Lei è Marzia (nome di fantasia) e vive a Torvaianica (Pomezia) insieme alla sua famiglia. Nella sua casa, articolata su più piani, vivono il marito, i quattro figli, i genitori e la sorella. Ma la mamma, paziente oncologica, era stata ricoverata in ospedale, quindi non si trovava con loro da inizio marzo. Tutti loro sono risultati positivi al Covid-19. Le loro vite, all’improvviso, si sono trasformate in un incubo.
Come hai saputo di essere positiva al Coronavirus?
«Partirò dall’inizio. Mia madre era una paziente oncologica e quindi entrava e usciva dall’ospedale. Mio marito il 2 di aprile ha iniziato ad avere la febbre e per questo anche io ho deciso di mettermi in malattia dal lavoro per precauzione. Da quel giorno non siamo più usciti. Anche una delle mie figlie in quei giorni ha iniziato ad avere sintomi: sempre febbre, con una temperatura alta. Nel frattempo mia madre, che si trovava ricoverata all’INI di Grottaferrata, mi ha fatto sapere che le avevano fatto il tampone perché nella struttura c’erano stati alcuni casi di Covid-19. L’esito del test purtroppo è stato positivo e per questo siamo stati contattati subito dalla Asl. Come da prassi dal 4 aprile c’è stato comunicato che, da quel momento, sarebbe iniziato per noi l’isolamento obbligatorio senza la possibilità di uscire di casa per nessuna ragione. Il 7 aprile hanno fatto il tampone a mio padre».
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Come avete vissuto questi primi giorni?
«La prima settimana è passata così: mio marito con la febbre alta, così come due dei miei figli, anche se con temperature leggermente inferiori. Io invece avevo difficoltà a distinguere odori e sapori, ma per il resto stavo abbastanza bene. Fortunatamente ogni camera della nostra casa ha un bagno quindi ci siamo separati in modo tale da limitare ogni contatto. Solo io cucinavo, con mascherina e guanti, e mi occupavo di portare i piatti a tutti i componenti della famiglia. Per il resto ci dividevamo gli altri compiti per le pulizie, ecc.»
Poi cosa è successo?
«Il 9 aprile è arrivato un ulteriore responso: anche mio papà è risultato positivo al Covid-19. Di conseguenza, dopo due giorni, anche noi siamo stati sottoposti al test che, ancora una volta, ha dato esito positivo. Io, mio marito, i miei 4 figli – 26,19, 17 e 14 anni – e mia sorella (la famiglia vive insieme in una villa su più piani, ndr) avevamo tutti contratto il Coronavirus».
Qual è stato il primo pensiero?
«Devo essere sincera. Appena si era sparsa la voce che nell’ospedale dove era stata ricoverata mia mamma c’erano stati dei casi di Covid-19 ci eravamo subito preparati mentalmente. Considerando le sue condizioni avevamo messo in conto che, a quel punto, potesse contrarre il virus anche lei. Poi è toccato a noi. Per quanto mi riguarda ho avvertito subito che qualcosa non andava. Lavavo per terra con forti prodotti igienizzanti ma non sentivo nulla. I miei figli mi dicevano ‘che puzza’ ma io niente, zero assoluto. Però onestamente, una volta avuta la conferma della positività, eravamo sì preoccuparti ma mai terrorizzati; siamo rimasti calmi e relativamente tranquilli anche perché non avevamo problemi gravi di respirazione. Non avevamo tosse, nessun sintomo serio. Non ci siamo fatti prendere dal panico e questo è stato fondamentale. Diverso invece è stato per mia mamma…»
Quando avete saputo che non ce l’aveva fatta?
«Il 16 aprile mi hanno comunicato che mia madre era morta. Decisiva, almeno così sembra, è stata questa polmonite acuta che è subentrata a causa del Coronavirus. Del resto quando l’epidemia ha raggiunto le nostre zone il primo pensiero è andato a lei: avevamo paura che, qualora il virus l’avesse colpita, sarebbe stato letale. E così è stato».
Il Coronavirus ha impedito a chi ha perso un proprio caro di celebrare il funerale. Cosa ha rappresentato per voi?
«Fa male. Non abbiamo potuto nemmeno salutarla l’ultima volta. Non vedo mia madre dal 20 marzo. Convivo con la sensazione di averla abbandonata, di non esserle stata accanto nel momento più difficile della sua vita. Di non aver potuto piangere insieme ai parenti. Niente funerale, nessun distacco. Nemmeno la possibilità di un abbraccio con qualcuno che possa confortarti, neanche l’abbraccio di tuo marito che è accanto a te ma non può toccarti. Ma per assurdo non è stata questa la parte peggiore…»
In che senso?
«E’ complicato da descrivere. Quando abbiamo ricevuto la telefonata saranno state le 11 di sera. Ma io e mio marito avremmo pianto sì e no 30 secondi. Questo virus inibisce anche il dolore. Ti catapulta in una dimensione completamente avulsa dalla realtà. L’isolamento ti soffoca, perdi proprio la percezione delle emozioni. Non riesci a razionalizzare nemmeno un lutto, a capire fino in fondo che tua madre è morta. Ho due foto di mamma, una in camera e una in salone: per vie traverse sono riuscita a farmi consegnare due lumini da metterle accanto, perché in teoria, essendo beni non primari, non si potrebbero nemmeno acquistare. Poi è sopraggiunto il dolore ulteriore di dover fare le pratiche del funerale per telefono…cose surreali che vedi in televisione ma che non pensi possano mai capitare a te. E invece succedono e ti ritrovi immersa in questa assurdità»
Voi nel frattempo siete guariti. Quando lo avete saputo?
«Non tutti. Qualche giorno fa la Asl ci ha comunicato che per tre di noi, su otto, il test aveva dato esito negativo. Nello specifico io, mio marito e uno dei figli. A giorni rifaremo altri test per una nuova verifica»
Come avete vissuto la quotidianità di questo incubo?
«Sicuramente la parte più difficile, oltre alla malattia chiaramente, è stato il dover stare separati tra di noi. Vivere cioè a pochi metri l’uno dall’altro ma senza abbracci, baci, o gesti d’affetto. E’ pesante. Non poter stringere tuo marito, non poter stare con lui. Sono stati, e lo sono tuttora, giorni devastanti sotto il profilo emotivo».
Per i tuoi figli come è stato vivere in queste condizioni?
«Anche per loro non è stato facile. Li ringrazio perchè hanno tenuto sempre un comportamento esemplare. Nemmeno una volta hanno messo il naso fuori dalla porta. Da un lato bisogna convivere con i sintomi della malattia, che ti provocano senza dubbio tante paure, dall’altra devi interrompere da un giorno all’altro la tua vita, non devi più vedere il tuo fidanzato o la tua fidanzata. E ti ritrovi chiuso in casa senza poter mai uscire. Dopodomani ad esempio la fidanzata di uno dei miei figli compie 18 anni e ovviamente non potranno stare insieme. Anche queste cose, che magari possono sembrare banali, ti buttano giù emotivamente. Per questo ci siamo organizzati per farle recapitare quantomeno un regalo, un modo come un altro per accorciare le distanze e farli sentire più vicini»
Vuoi mandare un messaggio in conclusione ai lettori?
«Come ho già scritto in un post su Facebook ognuno deve pensare alla propria salute perché solo se tutti stiamo attenti possiamo combattere questo virus. Servirà tempo quindi non prendiamo alla leggera le precauzioni, gli avvertimenti: usiamo mascherine, guanti, disinfettiamo le nostre case, teniamo aperte le finestre, rispettiamo le distanze. Perché il Coronavirus può davvero colpire chiunque»