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Pomezia, acque sotterranee al deposito di carburanti contaminate: (almeno) 17 anni di inquinamento?

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Doveva essere un incontro dedicato alla promozione del Piano di Emergenza Comunale con la cittadinanza ed operatori del settore ma alla fine si è trasformato in qualcosa di molto di più.

La notizia è la classica bomba “mediatica” le cui ripercussioni sono impossibili da prevedere al momento: le acque sotto il deposito di carburanti sito a Pomezia in Via Cesare Fiorucci in località Santa Palomba sarebbero contaminate. E questo da almeno 17 anni, cioè dal 2001. 

Ma andiamo con ordine. Nel corso dell’incontro di ieri pomeriggio un cittadino ha posto una domanda al Sindaco Fabio Fucci, presente all’evento: “È a conoscenza di un parere dell’Arpa Lazio che parla, circa il deposito Eni, “di perdurante stato di contaminazione della matrice acque sotterranee con presenza altresì di prodotto in fase libera in alcuni punti di monitoraggio interni al sito, oggetto della procedura di Messa In Sicurezza di Emergenza delle falde acquifere (MISE, ndr)?”

“Ne prendo atto solo ora, ci muoveremo di conseguenza con tutte le verifiche del caso”, replica il primo cittadino. Fermiamoci un attimo.

Innanzitutto è bene specificare che il documento cui si fa riferimento sarebbe stato presentato da Arpa Lazio a gennaio scorso nell’ambito di un tavolo tecnico convocato in Regione per discutere dell’approvazione di un impianto di rifiuti inerti proposto dalla società Seipa che dovrebbe sorgere a Pomezia in località Tor Tignosa.

E’ in questo quadro allora che si inserirebbe la valutazione tecnica dell’Arpa che parla di uno stato di contaminazione noto almeno dal 2001, quando cioè, si legge ancora nel testo, la stessa Eni “si è notificata comunicando alla Provincia l’esistenza di una situazione di inquinamento presso il deposito e le misure d’emergenza adottate”. Ma nonostante questo “le attività di autocontrollo condotte periodicamente dalla Società, il cui ultimo aggiornamento disponibile è relativo al mese di ottobre 2016” mostrano una situazione inalterata, con il perdurare dello stato di inquinamento.  

Altri dati, si legge nella relazione Arpa, risalgono al 2010 e si riferiscono alle attività di campionamento svolte dal Servizio Suolo, Rifiuti e Bonifiche (e non a caso la struttura compare nell’elenco dei siti contaminati della Regione Lazio di quell’anno).

E’ opportuno sottolineare comunque che, da quell’ottobre 2016 la situazione potrebbe essere cambiata in quanto al momento non si possiedono ulteriori rilevazioni. Per questo abbiamo deciso di interpellare il Comune sulla questione e siamo in attesa di una risposta ufficiale.

“Questi fatti denotano mancanze molto gravi da parte delle istituzioni locali e Regionali”, accusa l’Associazione No Biogas Pomezia anch’essa presente all’incontro di ieri. “Perché infatti non si è provveduto ad informare la popolazione di tale situazione? Perché, ancora, nell’ambito del procedimento Cogea o degli altri progetti di potenziamento industriale, o, ancora, di impianti per il trattamento di rifiuti, che il Comune di Pomezia intende perseguire nella zona di Santa Palomba questi documenti non sono stati prodotti? Chiediamo allora che tutti questi procedimenti vengano rivisti in un’ottica di sostenibilità e seguendo tutte le cautele imposte dal caso”.

 

 

 

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