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Pomezia, lo spettro dell’inquinamento nel fosso di Campo Ascolano parte da via di Vaccareccia: ecco perché

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Si torna a parlare dell’impianto di soil washing che a breve – i tempi sono dipesi da vari fattori connessi agli iter burocratici e al rilascio dei permessi – dovrebbe entrare in funzione in via Vaccareccia. A rendere nuovamente attuale l’argomento è la preoccupazione, da parte di residenti e non solo, dello stato di salute del Fosso di Campo Ascolano, attuale e, soprattutto, futuro.

Ma ecco spiegati i motivi di questa preoccupazione.

Come già ampiamente trattato in precedenti articoli, in via Vaccareccia sorge un complesso industriale, di proprietà della società Trevi Ambiente, utilizzato da tre aziende distinte: da un lato l’Officina Meccanica MAC, dall’altro il Consorzio Formula Ambiente e in mezzo la stessa Trevi Ambiente, che si è tenuta la parte più grande.

L’Officina Meccanica Mac si occupa principalmente di manutenzione e riparazione mezzi pesanti e mezzi d’opera, effettuando molte lavorazioni anche sui piazzali scoperti del complesso industriale. Il Consorzio Formula Ambiente per i cittadini di Pomezia è sicuramente più familiare, perché si occupa della gestione dei rifiuti solidi urbani del Comune e utilizza questo sito per il concentramento e il trasbordo di tutti i rifiuti raccolti nell’intero territorio comunale, oltre che per il lavaggio con acqua a pressione dei metti utilizzati per la raccolta. 

La Trevi Ambiente al momento non opera, ma ha in corso, presso Città Metropolitana di Roma Capitale, una richiesta di autorizzazione per un impianto per il lavaggio dei rifiuti di spazzamento e pulizia delle caditoie, sabbia dei depuratori e terreni provenienti da siti contaminati (soil washing). Il sol washing è una tecnica di bonifica del suolo contaminato che prevede il recupero della parte pregiata del mezzo attraverso un processo di separazione fisica dell’inquinante; il proponente, la Trevi Ambiente, ha evidenziato che i terreni da sottoporre a bonifica saranno, ai sensi del D.Lgs. 152/06, rifiuti speciali appartenenti alla famiglia dei CER 17 05: si tratta di terra (compresa quella proveniente da siti contaminati), rocce e pietrisco di vario tipo nonché materiale di dragaggio (anche fanghi).

Per questa richiesta, la Trevi Ambiente ha già ottenuto favorevole pronuncia per la V.I.A. (Verifica Impatto Ambientale), senza nessun tipo di prescrizioni da parte dell’Ufficio Ambiente del Comune di Pomezia, appositamente interpellato da Città Metropolitana. Se l’Ufficio Ambiente si fosse consultato con l’Ufficio Urbanistica, magari si sarebbe accorto che nell’area in questione non sono ammesse industrie insalubri come sembra possa essere quella che si prospetta di fare. E vediamo perché.

In via Vaccareccia esiste una condotta per lo scarico delle acque nere, ma questa non è funzionante, mentre non esiste proprio una condotta per lo scarico delle acque chiare.

Il Consorzio Formula Ambiente ha ottenuto dal Comune di Pomezia l’autorizzazione allo scarico n. 55/2017, rilasciata il 10/11/2017 con prot. 109052/2017 per la “immissione di acque di prima pioggia e meteoriche nella scolina comunale di via Vaccareccia al fine di convogliarle al fosso di Campo Ascolano“. Ma tale autorizzazione non tiene conto che il piazzale unico, in comunione con la Trevi Ambiente e l’Officina MAC, non è idraulicamente separato tra le attività con appositi impianti di raccolta delle acque differenti e due muretti di separazione posti tra le tre attività.

Detto in parole povere: se una delle tre attività dovesse inquinare, come si potrebbe sapere quale è stata, se non c’è separazione degli scarichi? A chi si dovrebbe imputare la colpa? Non essendocene certezza, nessuno verrebbe mai punito per ipotetici abusi, cancellando ogni traccia prima di eventuali controlli in azienda.

L’autorizzazione allo scarico collettivo, così come sarebbe in questo caso, visto che si tratta di tre aziende che operano nello stesso complesso industriale, in un fosso non può essere rilasciata a un solo titolare. Come da riferimento normativo sugli scarichi, nella circolare 01/2016 di Città Metropolitana viene evidenziato che il D. Lgs. 152/2006, all’art. 74 c 1 lett. ff) specifica come il sistema stabile di collegamento deve collegare “senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali…”, quindi ogni attività di produzione deve avere il proprio tubo di collettamento, senza intercettazioni intermedie. Ma, così come è stata rilasciata l’autorizzazione da parte del Comune di Pomezia, l’obbligo di legge non viene rispettato.

Inoltre, la stessa autorizzazione, pur sostenendo che lo scarico viene effettuato nella scolina comunale, evidenzia la destinazione finale nel fosso di Campo Ascolano, il che significa che la sola autorizzazione del Comune non è sufficiente, ma – per scaricare – serve ulteriore autorizzazione da parte di Città Metropolitana all’immissione di acqua nel fosso, ovviamente previe tutte le verifiche di compatibilità idraulica e igienico-sanitaria necessarie per verificarne la rilasciabilità.

In pratica, in considerazione di quanto afferma la legge e del fatto che il Comune nell’autorizzare lo scarico per Formula Ambiente ha prescritto che “qualora sia previsto per lo scarico delle acque meteoriche l’esito in corso d’acqua, la ditta dovrà preventivamente ottenere il nulla osta tecnico idraulico del gestore del corso d’acqua medesimo…” (Città Metropolitana, NdR), appare evidente che l’azienda allo stato attuale può scaricare, né potrà farlo in quanto non possiede uno scarico autonomo come previsto dalla legge, ma scarica in maniera collettiva in cunetta.

L’autorizzazione a scaricare in cunetta, inoltre, era stata ottenuta a seguito di una originaria richiesta da parte di Formula Ambiente a Città Metropolitana di A.U.A (Autorizzazione Unica Ambientale) alla quale, in corso di istruttoria, era stato comunicata la variazione del recettore finale da “suolo” a “scolina stradale”, senza tuttavia menzionale l’esito finale in corpo idrico superficiale, ovvero nel fosso di Campo Ascolano: esatta esposizione dei fatti da parte del Comune avrebbe permesso a Città Metropolitana di valutare nel merito, evitando che l’ex Provincia di Roma archiviasse la richiesta di A.U.A. e rimettesse la competenza dell’autorizzazione allo scarico al Comune di Pomezia, che invece non può averla in questo caso specifico proprio perché confluisce nel fosso.

Questo porterebbe a pensare che lo scarico, così come è attualmente, non rispetti la normativa vigente, a causa di un errore dell’Ufficio Ambiente del Comune di Pomezia. Il timore – e qui tornano forti le perplessità già manifestate in più occasioni dai cittadini del quartiere, a cui si aggiungono adesso anche quelle degli abitanti delle zone a valle – è quello che possano esserci inquinamenti del fosso di Campo Ascolano, soprattutto al momento in cui sarà autorizzata l’apertura dell’impianto di soil washing.

La richiesta è quella di un’ulteriore verifica delle autorizzazioni rilasciate dal Comune, per capire se si è trattato di un errore non valutare che gli scarichi arrivavano al fosso e quindi  che la competenza non era comunale e se quel tipo di scarico – che non è semplicemente in cunetta comunale – sia idoneo per la tipologia di lavorazione in atto.

 

 

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