Home » News » Psicologia » Green Pass: effetti collaterali

Green Pass: effetti collaterali

Pubblicato il
psicostress

Vaccino o sospensione

Non entro nel merito delle decisioni politiche, non è il mio lavoro. Sento di avere il dovere di rappresentare una categoria di soggetti invisibili allo Stato e alla società: quelli che per un motivo fisico non possono ricevere il vaccino, e che non sono considerati nelle linee guida del decreto.

Ho ricevuto una mail con la seguente testimonianza, e credo che meriti attenzione.

La testimonianza

Ho scoperto qualche anno fa di avere una rarissima malattia genetica, che avrei trasmesso al 50% ai figli. A quel punto ho deciso senza esitazioni di non averne e dedicarmi al lavoro e alle passioni.

Quando ho conosciuto mio marito ha accettato la mia scelta.

Siamo poi venuti a conoscenza dell’esame pre-impianto, in un percorso medicalmente assistito, in sintesi: trasferiscono nell’utero solo embrioni sani, precedentemente analizzati.

Crediamo nella scienza, abbiamo iniziato questa avventura che dura da un anno, prima della campagna vaccinale e che ci è costata – fino ad oggi – oltre 15 mila euro e rallentata in più punti dalla pandemia.

L’arrivo del decreto dell’obbligo vaccinale non mi ha spaventata, diversi colleghi e amici hanno chiesto l’esonero per problemi di natura diversa e che di fatto non cozzano con il vaccino, per cui mi sono consultata con il mio medico di base, il quale mi ha assolutamente sconsigliato al momento di aderire per gli ormoni che ho in circolo; purtroppo, non ha potuto metterlo per iscritto in quanto lui stesso non ha aderito alla campagna vaccinale.

A quel punto è iniziato il mio labirinto: due centri vaccinali, senza chiedermi che tipo di malattia io abbia, se ne sono lavati le mani. Il mio ginecologo non vuole rilasciare alcun certificato di esonero perché non ho problemi di infertilità, e pare che evitare malattie genetiche sia quasi un capriccio.

La situazione ad oggi è questa: il 15 mi sospenderanno dal servizio, io non posso fare il vaccino.

L’alternativa, mi dicono, potrebbe essere eseguire un tampone ogni 48 ore, ma mi sembra una strada poco praticabile: non solo dovrei fare innumerevoli spostamenti, senza contare la spesa che comporterebbe un impegno del genere. In più, in qualche modo, anche l’azienda pagherebbe le conseguenze della mia assenza lavorativa.

Domanda da non fare

Stiamo vivendo una strana situazione, siamo passati dalla domanda “hai fatto il vaccino?” per essere rassicurati, a “ma come non l’hai fatto? E perché?”: dalla paura alla discriminazione.

Sento di persone che a tavola con amici rivolgono questa domanda, e magari la ragazza nella mail non può e non vuole raccontare i fatti suoi, come è legittimo in ogni luogo e in pubblico.

Certe domande toccano la sfera intima, nessuno di noi è giudice o ispettore per conto del Governo.

Ritorniamo esseri sensibili e rispettosi.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

Psicostress

Impostazioni privacy