«Chi non è soddisfatto di ciò che ha, non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera»
Socrate
Un disagio frequente
Normalmente l’insoddisfazione è un segnale che indica che qualcosa non va, ci avverte che dobbiamo modificare la rotta per raggiungere appieno i nostri bisogni. Capita a tutti di sentirsi infelici in particolari momenti della vita, quando le cose non vanno come vorremmo e la delusione ci fa cadere nel baratro dello sconforto: desideri inappagati, bisogni non soddisfatti e senso di frustrazione costante.
Il termine «soddisfazione» deriva da «sazio» e proprio di questo si tratta, dell’appagante sensazione di aver mangiato a sufficienza. Perché alcune persone che sembrano avere tutto dalla vita si mostrano sempre scontenti?
Malessere non definito
Quando la sensazione di malessere diviene costante ci troviamo di fronte all’insoddisfazione cronica e i sintomi frequenti sono: demotivazione, apatia, cattivo umore, noia e mancanza di interesse, stanchezza mentale e fisica, pensieri negativi.
Una condizione psicologica difficile da definire e per tale motivo siamo spinti a darne colpa al partner o al non avere un partner, al lavoro o alla mancanza di lavoro, alla famiglia, alla quotidianità o al destino crudele che si accanisce contro di noi.
Insomma, l’insoddisfazione ci mette nella condizione di dover aspettare che qualcosa arrivi per renderci pieni e sereni… ma poi, non sappiamo esattamente cosa.
Nuovi modi di vivere, nuovi bisogni
I vecchi stili di vita non sono più applicabili alla società odierna, nessun bambino sembra divertirsi per lungo tempo con le costruzioni di legno, e noi adulti ci annoiamo presto davanti ad un panorama. «Eppure» viviamo in case calde, abbiamo l’acqua corrente e siamo circondati dalla tecnologia a partire dal semplice microonde.
Anche i social fanno la loro parte, nelle foto felici degli altri, nei messaggi d’amore urlati ai quattro venti. «Eppure», dietro quel profilo esiste gente infelice.
«Eppure» questa parola torna spesso: quante volte la diciamo?
Perché nasce l’insoddisfazione cronica
La radice dei nostri malesseri va ricercata nel passato, nelle esperienze della nostra crescita. Tuttavia ci sono una serie di atteggiamenti che inconsapevolmente mettiamo in atto, e riuscire ad individuarli può esserci d’aiuto per poter modificare un comportamento disfunzionale.
– Le parole:
i termini del nostro vocabolario personale devono essere rivisti. Come ben sappiamo le parole formano i pensieri, e ripetersi quel «eppure» rimanda alla psiche sensazioni negative e di scontento.
– Incapacità di godersi il momento:
mentre siamo a cena non ci concentriamo sul presente ma pensiamo al dopo, postiamo foto, organizziamo il lavoro per domani e non ci viviamo il «qui ed ora». A fine serata ci sentiremo stanchi e svuotati.
– Rimandare:
la lunga attesa del «qualcosa di meglio deve ancora accadere» ma chi l’ha detto? ingabbiare la felicità al domani serve solo a rimandarla all’infinito.
– Aspettative non verbalizzate:
aspettarsi che gli altri ci rendano felici, senza esternare chiaramente i propri desideri e pretendendo che il mondo comprenda.
– Non accontentarsi mai:
ogni esperienza ci serve per crescere, anche quella più insignificante un giorno ci tornerà utile. Non sempre serve adrenalina a palla per sentirsi vivi.
– Restare nelle vecchie sensazioni:
capita spesso di pensare al passato confrontandolo con il presente, ma le sensazioni non potranno mai essere uguali. Un amore maturo non potrà dare le stesse emozioni di quello adolescenziale; i pensieri del lavoro, la casa e tutto il resto non ci permettono di passare ore sospirando davanti alla foto del nostro innamorato!
Ruminazione:
restare attaccati agli eventi passati con rabbia, bloccati nel «poteva andare diversamente». È andata così, prendiamoci il meglio e continuiamo a camminare.
– Pensare in grande
partire da ciò che si ha significa accettare ciò che siamo, la consapevolezza delle proprie risorse ci permette di utilizzare al meglio gli strumenti di cui disponiamo.
– Non voler rinunciare a nulla
pretendere di avere tutto senza rinunciare a qualcosa è utopia, qualsiasi scelta facciamo comporta l’abbandono di schemi mentali e di vita precedenti.
Interrompere il corto circuito
La scontentezza alimenta il malessere che produce tanti pensieri negativi e peggiora il nostro umore.
Per spezzare il circolo vizioso dobbiamo aprire gli occhi e prendere consapevolezza dei nostri comportamenti sbagliati, la sincerità verso noi stessi è il primo passo per vivere nel benessere profondo.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno