Seguiva la scuola forense napoletana di De Marsico e Porzio
Per la scomparsa dell’avvocato Giovanni Battista Cozzo doppia commemorazione funebre: lunedì 11, la celebrazione nella chiesa San Michele Arcangelo di Aprilia, sua città di adozione, e mercoledì 13 a Pantelleria nella chiesa di San Francesco in contrada Khamma (che ha dato i natali al professionista).
Due comunità scosse e addolorate gremivano le due chiese a distanza di oltre 1000 chilometri per la morte di uno degli avvocati più importanti e noti del sud Pontino e dell’isola siciliana, avvenuta venerdì alle ore 19,30 presso la Clinica Pio XI di Roma.
Dietro a tanto seguito e tanta costernazione vi sono la stima e l’affetto per Giovanni Cozzo, uomo generoso e amabile, simpatico e intelligente capace di entrare nel cuore di chiunque lo conoscesse anche per poco tempo. Era di quelle persone rare, capaci sempre della giusta parola, del giusto gesto e difficilmente si trovava in contrasto con qualcuno, perché, come spiegava qualcuno intervenuto durante la messa, sapeva cogliere anche in un avversario o in un cliente difficile, il lato giusto e valorizzarlo, insomma un nobile diplomatico.
In effetti, l’avvocato Cozzo aveva questa ambizione, inizialmente: la carriera di ambasciatore.
Nasceva nella incantata Pantelleria il 22 dicembre 1933, e vi cresceva anche con le difficoltà del dopo bombardamento simulato dagli Americani che rase al suolo il centro isolano, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Studi liceali in collegio tra Trapani e Erice, nel 1960, appena laureato in Scienze Politiche a Palermo, lasciava definitivamente l’isola, dopo gli anni vissuti a Londra e a Parigi per essere padrone delle lingue e raggiungeva la Roma delle chimere e delle speranze con un bagaglio semplice ma imponente, contenente 4 indumenti che non ha mai dismesso: tenacia, audacia, studio e nobiltà.
Mentre alla Farnesina cominciava a farsi un nome per realizzare il sogno di diventare un diplomatico, sposava l’eterna fidanzata Anita per ricevere due figlie Rossana e Marina, e, insegnando lingue straniere alle Giuseppine di Albano, acquistava un terreno che trattorava durante i ritagli delle lunghe giornate di lavoro. Ma le ore notturne non le dedicava al meritato riposo, bensì allo studio di giurisprudenza, perché intanto gli balenava l’idea di dirottare le tue capacità verso una professione che non lo portasse lontano da casa: l’avvocato.
Cavalcava le aule di tutti i Tribunali di Italia riscontrando sempre successi nei processi e stima inalienabile di magistrati e avversari che affrontava sempre con eleganza, preparazione e simpatia, insomma come avrebbe detto lui, con stile.
Tra le innumerevoli cause penali, che lo hanno visto come attore-protagonista, con le sue arringhe da vecchia scuola forense di Porzio e De Marsico, cui egli si ispirava:
alla fine degli anni ’80 l’avvocato difendeva A.S. per il matricidio, avvenuto nell’abitazione di via dei Laurei di Aprilia -15 coltellate inferte nel corpo di una madre. La seminfermità dimostrata dal difensore ha scampato il reo dall’ergastolo. Poi vi fu l’infanticidio di Artena commesso da un nonno S.S. che voleva proteggere il decoro della propria figlia, con il favoreggiamento di quest’ultima e della moglie. Nel ’98 difese con grande successo professionale S.A., che dopo aver ucciso la propria fidanzata sulla Via Campoleone-Cisterna, infierì sul suo corpo investendolo ripetutamente con l’autovettura. Anche in questi ultimi tempi, il legale inondava le cronache giudiziarie con difese come l’equipe medica del Centro di Emodialisi di Aprilia, denunciata per il contagio di epatite virale; poi la “pequita guitarra” di Picasso contesa tra un imprenditore di Pomezia e gli eredi di un museo storico del Nord Italia: la bilancia della giustizia ha dato ragione al primo, difeso dall’avvocato Cozzo; da pochi mesi l’ultima vittoria con l’assoluzione con formula piena di un medico della ASL di Aprilia. E la sua carriera lavorativa ancora continuava, con altri processi da preparare e curare, se non fosse stato per…
La sua personalità, la sua generosità e affabilità, il suo attaccamento al lavoro, alla sua professione di giureconsulto erano formidabili e di esempio: lucido, pronto e preparato fino agli 82 anni compiuti con eleganza innata, insomma con stile.
M. C.