Il progetto prevede quattro zone di ripopolamento costituite sulla base di tre diversi modelli strutturali: a pozzetti, a tubi e ad assiemi di laterizi ecocompatibili e l’immersione di 61 strutture, dette tripodi, dal peso di 7700 kg ognuna, costituite principalmente da materiale edile ecosostenibile e aventi al loro interno un’anima di acciaio. La struttura finale, che si estenderà per un chilometro quadrato, sarà in grado di dare un significativo contributo al ripopolamento intenso di alcune specie marine nel mare di Torvaianica. È prevista, inoltre, l’installazione di un’apposita boa luminosa, per dare la possibilità ai sub di visitare la zona e assistere allo spettacolo che nel tempo arricchirà i fondali della costa.
Sul tema è in corso un acceso dibattito pubblico: l’amministrazione difende a spada tratta il progetto – proprio questa mattina l’ultima nota tesa a rassicurare i cittadini – ma sono in tanti, come il gruppo di esperti da noi interpellato, a contestarne non solo l’utilità (definendolo oltremodo peggiore delle soluzioni che intende apportare) ma anche il suo essere ormai “superato” e che esisterebbero altre soluzioni migliori e soprattutto a costo zero per le casse comunali.
Il “Progetto Pegaso”, del resto, non è certo dei più recenti: come avrete modo di leggere in quest’approfondimento (uscito peraltro nel numero di novembre dell’ed. cartacea) altre giunte in passato – addirittura quella Zappalà – hanno provato ad approvarlo con fondi comunitari attraverso la Regione ottenendo però sempre un diniego. Oggi allora, sostengono gli esperti, si “aggira” l’ostacolo scegliendo il finanziamento diretto con i fondi comunali (dunque i nostri).
Cosa c’è allora dietro questo progetto? E perché nella nota diramata dall’amministrazione non si fa alcun riferimento al “passato burocratico” di “Pegaso”?
La relazione di Progetto Comune Lab: “Spreco di soldi pubblici per un progetto ‘datato’ e inadeguato”
“Riprendiamo il ragionamento sulla inspiegabile scelta fatta dal Comune di Pomezia di sostenere il ‘Progetto Pegaso’, nonostante le ripetute indicazioni fornite da tecnici esperti del settore che ne segnalavano le evidenti criticità; come pure l’incomprensibile fatto di escludere completamente le altre possibilità validate scientificamente, che consideravano un graduale recupero dell’ecosistema esistente precedentemente ai danni ambientali degli ultimi 60 anni – hanno fatto sapere il gruppo di cittadini che hanno dato vita al “Progetto Comune Lab”, nato per trovare soluzioni, attraverso relazioni di tecnici e professionisti, per il territorio pometino – La scelta è dunque ricaduta su una pianificazione decisamente fuori misura, che seguendo il ‘Progetto Pegaso’, presenterà ineluttabilmente questo scenario: un uso inadeguato dei fondi che produrranno danni ambientali e acquisti in sovraprezzo di comuni cubi ottenuti da stampi di tombini; blocchetti forati e tubi in cemento ordinario; ovvero un obiettivo ambientale completamente scorretto che prevede oltretutto l’impiego di pericolose e pesantissime strutture (tetrapodi) come deterrente antistrascico”. “Un progetto per installare ‘strutture artificiali di ripopolamento ittico’, non dovrebbe assolutamente assecondare “bizzarìe” fini a sé stesse, ma deve necessariamente rispettare il rigore scientifico e i pareri degli scienziati che da anni si occupano di questo argomento”. É l’esordio, già una sentenza, della relazione del gruppo.
“Entrando nel merito della questione, un progetto per la costa di Torvajanica, dovrebbe ripristinare l’ecosistema delle praterie di Fanerogame marine come la Posidonia oceanica e la Zoostera; un patrimonio vitale che nel tratto di mare in questione, è stato completamente distrutto ed estirpato dalla pesca a strascico effettuata con le paranze, a cui si sono aggiunte negli anni, anche le “turbosoffianti” per la pesca dei molluschi bivalvi, che ha determinato un ingente impoverimento della fauna e una importante drammatica concausa nel fenomeno dell’erosione costiera. L’erosione nello specifico, trova ragione nell’annientamento della prateria marine, perché queste oltre ad essere un consolidante dei fondali ed un trattenitore di sedimenti, sono un elemento che condiziona le correnti marine contrastando il rovinoso fenomeno. Purtroppo il Comune di Pomezia nonostante ripetute e puntuali analisi, resoconti ed indicazioni fornite da tecnici esperti del settore, ha deciso di ignorare le evidenze, in favore di un progetto che mina le basi di una possibile “bio remediation”, creando strutture di grande impatto che non risolveranno il problema e impediranno ulteriori azioni tese a rimediare i danni che certamente procurerà il Progetto Pegaso, poiché paradossalmente, si dovranno in seguito demolire e asportare le strutture posate. La domanda è: a quel punto chi si farà carico delle spese di demolizione e di asporto che si renderanno necessarie per l’ulteriore “remediation” ambientale?”
Un progetto sbagliato? Un meet up 5 stelle invita l’amministrazione ad un confronto: “Ripensateci”
Un Meet Up di iscritti al Movimento 5 Stelle, alcuni simpatizzanti, altri cittadini comuni, proprio su questo tema si è svolto verso la fine del mese scorso e ha visto la partecipazione di numerosi esperti del settore, che hanno confermato l’inidoneità del Progetto Pegaso per le coste di Torvaianica. A margine dell’appuntamento è stata elaborata la seconda parte della relazione pubblicata in seguito dallo stesso Progetto Comune Lab che ruota però sempre intorno allo stesso nodo cruciale: “Il Progetto Pegaso è assolutamente da fermare”. Non per questo tuttavia la strada da percorrere deve essere quella dello “scontro” con l’ente, anzi su più fronti è stata ribadita la volontà e l’auspicio di un confronto con la giunta in modo tale di rivalutare le basi (sbagliate?) che hanno portato alla deliberazione del ‘Progetto Pegaso’. Il tutto, ovviamente, nell’interesse del litorale.
Ma quali sono dunque gli aspetti negativi di Pegaso? Secondo Progetto Lab il progetto “tende a stravolgere le caratteristiche ambientali locali. Il materiale utilizzato per questa iniziativa sarebbe scadente, incompatibile con l’ambiente marino e non certificato; non rappresenterebbe l’inizio di un recupero dell’ecosistema da poter ampliare nel tempo, ma solo uno spreco di fondi pubblici, destinato al fallimento ambientale. Presenterebbe – ancora – un sistema di protezione che renderebbe probabile l’insorgere di gravi incidenti da pesca professionale, poiché quando un peschereccio aggancia accidentalmente una delle strutture “tetrapodi” da oltre 8 tonnellate, ‘l’effetto molla’ del traino lo trascina a fondo in meno di 10 secondi. Non supporterebbe poi le attività di pesca e di escursionismo subacqueo, poiché non incrementerebbe significativamente la fauna marina e non presenterebbe soluzioni tecniche per favorire le attività subacquee. Costa più del suo valore, e ai soldi letteralmente buttati si sommerà lo sperpero per bonificare il fondale dalle strutture inidonee e sparpagliate. A questo proposito, diventa importante sapere anche se è stata predisposta una fideiussione bancaria sul ‘Progetto Pegaso a copertura dei costi per la sua ‘eventuale’ asportazione e ripristino”. Questo perché già si sa che un domani, per non creare danni maggiori, dovrà essere rimosso per riportare le cose come stanno adesso? Quindi l’appello conclusivo: “E’ nostra intenzione proporre un dibattito pubblico in cui affrontare gli argomenti e rendere consapevole la cittadinanza che dovrà sostenere i danni di questa operazione, dapprima nelle spese di posa in opera e dopo nel suo recupero dal fondo e nel ripristino ambientale qualora i monitoraggi ne rivelassero i danni”.
Bocciato già due volte ma si insiste
Riassumendo, restano parecchie le perplessità sul tema, perplessità che fanno sorgere diversi interrogativi. Il Comune, come visto, vuole finanziare con 250.000 € di soldi dei cittadini il ‘Progetto Pegaso’; un progetto definito obsoleto dagli esperti interpellati, ‘superatissimo’ in tutti i sensi – questi tentativi, secondo i tecnici, si facevano in via sperimentale decenni fa e sono stati abbandonati per gli scarsi risultati – e con materiale che sarebbe “scadente” e non certificato. A testimonianza di ciò, lo stesso Progetto è già stato bocciato due volte in Regione quando si è provato a finanziarlo con soldi della Comunità Europea: una prima volta addirittura con la giunta Zappalà, quindi con quella De Fusco del primo mandato. E ora, dopo anni, ci si ostina a ripresentarlo, ‘aggirando’ l’ostacolo europeo decidendo di finanziarlo con le casse comunali.
