Dalle primi luci dell’alba, circa 150 Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, con l’ausilio di unità cinofile, un elicottero dell’Arma e del personale dell’8° Reggimento “Lazio”, sono impegnati fra le province di Roma e Frosinone, nonché in varie regioni d’Italia, per eseguire 23 misure cautelari (20 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 2 obbligo di dimora), emesse dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettanti soggetti, fra cui 7 donne, ritenuti responsabili, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, spaccio di stupefacenti ed altro, reati per buona parte commessi con l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini, condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati fra aprile e novembre del 2018 sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, costituiscono il proseguo dell’operazione Gramigna, eseguita nel mese di luglio 2018, che aveva portato all’arresto di 37 soggetti, fra cui 13 donne, a diversi dei quali era stato contestato anche l’art. 416 bis C.P., per avere costituito e preso parte all’associazione mafiosa denominata “clan Casamonica” operante nella zona Appia-Tuscolana della città di Roma, con base operativa in vicolo di Porta Furba; il ruolo apicale di promotore era stato attribuito a Casamonica Giuseppe detto “Bitalo”, tuttora ristretto in regime di 41bis anch’egli destinatario di un nuovo provvedimento cautelare. L’ordinanza eseguita nel luglio 2018, che è stata confermata dal Tribunale del Riesame e dalla Corte di Cassazione, ha compendiato le indagini dei Carabinieri che, condotte per quasi tre anni ed avviate nell’estate del 2015, ancor prima degli sfarzosi funerali di “Zio Vittorio”, avevano permesso di documentare l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare, dotati di una propria autonomia decisionale, operativa ed economica e dediti a vari reati tra i quali lo spaccio di stupefacenti, l’usura, le estorsioni ed altro.
Le risultanze acquisite nella seconda fase dell’attività investigativa hanno consentito di ricostruire nuove condotte di usura, estorsione, intestazione fittizia di beni, cessione di sostanze stupefacenti, poste in essere sia da soggetti già arrestati nel luglio 2018 (GRAMIGNA), fra cui i due promotori Luciano Casamonica e Giuseppe Casamonica detto Bìtalo, nonché Salvatore Casamonica detto Do’, recentemente arrestato nuovamente per traffico internazionale di stupefacenti, sia da altri personaggi, quasi tutti appartenenti alle famiglie sinti Casamonica/Spada/Di Silvio.
Nel corso delle attività, oltre a contestare nuove ipotesi di reato, è stato possibile rafforzare ulteriormente il quadro indiziario ricostruito nella prima fase investigativa, confermando come il “clan Casamonica” si avvalga tuttora di una forza numerica che, unita alla totale chiusura verso l’esterno ed all’utilizzo di una lingua difficilmente decifrabile, conferisce forza al gruppo, permettendo ad ogni singolo appartenente di avere atteggiamenti di prevaricazione e minacciosi nei confronti dell’esterno, avvalendosi anche della forza intimidatrice oramai insita nel nome “Casamonica”.
Come già emerso nelle pregresse fasi investigative, è stato accertato il “tipico” modus-agendi posto in essere dai Casamonica, caratterizzato da larvate forme di violenza e minaccia, veicolate attraverso un compulsivo approccio verso le vittime, sottoposte a continue richieste prive di ogni giustificazione e che finiscono per metterle in uno stato di totale assoggettamento. Molte persone offese, infatti, una volta ricevuto un prestito dai Casamonica, non riescono praticamente più a sottrarsi alle richieste di denaro da parte degli indagati, che continuano anche a distanza di anni e che, ad un certo punto, assumono innegabile matrice estorsiva in quanto sono oggettivamente prive di ogni giustificazione e si fondano esclusivamente sulla forza di intimidazione del gruppo, che spesso non ha neanche la necessità di far ricorso a minacce esplicite per ottenere la consegna di quanto indebitamente preteso.
In questa nuova ed ulteriore fase investigativa, tuttavia, è stato riscontrato un atteggiamento più collaborativo da parte di alcune vittime che, in forza degli arresti eseguiti nella scorsa estate, hanno confermato e chiarito il loro stato di soggezione, pur manifestando comunque il timore di subire ritorsioni, ennesima conferma della forza intimidatrice che esprime il “clan Casamonica”.
Fra le vittime degli episodi di estorsione ed usura anche alcuni commercianti del posto, in un caso specifico un importante imprenditore della Romanina, già vittima, anni addietro, di alcuni esponenti della famiglia Casamonica.
Nell’ambito del procedimento penale è stato deferito anche un notaio romano che ha stipulato un atto di compravendita con cui Casamonica Salvatore detto Dò era riuscito ad acquisire la proprietà di una villa nel comune di Anzio, formalmente intestata ad un prestanome, anch’egli arrestato nella giornata odierna.
Contestualmente alle misure cautelari è in atto il sequestro di diversi beni, tra cui la citata abitazione ad Anzio (Rm), una lavanderia in zona Centocelle, oltre a vari conti correnti, libretti di risparmio e autovetture nella disponibilità degli indagati.
Nel corso delle perquisizioni odierne, inoltre, sono stati rinvenuti e sequestrati denaro contante, gioielli e 14 orologi di lusso per un valore stimato di oltre 150.000 euro.
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