Perché arriva l’ansia
Abbiamo la convinzione di sapere tutto di noi stessi, di sapere come stiamo, cosa vogliamo e cosa non vogliamo: nulla di più falso.
Spesso abbiamo timore di sapere, di ascoltarci, di sentirci; fermarsi e prendere consapevolezza di cosa siamo in questo momento può provocare l’ansia del contatto pieno con la realtà, di scoprire mancanze e difficoltà pratiche.
Fare cose e cose, serve solo a coprire i rumori della voce interiore, ma non può durare a lungo: il corpo ad un certo punto avrà la meglio e attraverso svariati sintomi proverà ad esprimersi, a modo suo, e non sempre in modalità piacevole, ad esempio: stanchezza, distrazione,offuscamento mentale, stati d’ansia, umore labile, muscoli tesi e doloranti, calo della vitalità e della voglia di progettare.
Inoltre, il voler mantenere a tutti i costi il ritmo quotidiano senza mai staccare la spina, sul lungo termine può provocare la chiusura delle sensazioni: il corpo s’irrigidisce talmente tanto da “pietrificarsi” fino a non sentire il tocco di una carezza, il tepore del sole o il sapore intenso di una bevanda; tutto ciò che facciamo diventa atto meccanico, lo scorrere del tempo si congela e la memoria non riesce ad immagazzinare immagini: la sera non ci saranno ricordi della giornata ma solo voglia di andare a letto.
Come si sente chi soffre d’ansia?
L’ansia si veste di tantissimi ruoli, ognuno scelto inconsapevolmente per dare spiegazioni a sintomi fisici a cui non diamo ascolto; sono svariati i comportamenti che adottiamo per gestirne le sensazioni sgradevoli, ad esempio:
– controllare il nostro ambiante: disturbo ossessivo
– evitare situazioni e/o relazioni: ritiro sociale
– chiuderci nei ricordi del passato: fuga dalla realtà
– modificare la nostra personalità creandoci un alter ego, e cosi via.
Nello specifico:
La testa: i ricordi sono confusi e poco chiari, la percezione del tempo è dilatata e i minuti si moltiplicano, tante fantasie negative con catastrofi imminenti, incapacità di progettare a lunga scadenza.
Le emozioni: continuo allarme e agitazione, preoccupazioni incessanti, indecisioni e paure.
L’attività fisiologica:respiro alto, affannoso, percezioni di morte imminente, attivazione costante (battito cardiaco, peristalsi intestinale ecc.).
La postura:movimenti agitati a scatti, posture rigide e muscoli tesi.
L’ansia non è un mostro
Mi capita spesso di sentire descrivere l’ansia come un essere vivente, una sorta di demone interiore, un’entità che ci guida o ci comanda, un qualcosa a cui siamo assoggettati: umanizzare l’ansia crea un mostro con una sua vita, che con immotivata cattiveria schiaccia la nostra esistenza.
Apriamo gli occhi al mattino e ci ritroviamo di fronte una forza da combattere, per tutto il giorno fino a sera, quando sfiniti ci rimettiamo a letto, schiavi di un «qualcuno invisibile» che assorbe le nostre energie.
Ansia: cosa non fare
1) Evitare la ricerca continua di notizie, perlopiù, in internet dove tutti scrivono tutto: una marea di interpretazioni personali anche allarmanti rispetto ai sintomi aumenta solo la confusione;
2) Non cadere nei paragoni poiché ognuno di noi ha una propria configurazione funzionale sia del decorso che della risoluzione del disturbo, non sprechiamo tempo nella ricerca di consigli, di suggerimenti sul “come hanno fatto gli altri”; la realtà, soprattutto in momenti di crisi, viene vissuta in maniera del tutto personale.
3) Individuare il centro dell’ansia, ossia, il respiro: l’ansia è fondamentalmente alterazione del respiro, la famosa “fame d’aria” non è altro che l’incapacità del diaframma di allargarsi e prendere aria.
Piccolo test
Bastano pochi minuti per renderci conto di come sia sbarrata la porta delle sensazioni, di quanto le esperienze sbagliate abbiano bloccato la comunicazione tra noi e il corpo.
Mettiamoci seduti o distesi, in un posto tranquillo e proviamo a fare dei respiri profondi, uno, due, tre, quattro respiri profondi.
Qual è la sensazione?
Sangue alla testa, lieve vertigine, oppressione toracica. Tutti segnali dell’iperventilazione, conseguenza dell’alterazione del respiro.
Ora, proviamo ad individuare nel corpo la zona in cui si trova la rabbia. Poi, individuiamo la tristezza. Proviamo a soffermarci su una zona del corpo fragile, una zona che ha bisogno di cure e coccole. Non ci fermiamo su dolori vari, ma sulle SENSAZIONI.
Cosa ci sta dicendo il nostro corpo?
Non riuscire a sentirci è tra le principali cause che provocano reazioni psicosomatiche: il corpo comunica continuamente e tenere la mano sulla sua bocca non lo zittisce, ma anzi, lo fa scalciare sempre più violentemente, fino all’esplosione.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno