“I ragazzi alla ribalta delle cronache sono stati anche da me, era una sera d’inizio estate. E’ stata una mezz’ora, sul tardi, e non è successo nulla di particolare. Eppure, tutti i presenti, quella mezz’ora se la ricordano bene. Anzi, ne ricordano bene i primi dieci minuti, quelli sufficienti a fargli passare la voglia di restare” – inizia così il post di Stefano Sorci, il titolare di un ristorante a Giulianello, poco distante da Artena. Un post pubblicato su Facebook condiviso in pochissimo tempo da migliaia e migliaia di utenti.
Stefano non fa i nomi, ma il pensiero quando parla dei ragazzi alla ribalta delle cronache va subito agli stessi che ora sono accusati di omicidio preterintenzionale in concorso per la morte di Willy, il 21enne pestato a morte quella tragica notte tra il 5 e il 6 settembre.
“Sono scesi in 5 col classico atteggiamento spavaldo di chi a 25 anni gira col Suv, in gruppo, coi capelli tinti, le catena al collo, i vestiti firmati, i bicipiti tirati a lucido e le sopracciglia appena disegnate. Quando fai il mio lavoro da anni – prosegue Stefano – ti accorgi che su quella storia dell’abito e del monaco qualcun ci ha ricamato sopra allegramente”. Poi il racconto vivido di quella sera: “E’ calato subito il silenzio, sono stato costretto ad alzarmi quando ho sentito un poco promettente “chi è che comanda qua dentro”?, detto dal primo che si era affacciato alla porta. Sono andato verso il bancone senza neanche rispondere, mentre loro mi seguivano dicendo “ah, ecco, comanda lui, è questo qua”. Poi è iniziato il giro di strette di mano, di quelli “ci tengo a dirti chi sono e devo capire chi sei tu”. Hanno iniziato a fare mille domande, prima sugli orari di apertura di tutti i locali del paese, poi sulle birre, sul modo in cui si lavano i bicchieri, sulla quantità della schiuma”. Stefano racconta di un’atmosfera pesantissima: ‘Ho visto con la coda dell’occhio tutti i tavoli fuori svuotarsi, le persone buttare un occhio dentro e andar via, e, mentre cercavo di rispondere alle domande, loro hanno iniziato a fare una gara di rutti sopra la mia voce a cui non ho reagito in nessun modo. Non contenti del mio restare impassibile, hanno proseguito la provocazione iniziando a rimproverarsi a vicenda “non si fa così, non ci facciamo riconoscere, se ruttiamo poi sembra che manchiamo di rispetto a lui che domanda! Dobbiamo chiedere scusa”.
Stefano ha fatto il suo lavoro, non si è piegato alle provocazioni. ‘Hanno bevuto, hanno fatto casino, hanno brindato, hanno ruttato, e sono ripartiti sgommando col Suv’.
Stefano racconta di essere tornato a casa, di essersi tranquillizzato soli lì e di aver sperato di non incontrarli più. Poi la stima per Willy, per il suo coraggio. Il pensiero del giovane va alla società: ‘Siamo tutti figli di una società, ma soprattutto siamo tutti figli, e la società la facciamo noi. Chiudiamo la bocca e apriamo le orecchie, magari troveremo anche il tempo di leggere un buon libro, potremmo continuare ad aver paura ma essere comunque dei piccoli eroi’.
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