Dopo il caso della piccola nata, il 14 Gennaio scorso, nella sua casa, a Pomezia, in modo precipitoso, ci siamo chiesti cosa vuol dire, oggi, invece, partorire a casa per scelta. Un tempo questo avvenimento non avrebbe, infatti, suscitato sgomento o spavento, perché partorire tra le mura di casa, assistiti dall’ostetrica della zona e/o dalle altre donne della famiglia, era la consuetudine.
Gli anni, però, ci hanno portato a considerare questo un evento straordinario, seppur naturale, destando interrogativi e scetticismo verso questa scelta.
Consapevoli che il parto è un momento così particolare e delicato, che ogni coppia dovrebbe poter ricordare come un momento di felicità, per la nascita del proprio figlio, non entriamo nel merito della validità di una scelta piuttosto che di un’altra, ma vogliamo semplicemente raccontare qualcosa che non è più così consueto.
Poco prima di Natale infatti, sempre a Pomezia, è nata a casa un’altra bambina. Un parto casalingo voluto, programmato, grazie all’assistenza di due ostetriche e di un ambiente attrezzato per l’arrivo della piccola.
“Dalla 37esima settimana le ostetriche venivano a casa per seguire l’andamento della gravidanza – ci racconta la mamma di E. – In casa avevo tutta l attrezzatura che normalmente si trova in una sala parto ospedaliera”.
Le partorienti vengono seguite dalle ostetriche, almeno due, in modo personalizzato.
“In questo modo mi sono lasciata alle spalle la brutta esperienza del primo parto – ci racconta la donna – dove troppe cose non sono andate come dovevano e durante il quale ho vissuto quello che ormai viene definito ‘abuso ostetrico’”.
Anche l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), riconosce, previene e lavora per eliminare quello che viene definito come l’ abuso e la mancanza di rispetto della donna e del suo corpo, durante l’assistenza al parto, presso le strutture ospedaliere, con modi irrispettosi e abusanti quali: l’abuso fisico diretto, la profonda umiliazione e l’abuso verbale, le procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione), la mancanza di riservatezza, la carenza di un consenso realmente informato, il rifiuto di offrire un’ adeguata terapia per il dolore, gravi violazioni della privacy, il rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere, la trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che “la donna deve avere la possibilità di partorire in un luogo che sente sicuro, in cui sia possibile fornire assistenza appropriata e sicurezza. Per donne con gravidanze a basso rischio, tali luoghi posso essere la casa, le case maternità, gli ospedali” (Care in Normal Birth: a Practical Guide, Report of a technical Working Group, WHO Publication no. WHO/FRH/MSM/96.24, Geneva).
Non solo, anche il Parlamento Europeo, con la risoluzione A2 – 38/88 (Carta Europea dei diritti della partoriente), considera tra i diritti della partoriente che sia assicurata “l’assistenza adeguata qualora venga scelto il parto a domicilio, compatibilmente con le condizioni psicofisiche della partoriente e del nascituro e con le condizioni ambientali”.
Partorire in casa, quindi, è diventato ormai un diritto sancito nell’ambito della libertà di scelta sulla propria salute ed anche il nostro sistema sanitario riconosce questo diritto, tanto da fornire rimborsi ed agevolazioni per chi opta per questa scelta, in modo differenziato però da Regione a Regione e, a volte, da Provincia a Provincia.
Nel Lazio, ad esempio, è previsto il rimborso parziale. Detto ciò, quello che ci preme di più è capire: quanto è pericoloso partorire in casa? Una ricerca su 24 mila donne (Olsen O., Meta-analysisi of the safety of home birth, pubblicato in Birth, 1977 Mar, 24) evidenzia che il parto in casa è sicuro come quello in ospedale.
Secondo questo studio il parto in casa è una alternativa sicura per donne selezionate, che riduce gli interventi medici inutili su donne e bambini sani (episiotomia, accelerazione del parto, ecc.). Donne selezionate,perché, ricordiamo, non tutte le future mamme possono partorire a casa con tranquillità.
Solo le donne definite “a basso rischio” possono partorire in casa e nelle Casa Maternità, perché in questo caso la probabilità che avvenga un’ emergenza è estremamente rara. Sono tanti i fattori che vengono presi in considerazione dalle ostriche specializzate in parto domiciliare: la storia della donna, gli esiti di eventuali precedenti parti, la condizione di salute di base della mamma e del nascituro.
Esiste una valutazione iniziale delle condizioni di salute della partoriente, ma la decisione finale viene presa alle fine della gravidanza.
“Per poter vivere questa esperienza – ci spiega ancora chi l’ha vissuta – devi arrivare a termine di gravidanza in buona salute ed il bambino deve essere cresciuto bene ed essere in posizione cefalica, inoltre, il travaglio deve iniziare in modo spontaneo”.
Ma cosa accade quando qualcosa comincia a non andare nel verso giusto? Se arriva l’ imprevisto? ”
È una delle prime domande che ci si pone quando ci si avvicina a questa scelta – ci dice – Al parto sono sempre presenti due ostetriche, sia a casa che in una casa maternità, inoltre, – continua – appena si entra nel vivo vengono allertati l’ospedale di riferimento, per noi il S. Eugenio (la struttura non deve essere lontana più di 20 minuti dalla casa) ed un’ambulanza, pronta a partire se fosse necessario un trasferimento”.
Ma quanto ci costa questa assistenza? Su internet troviamo il sito dell’ Associazione Nazionale Culturale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità nata nel 1981. Secondo quanto riportato dall’ associazione “il costo del parto è circa di duemila euro, ma il prezzo può variare in base alle tariffe delle diverse equipe”.
Insomma, l’ argomento è sicuramente interessante. La scelta di un parto naturale non medicalizzato desta interrogativi, obiezioni, ma anche la curiosità e la voglia di vivere un’esperienza naturale e familiare.
La pratica è ancora poco diffusa in Italia, anche se diversi genitori hanno deciso di intraprendere questa scelta, pratica di certo più nota nel nord del nostro paese e, andando oltre confine, più diffusa in Nord Europa.
Quello che sappiamo è che la piccola E. sta bene e ne per lei ne per la mamma si è reso necessario il trasferimento in ospedale. Come previsto, il nascituro viene visitato da un pediatra, che deve recarsi a casa per accertarne le buone condizioni di salute. “Rifarei questa scelta altre mille volte – conclude la mamma prima di salutarmi”.