Viceversa, concludono gli esperti, se il Comune avesse scelto di far produrre un progetto di tipologia moderna, quindi efficace e validato scientificamente, e che utilizzasse materiali di qualità e certificati, avrebbe potuto partecipare ai bandi FEAMP (veicolati dalle Regioni mediamente ogni 2 anni – l’ultimo c’è stato 1 anno e mezzo fa e Pomezia ha deciso di non partecipare, perché cosciente che il Progetto Pegaso, così com’era ed è, sarebbe stato bocciato per la terza volta), così che avrebbe potuto ottenere tra i 300 e i 350.000 € dalla Comunità Europea a fondo perduto. Presentando un progetto a norma con quanto richiesto dall’Europa, quindi, si sarebbe potuto avere la soluzione migliore a livello di qualità e a costo zero per i cittadini di Pomezia (e di questi tempi 250mila euro non sono pochi). Da qui la logica domanda: perché, allora, volere testardamente realizzare un progetto datato, inefficace e con materiale scadente anziché percorrere strade più fruttuose? A chi conviene questa ostinazione? Al mare e ai cittadini no di certo…
“Progetto Pegaso”: risponde il Comune
Dopo le polemiche dei giorni scorsi apparse sui social relativamente al Progetto Pegaso – barriere artificiali e zone di ripopolamento ittico nel tratto di costa nel centro di Torvaianica davanti l’approdo dei pescatori – finanziato dal Comune di Pomezia, l’Amministrazione comunale chiarisce.
“Il progetto è stato presentato ai pescatori di Torvaianica a maggio scorso – spiega l’Assessore Riccardo Borghesi – con una risposta più che positiva [Leggi qui —> https://goo.gl/anPzE1]. Il Progetto ha l’obiettivo di implementare la biodiversità marina e impedire la pesca a strascico in un’area di circa 1 kmq antistante il centro di Torvaianica ad una distanza di circa di 4,5 Km dalla spiaggia. Il Progetto Pegaso rispetta il rigore scientifico e i pareri degli scienziati, non solo italiani, che da anni si occupano di questo argomento. Il materiale impiegato per la realizzazione delle strutture è il cemento pozzolanico e soddisfa i requisiti dettati dalla normativa in materia della Regione Lazio. Tale materiale è impiegato in tutte le opere marittime del Mediterraneo e non solo. L’area protetta potrà essere fruibile dai pescatori e dai subacquei: per questi ultimi si è prevista la posa in opera di un sistema fisso di supporto alle immersioni guidate, segnalato da apposita boa luminosa. Ma è necessario puntualizzare che l’obiettivo del progetto non è ‘supportare’ le attività di pesca e di escursionismo subacqueo ma di tutelare la biodiversità marina. Sul valore economico del progetto, tacciato come spreco di fondi comunali, ci tengo a chiarire che è stata fatta un’analisi approfondita degli interventi similari realizzati nel mondo e che sono state scartate quelle tipologie di intervento che hanno comportato l’utilizzo di strutture assolutamente inefficaci e che, a breve distanza di tempo dalla loro posa in opera in mare, sono letteralmente affondate nei sedimenti oppure sono state asportate dalle reti a strascico. Il Progetto Pegaso ha mostrato di poter ottenere dei miglioramenti in particolare per la biodiversità marina: le strutture previste infatti possono contrastare efficacemente una pesca abusiva con reti trainate, possono aumentare la presenza di organismi filtratori e facilitare l’insediamento di specie di fondali. Non è facile ottenere risultati significativi con un modesto intervento, ma è facile verificare che questo tipo di intervento vada nella giusta direzione”.
“Voglio rassicurare la cittadinanza e gli amanti del nostro mare – aggiunge il Sindaco Fabio Fucci – L’Amministrazione comunale sta investendo 250mila euro per un progetto che promuove la biodiversità marina proteggendo i fondali e contrastando la pesca illegale. L’utilizzo selvaggio del territorio lungo la fascia costiera, sia a terra che in mare, ha portato alla distruzione della vegetazione marina. Con l’installazione delle barriere ecosostenibili previste dal progetto vogliamo tutelare il nostro mare, risorsa preziosa della Città di Pomezia. L’Amministrazione è sempre aperta ai contributi dei professionisti, delle associazioni e della cittadinanza, ma non può permettere che si crei allarmismo su un progetto ideato e realizzato da tecnici esperti che non danneggia in alcun modo il nostro territorio, bensì lo valorizza”.
