Un gattino morto di fame mercoledì al Punto di Primo Soccorso della Muratella di Roma è stata la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
La foto della microscopica creatura con gli occhi ancora chiusi – postata su Facebook dagi stessi operatori del gruppo AVCPP (Associazione Volontari del Canile di Porta Portese) – è bastata a scatenare il finimondo.
Da un lato le reazioni del popolo del web, dall’altro i “botta e risposta” e le interminabili polemiche – tuttora in corso – di volontari e attivisti.
Portato a Muratella il 16 Luglio 2018, con ferite alle zampe anteriori e palaschitosi (rottura del palato), il candido micino non era stato neanche immatricolato.
Cosa hanno fatto fino ad oggi i 3 terapisti Asl – pagati con soldi pubblici – per somministrare agli ospiti, cani e gatti ricoverati presso il canile sanitario, e la dirigente Laura Maragliano per affrontare la situazione? – si sono domandati in tanti.
Gli operatori passano più tempo nelle aree di ristoro che nelle aree di degenza, è stato scritto tra i commenti al post da una volontaria. Accuse pesanti, che lasciano poco spazio alle giustificazioni.
“Non ne hanno disposto il necessario ricovero in una clinica veterinaria h24 per farlo allattare e curare (visto che il PPS fa orario d’ufficio). Non hanno allertato volontari ed associazioni attive a Muratella per cercare una balia che potesse prendersene cura e tantomeno se lo sono portato a casa per allattarlo, come facevano gli ex-terapisti del settore gatti – denuncia Antonio De Simone – vice-Presidente dell’AVCPP – Si sono limitati a metterlo in un gabbione di degenza, con una mamma che allattava un piccolo di pochi giorni, e altri 2 gattini di 2 mesi non vaccinati, nella speranza (!) che nonostante il palato rotto e le zampe doloranti e fasciate, si attaccasse da solo alla mamma in allattamento. E se ne sono andati tutti a casa”.
Due giorni dopo il gattino è morto. Morto di fame. Di incuria. Di negligenza.
Il grave episodio della morte del micino purtroppo non è l’unico.
il giorno dopo una gatta è deceduta per la rottura della vescica.
“Muratella non dispone di sufficiente strumentazione – sottolinea il vice-Presidente dell’AVCPP – Nessun ecografo e neppure l’EGA, emogas che permette di misurare le pressioni parziali dei gas arteriosi e il pH del sangue. Non possiamo neppure eseguire esami del sangue in loco. I campioni prelevati devono essere inviati ad un laboratorio esterno, allungando di molto i tempi di diagnosi e cure delle patologie – continua de Simone – Gli stessi apparecchi radiografici non sono sempre funzionanti e disponibili”.
Ha voglia di parlare Antonio De Simone, ha bisogno di sfogarsi, di vuotare il sacco. Non teme più nulla e va a ruota libera.
“Non ce la facciamo più – dichiara – non possiamo andare avanti così! La Dirigente dott.ssa Maragliano, alla quale abbiamo segnalato ripetutamente i nostri disagi, non solo non ha mai dato seguito alle nostre richieste, ma ci accusa di non capire nulla! Una bailamme che va inevitabilmente a detrimento dei poveri animali!”
Ed è su questo preoccupante scenario che si innesta in questi giorni la pubblicazione del bando per i canili romani. Un bando generoso nei costi – ben 5 milioni di euro! – affermano i rappresentanti del Comitato Animalista Ambientalista di Roma – forse troppo. Ciò che dà adito a molti dubbi sull’amministrazione delle risorse finanziarie a Muratella. Il bando, nella forma e nella sostanza, preoccupa gli animalisti perché, a parte le tempistiche (pubblicato in piena estate), taglia di fatto fuori – con il requisito di un bilancio minimo di 1 milione di euro nell’ultimo anno – tutte le piccole e grandi Onlus a favore di grossi imprenditori e società il cui obiettivo primario non è certo il bene degli animali.
Rosanna Sabella