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Psicologia, il passato sotto la pelle: La memoria corporea

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Non siamo testa e corpo, nessun computer posizionato nel cervello muove i nostri muscoli. Un intero organismo racconta tutta la nostra storia: passata, presente e futura

  

Il corpo nella società moderna

La società attuale ci propone stereotipi estetici definiti: magrezza, tonicità e armonia delle forme. Tra qualche anno cambieranno, e noi ci adegueremo per essere all’altezza delle stars del cinema, e delle immagini che tutti gli altri postano sui social, tanto da perdere minuti interi per posizionarci nel miglior modo possibile nelle foto che scattiamo.

Si finisce col credere che il corpo sia questo, uno strumento visivo, un involucro che continuamente monitoriamo e giudichiamo bello, brutto o sufficientemente accettabile.

Eppure ogni giorno incontriamo persone e ci facciamo delle idee in base a ciò che comunicano attraverso l’espressione del viso, l’atteggiamento, il modo di stringere la mano e cosi via: valutiamo gli altri, e gli altri fanno lo stesso con noi, attraverso il linguaggio non verbale, che va oltre la forma perfetta o l’abito alla moda.

Siamo attratti da un sorriso aperto, più di ogni muscolo allenato per ore in palestra.

 

Il corpo «parla»

Quando siamo in silenzio continuiamo a comunicare, ogni minimo movimento o respiro sta dicendo qualcosa, e quel «qualcosa» arriva dai risultati delle esperienze (positive e/o negative) che abbiamo vissuto nel corso della nostra vita, stratificati nel tempo sotto la pelle.

Il corpo è la rappresentazione della nostra storia, porta dentro di sé tracce del passato, dei vissuti trascorsi. Un po’ come una cartina geografica, ci indica dove sono localizzate le esperienze e quali le emozioni ad esse associate: una vera e propria memoria.

A differenza della «memoria classica» che si attiva per ricordi mentali, quella corporea lo fa attraverso sensazioni fisiche, reazioni fisiologiche e somatizzazioni.

 

Come si stratificano i ricordi nel corpo

Il corpo immagazzina ricordi già nell’utero: una mamma ansiosa avrà la parete pelvica molto tesa e il bambino ne sentirà la durezza dall’interno della pancia.

Dopo la nascita la comunicazione avviene attraverso il contatto fisico: una mano tremolante che sostiene il neonato trasmetterà insicurezza, e per reazione i muscoli della schiena del piccolo diventeranno rigidi.

Durante la crescita la conoscenza dell’ambiente circostante spinge all’azione: una famiglia ansiosa bloccherà l’apertura, e i movimenti del bambino non andranno fino in fondo per la paura costante di farsi male.

Per tutto il percorso della vita e anche da adulti, ogni esperienza vissuta resterà nei muscoli, nel respiro, nella postura, e le azioni successive saranno fortemente influenzate dalle tracce del passato: il nostro corpo collega il passato al presente, influenzando il futuro.

Un bambino spaventato sarà -probabilmente- un adulto rigido nella postura e nelle emozioni, e farà scelte vissute non pienamente.

 

Come possiamo vedere le emozioni nel corpo?

Esistono dei parametri che possiamo vedere per valutare quanto un evento abbia modificato il nostro modo di muoverci.

 

  • Tono muscolare

Immaginiamo un forte spavento, il cervello invia segnali d’allarme e di conseguenza la muscolatura si attiva, diventa rigida e pronta alla fuga. Viceversa, in uno stato depressivo il cervello invierà pochi segnali di attivazione, per cui, i muscoli saranno allentati, molli e senza forza.

  • Postura e movimento

Le posture e i movimenti sono caratteristici per ognuno di noi. Chi si muove con lentezza, chi con frenesia, chi rigidamente e chi morbidamente. Le posture possono essere chiuse, curve, spavalde: bambino tenuto in spazi stretti non svilupperà movimenti ampi, cosi come un bambino spesso giudicato non svilupperà movimenti sicuri.

  • Respiro

Il respiro si altera in conseguenza agli eventi: la paura tiene la pancia in dentro, la tensione blocca il respiro a metà, la rabbia porta l’aria nel torace.

  • La percezione di noi stessi

Il corpo invia segnali all’esterno influenzando le reazioni di chi abbiamo di fronte, innescando la comunicazione non verbale. Ma non solo, esistono anche i segnali che l’organismo manda a noi stessi, il corpo ci parla dall’interno raccontando stati d’animo che in alcuni casi sono intrappolati e quindi ripetitivi: un forte allarme passato tiene ancora attiva la tensione muscolare che trasmette segnali come se fossero nel presente. Un cane che si morde la coda.

 

E se non sentiamo il corpo?

Inutile negare che l’intervento di uno specialista del settore è di fondamentale importanza, chiedere aiuto è segnale di forza e voglia di vivere bene. Obiettivo principale è sciogliere le vecchie tracce, collocare l’evento ad un momento passato e ritrovare nuove sensazioni legate al presente.

Possiamo provare ad aprire la comunicazione con il nostro corpo toccando le zone tese e dolenti. Possiamo cambiare la posizione abituale e sentire quanto è rigido il corpo. Possiamo respirare ampiamente e non riuscire in realtà a farlo fino in fondo.

Non siamo esseri frammentati fatti di testa e corpo, ogni millimetro di noi raccoglie in se tracce di memoria. Aprirle significa ascoltare noi stessi.

 

 

 

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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