Dati falsati durante i test e cattiva conservazione dei vaccini. La denuncia contro la Pfizer arriva da Brook Jackson, ex dirigente della Ventavia Research Group, organizzazione di ricerca impegnata nelle prime sperimentazioni del farmaco anti Covid. Tutto è documentato sull’autorevole rivista medica britannica BMJ. La Jackson è stata per un breve periodo direttore regionale del gruppo di ricerca texano Ventavia. Nell’estate 2020 ha cominciato i trial clinici per la sperimentazione del vaccino Pfizer contro il Covid-19. E in questo tempo ha scoperto diverse irregolarità.
Pfizer, dati falsati durante i test: “Risultati non veritieri”
Jackson ha riscontrato diverse problematiche nelle metodologie di conduzione dello studio: dalla falsificazione dei dati alla non adeguata preparazione degli impiegati che somministravano il vaccino. Ma anche la violazione delle procedure che avrebbero garantito lo svolgimento in cieco dello studio. Con il termine “in cieco” si definiscono quegli studi condotti senza che il paziente che si è prestato alla sperimentazione sappia se sta ricevendo il medicinale o il placebo. Così è garantita l’autenticità dei risultati. L’efficacia dello studio aumenta quando condotta “in doppio cieco”, ovvero quando nemmeno il ricercatore sa quale delle due sostanze sta somministrando.
I problemi nei laboratori
Alcune foto mostrano diffuse dalla Jackson mostrano l’inadatto smistamento degli aghi usati: gettati in sacchetti di plastica per rifiuti biologici (col rischio di bucarli e ferire il personale). In altre immagini si vedono i materiali di imballaggio del vaccino con i numeri di identificazione dei partecipanti alla sperimentazione scritti sopra e lasciati incustoditi. Da qui il pericolo di compromettere lo studio in cieco. Tra le irregolarità registrate da Jackson ci sono poi la cattiva conservazione dei vaccini a temperature non idonee, errori nell’etichettare i campioni di laboratorio. Ma anche il non monitoraggio da parte del personale medico dei pazienti che avevano subito l’iniezione, oltre al mancato follow up di coloro che avevano sperimentato reazioni avverse.