La replica del tecnico Paolo Fiorentini: “Nessuna chiarezza dal Comune”
Il comunicato dell’Amministrazione di Pomezia non ha lasciato indifferente Paolo Fiorentini, tecnico competente in materia di “barriere artificiali di ripopolamento ittico”.
“Leggo con notevole sconcerto la replica del sindaco alle questioni emerse durante il Meetup del Movimento 5 Stelle di Pomezia-Torvajanica, tenutosi lo scorso 24 Ottobre. Sconcerto amplificato dall’ambiguità del comunicato fatto in modo così approssimativo, privo di qualsiasi trasparenza e prodotto per contrastare le legittime preoccupazioni di un gruppo di lavoro che si è riunito per dare un contributo all’Amministrazione Fucci, ritenendo che molto probabilmente il Sindaco in buona fede, fosse stato mal informato da qualcuno interessato a distrarre scorrettamente risorse pubbliche”.
“Vorrei ricordare sommariamente che durante quell’incontro – prosegue Fiorentini – partecipato da sostenitori di M5S, insieme a cittadini interessati all’argomento e operatori del settore marittimo, vennero evidenziate delle criticità molto serie ed attendibili circa l’operazione che il Comune di Pomezia si appresterebbe a concludere per installare delle strutture artificiali in calcestruzzo, di fronte il litorale di Torvajanica, attraverso il famigerato “Progetto Pegaso”; un programma basato su tentativi di “ripopolamento ittico”, superati concettualmente, scientificamente e tecnicamente da decenni e che proprio in ragione di questa chiara obsolescenza, (evidente già 15 anni fa, figuriamoci oggi) è stato bocciato ben 2 volte in bandi Regionali sotto l’Amministrazione Zappalà prima e DeFusco successivamente”.
“Ora senza senza tornar a toccare tutti i singoli punti critici di questa iniziativa, ritengo sia importante da cittadino libero, nel pieno dei suoi diritti e soprattutto pensante, evidenziare l’inammissibiltà della replica a firma di Fucci e Borghese, poiché non contiene alcuna risposta e nessuna spiegazione a questioni fondamentali e determinanti ai fini della correttezza di questo impiego di soldi pubblici.
Possiamo focalizzare in 3 punti molto semplici le questioni rimaste completamente senza una motivazione plausibile; in modo comprensibile per chiunque:
Perché intestardirsi nel voler realizzare con FONDI COMUNALI, un progetto vecchio e lacunoso concepito da Zappalà e proseguito da De Fusco, giudicato in passato inadeguato dalla Regione e dalla Comunità Europea? Forse per proseguire la loro opera?
Perché sperperare soldi delle casse comunali in un progetto bocciato più volte, quando si potrebbero tranquillamente (a colpo sicuro) utilizzare fondi della CE attraverso la presentazione di un progetto moderno e validato scientificamente? Non ci servono i soldi dall’Europa? E non sono sufficienti i debiti già esistenti?
Chi è che si prende la responsabilità dei possibili incidenti derivanti dall’aggancio dei sovradimensionati tripodi antistrascico da parte di un peschereccio o altra imbarcazione? E di quelli possibili attraverso l’incentivazione per i subacquei a servirsi di “apposita boa”, per effettuare immersioni in ambiente a rischio? (facciamo presente che per gli standard delle più accredidate organizzazioni didattiche di sport subacquei, immergersi a 25 metri di profondità, a 2,5 Miglia dalla costa, su una distesa piatta e spesso con visibilità limitata, è da considerarsi come attività a rischio) Dobbiamo forse aspettare che uno dei possibili incidenti si verifichi, per renderci conto delle superficialità di questo “progetto Pegaso”? Perché non prevenire attraverso una buona pianificazione?”
“Naturalmente – conclude Fiorentini – avrei molte domande circostanziate da porre come tecnico del settore, ma ritengo in questa fase sia più importante schematizzare e semplificare il tutto, per far capire al cosidetto “uomo della strada”, quali macroscopiche incongruenze contiene questo “Progetto Pegaso”, che da 15 anni il Comune di Pomezia sta cercando di realizzare attraverso escamotage e sotto il mandato di 3 diversi sindaci… Mah?!…”