Dalla Sicilia a Pomezia con l’amianto. Con il beneplacito di chi chissà chi, ma con il rischio altissimo di tumore ai polmoni per i pometini. E’ infatti qui, a Valle Caia, che si trova da ormai 10 anni la discarica dei rifiuti della Sacelit di S. Filippo di Mela. Cos’è? Basta dire che questa ditta vanta un tristissimo primato: ben 139 decessi per tumore ai polmoni (l’asbestosi pleurica) tra quelli che erano i suoi 240 dipendenti.
Numeri che fanno paura, soprattutto perché da più di 10 anni quell’amianto si trova qui da noi.
In questi giorni è stata presentata un’interrogazione per luce sulla vicenda.
“Una discarica di Pomezia adibita a ricevere calcinacci e amianto compatto avrebbe ricevuto abusivamente tonnellate di amianto friabile dalla Sicilia grazie a una vasta rete di corrotti e corruttori. Provvedimenti anche per due tecnici Enea e un dirigente regionale finiva a Pomezia l’amianto della fabbrica della morte, dalla ex Sacelit di San Filippo del Mela, nel Messinese”, si legge nell’interrogazione.
Ma di cosa si tratta esattamente?
Parliamo di una discarica di amianto friabile che da oltre 10 anni con l’omertà o il placito consenso delle istituzioni dell’epoca è stata collocata (come hanno fatto? Perché? Chi ha autorizzato questa cosa?) nel sito di via di Valle Caia a Pomezia. Le indagini di allora portarono all’arresto di diverse persone e oggi, (da allora è sotto sequestro… anche se sequestrarono “il nulla”) è in balìa di sé stessa e delle intemperie. Il sito è arrivato oltre i limiti della sicurezza ambientale, visto che all’interno delle capsule non alloggiano rifiuti qualsiasi ma amianto friabile, mortale per la sua tossicità. Avendo un’incubazione di oltre 20 anni, non sappiamo quando scatenerà la sua forza distruttiva. Evidentemente fatti analoghi accaduti altrove alle istituzioni hanno insegnato nulla.
Ricordiamo che si tratta della dismissione della ditta Sacelit di San Filippo di Mela – l’industria che produceva lastre, tubi e vasche di eternit a stretto contatto con l’amianto – che nella sua piena attività contava 240 dipendenti, pari al 64% della forza lavoro, e che nel giugno 2017 ha registrato il 139° decesso tra gli stessi dipendenti per fattore tumorale ai polmoni.
L’ultima vittima è Pietro Vaccarino, deceduto a inizio giugno per l’esposizione alle fibre di amianto. Due settimane prima la morte della 138ª vittima, Francesco Rugolo.
“Migliaia di tonnellate di rifiuti nocivi – si legge ancora nell’interrogazione – sono finite nell’invaso in via Valle Caia, dieci metri dopo un ruscello, tra vigneti, ulivi, distese di grano e lo stand di frutta e verdura di Coldiretti e Legambiente. La discarica poteva accogliere amianto compatto, invece ha ingoiato “big bag”, grandi celle di materiale friabile. E tutto per un maledetto trucco che dopo due anni di indagine della procura di Velletri e i carabinieri del Noe di Roma, sostengono sia stato messo in piedi da nove persone. Altre 45 sono indagate. Le ipotesi di reato più gravi pesano su segretarie, funzionari della Regione Lazio, proprietari di discariche, esperti di bonifiche, intermediari dei rifiuti e ingegneri Enea, quelli che dovevano essere i garanti della Scienza e che invece sarebbero «passati al nemico» in cambio di contratti di consulenza e quote societarie”.
“Sono anni – ha dichiarato Stefano Santoni, autore dell’interrogazione – che i cittadini si battono perché sia bonificata la discarica, con interrogazioni regionali, 2 interrogazioni in Senato e l’apertura di un’inchiesta della Commissione Ambiente sempre in Senato, ma… c’è un ma. O “i tempi” sono sbagliati o sono troppo lunghi e le legislature cambiano e tutto si ferma. Quello che possiamo dire, avendo visitato il sito, è che il tempo per intervenire è scaduto da molto tempo, il materiale nocivo si sta riversando e non sappiamo se il disastro sia già iniziato. I dati da me raccolti sono fatti non discutibili, perché presi da incartamenti ufficiali, ma il problema che voglio segnalare adesso è che la maxi discarica a cielo aperto versa in uno stato di abbandono. Sì, è posta sotto sequestro, ma non è messa in sicurezza. Noi non sappiamo se e quando esploderà questa piaga, o se è già esplosa, visto che l’incubazione della malattia non ha un periodo certo”.