partire dai social: a chi infatti non è capitato di ricevere un “ban” o una sospensione dei propri account magari soltanto perché abbiamo pubblicato una parola fuori posto? E il calvario per uscire da una situazione del genere per chi incappa in questi provvedimenti automatici dei software – lo stesso capita spesso ad esempio su YouTube – è tutt’altro che semplice considerando che i colossi del web quasi mai mettono a disposizione persone fisiche per segnalazioni o problemi.
L’utente può solo interfacciarsi con altri software con cui ovviamente non si può dialogare a voce se non in chat altrettanto automatiche. Per i computer del resto le sfumature di “bianco e nero” sono difficili da capire e allora capita di rimanere coinvolti in veri e propri paradossi cybernetici. Come per un uomo che a causa di una svista impensabile nella causale di un bonifico si è visto sospendere addirittura il conto in banca.
Parola “pericolosa” nella causale: bloccato il conto in banca ad un uomo
La vicenda ci porta dentro la disavventura vissuta da un uomo che aveva preso parte ad un seminario di lavoro ad Helsinki, in Finlandia. Per professione il lavoratore ha quindi partecipato ad una serie di incontri finalizzati a valorizzare le attività culturali in aree scarsamente popolate. Ed è qui che è sorto il corto-circuito con i sistemi automatizzati di vigilanza informatica. In che senso?
L’uomo, nel dover pagare le spese sostenute per vitto e alloggio, ha provveduto ad effettuare un bonifico di circa 600 euro, inserendo nella causale anche il motivo del suo soggiorno ai fini poi, evidentemente, della rendicontazione al datore di lavoro verosimilmente per la restituzione delle somme anticipate. Di certo però non poteva immaginare che quella semplice operazione potesse “costargli” molto più della spesa effettivamente sostenuta.
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Cosa era indicato nella causale del bonifico
Ma cosa aveva scritto quest’uomo di così tanto pericoloso? Ebbene, secondo quanto riportato da diversi media l’uomo avrebbe riassunto l’attività seminaristica svolta con l’acronimo “Hama-seminaari”. Purtroppo per lui i sistemi di sicurezza hanno valuto che la parola “Hama”, nonostante il trattino di separazione, fosse troppo vicino alla “s”. In pratica, sembra incredibile ma è così, i computer hanno rilevato la parola sospetta “Ḥamās”, ovvero l’organizzazione fondamentalista operante in Palestina. E di questo periodo è facile immaginare il livello di guardia sull’argomento.
Il lieto fine
Discorso diverso è però quello, in presenza di un errore, di rimediare e in poco tempo, cosa che in questo caso non è avvenuta. Sì perché, morale della favola, l’uomo a causa del fraintendimento si è ritrovato con il conto bloccato nonostante, peraltro, l’acronimo utilizzato nella causale sia riconosciuto ufficialmente per quel tipo di attività. Alla fine, c’è da dire, tutto si è risolto per il meglio ma il cittadino ha dovuto penare e non poco per farsi sbloccare il conto. Giorni trascorsi – invano – tra reclami e richieste di risoluzione del problema alla banca soltanto per cercare di far valere le proprie ragioni. E soltanto dopo un mese, grazie anche all’intervento del datore del lavoro, il problema è stato risolto: per l’uomo è arrivata la magra consolazione di un indennizzo economico per l’accaduto da parte dell’Istituto di Credito pari, da quanto si apprende, a circa 100 euro. Una somma sufficiente? A voi lettori l’ardua sentenza.