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Morra, passatella e altri giochi “de ‘na vorta” a Roma

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I romani coltivano da tempi immemori una passione viscerale per il gioco. Lo stesso Ottaviano Augusto, il primo imperatore della città eterna, era un grande patito di alea, uno svago simile al backgammon che mischiava caratteristiche della dama e dei dadi. Ne Le vite dei Cesari lo storico e biografo romano Svetonio descrive in più di un’occasione l’imperatore impegnato nel suo passatempo preferito. Un’abitudine mai nascosta pubblicamente e della quale pare andasse anche particolarmente fiero considerando che sempre secondo Svetonio, nelle sue sfarzose cene i convitati venivano riforniti di sesterzi per intrattenersi, senza timori di perdite pecuniarie, con gli altri commensali. Anche Claudio era un altro grande virtuoso del tavolo da gioco. Tale era il suo fervore negli alea (un vezzo ereditario della dinastia Giulio Claudia) che per intrattenersi anche durante i viaggi, fece montare sul proprio carro uno speciale tavolo con un sistema basculante che permetteva di giocare tranquillamente a dadi durante il tragitto anche in caso di sbalzi e terreno dissestato.

L’Apokolokyntosis, lode funebre dai toni satirici incentrata sull’arrivo nell’aldilà di Claudio composta da Lucio Annea Seneca (altro celebre filoso e drammaturgo romano), pone nel suo epilogo un imperatore che nell’Ade gioca a dadi per l’eternità. L’autore del testo essendo stato condannato all’esilio dallo stesso Claudio, immagina per il protagonista una sadica condanna che sa di legge del contrappasso (e anche di vendetta personale nei confronti del responsabile del suo allontanamento da Roma) visto che gli dei costringono il trapassato a giocare con il suo liberto Menandro, disponendo tuttavia unicamente di un barattolo forato sul fondo.

L’avventura millenaria del gioco si è trasferita oggi nel web dove spopolano sale da poker online, dove è possibile anche ripassare il valore delle mani di poker e partecipare a tornei di hold’em e casinò che offrono slot e tavoli di blackjack simili ai moderni videogames. Nonostante ciò ad oggi alcune manifestazioni tradizionali cercano di mantenere vivo il ricordo dei vecchi giochi romani come la Festa de Noantri che ogni anno a Trastevere cerca di far rivivere una Roma sparita inghiottita dalla nevrosi dei tempi moderni.

Tra Playstation e cellulari l’epopea dei giochi da tavola sembra giunta al capolinea ma fino a qualche anno fa, frequentando i rioni storici della Roma popolare (Monti, Testaccio e Trastevere in particolare), non era infrequente imbattersi in tavolate di arzilli vecchietti intenti a smazzare.

Del resto l’abitudine di giocare a Roma non è mai decaduta e riuscì a sopravvivere alla fine dell’impero e soprattutto alle censure della fede cattolica che volle trasformare la Capitale nel nuovo centro spirituale del mondo cercando di moderare – con scarso successo – la smania di divertimento dei cittadini della città eterna.

Sebbene infatti i divieti e i bandi di numerosi Papi imposero multe e talvolta anche punizioni corporali per i giocatori colti in fragranza di reato, i romani continuarono ad intrattenersi senza troppi patimenti d’animo e nel frattempo all’ombra del Colosseo intorno al 1400 iniziarono a diffondersi anche le carte. Dato che all’aperto il rischio di incontrare la guardia pontificia era alto, le osterie divennero il luogo d’elezione per questo genere di intrattenimenti.

A tal proposito vale la pena citare la celebre scena del film Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli dove un Alberto Sordi in versione nobile dell’ottocento gioca una memorabile partita a carte con dei popolani. Quando il Marchese scopre che uno dei partecipanti cerca di barare in combutta con un compare, l’alterco sfocia in un duello al coltello tra Ricciotto (l’aiutante del Marchese cinematografico interpretato da Giorgio Gobbi) e il baro. Confronti di questo genere non erano del resto così infrequenti e le liti in osteria terminavano spesso in cruenti corpo a corpo a colpi di tre scrocchi, il temibile coltello romano che prende il nome dal suono del meccanismo di apertura della lama. A proposito di bari, vale la pena citare l’omonima serie di dipinti di Michelangelo Merisi in arte Caravaggio. L’artista di origini milanesi era un amante dello Zarro e a questo antenato del poker dedicò ben due tele. Il Merisi era di casa a Roma prestando la sua arteall’abbellimento del patrimonio di Pietro e spesso i proventi per i suoi servizi venivano messi in gioco sui tavoli delle osterie. Pare che all’origine dell’allontanamento dell’artista da Roma dovuto all’omicidio di Ranuccio Tomassoni del 1606, vi fosse proprio un alterco collegato ad una partita a carte finita “in cagnara”.

La Passatella (conosciuta anche come Padrone e Sotto) era un altro intrattenimento tipico dell’osteria. Le sedute di questo gioco ruotavano intorno a litri di vino che circolavano tra i partecipanti agli ordini del capo e del sottocapo. Queste due figure estratte a sorte o decise di comune accordo assegnavano ai giocatori i bicchieri da bere ad ogni turno (o passatella). Lo scopo del gioco era quello di lasciare un partecipante all’asciutto che finiva per diventare l’ormo (o farsi ormo), trasformando nello zimbello della serata oggetto di burle e sberleffi. Anche in questo caso, ça va sans dire, gli sfottò tra i partecipanti (spesso alticci) potevano trascendere in furibondi confronti per lavare l’onta “dell’ormo di turno”. L’andamento “fumantino” della Passatella viene egregiamente rappresentato in un altro film dedicato alla Roma d’antan, quel Er più: storia d’amore e di coltello di Sergio Corbucci con Adriano Celentano nei panni di Romeo Ottaviani, detto er Tinèa, il più di Trastevere che a cavallo tra fine dell’ottocento e primi del novecento fu protagonista della scena bullesca romana. Altro svago tipico della Roma “de na vorta” era la Morra. Un gioco molto semplice dove due partecipanti si confrontano vibrando con le dita di una mano dei numeri da due a cinque accompagnando al gesto delle cifre (da due a dieci) dichiarate a voce. Stabilito all’inizio della partita un punteggio per la vittoria, il partecipante che a voce indovina il risultato della combinazione derivante dal conteggio complessivo delle dita riceve un punto. Nel caso in cui entrambi i partecipanti azzecchino il risultato, la giocata viene dichiarata nulla. Vince chi per primo raggiunge il punteggio prestabilito. Intrattenimenti dal sapore antico che regalano un’immagine romantica, seppur sbiadita e opaca, di una città vivace e viva che non ha mai abbandonato la voglia di divertirsi.

 

 

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