Torniamo a parlare della vicenda riguardante le nove palazzine ubicate in Via Almirante e Via Pino Romualdi, nella parte sud-ovest della città di Pomezia. Nell’ambito del processo penale tutt’ora in corso, svoltosi in udienza lo scorso 18 ottobre contro i consigli di amministrazione di due cooperative edilizie che hanno operato a Pomezia, previa stipula di convenzione edilizia con il Comune, la Antica Lavinium e la Marina, si è discussa di tutta una serie di eccezioni sollevate dai difensori degli imputati. ù
La vicenda, ricorderete, ha provocato sin qui ripercussioni ad ogni livello negli ultimi anni: sul piano politico coinvolgendo l’ente locale (e più amministrazioni nel tempo) e, successivamente, anche la Regione Lazio che nominò perfino un commissario per far luce sulla vicenda (non vennero però trovate ulteriori irregolarità nel comportamento posto in essere dalla passata amministrazione, ndr); sul piano “privato”, invece, sotto la lente dei giudici sono finiti i vertici delle cooperative: secondo il Gip di Velletri infatti questi ultimi avrebbero fatto pressioni sui querelanti (ammessi nella coop tra il 2006 ed il 2009, ndr) – che, al contrario, sarebbero stati all’oscuro di tutto – affinché acquistassero un immobile non in regola e a un prezzo diverso da quello stabilito dalla convenzione nonché nell’accordo sociale.
Ecco allora spiegata l’imputazione a carico delle tre persone che oggi si sta dibattendo in aula, ovvero quella di aver“dolosamente taciuto le ragioni dell’illegittimità dei permessi a costruire del Comune di Pomezia”. Ed ora le parti civili vogliono andare a fondo: allo studio anche azioni legali per ottenere dal Comune di Pomezia il risarcimento dei danni subiti e subendi da questa annosa vicenda.
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