Home » News » L’aggressività del passivo: una trappola invisibile

L’aggressività del passivo: una trappola invisibile

Pubblicato il

La trappola invisibile
Vi è mai capitato di avvertire aggressività da parte di qualcuno che si mostra sempre calmo e gentile? Di sentirvi sotto pressione e attaccati, in totale assenza di discussione? Addirittura di modificare le scelte, pur di non avvertire quello strano peso emotivo?
Si tratta del comportamento “aggressivo passivo” messo in atto dai genitori, dal partner, dagli amici, e da ogni tipo di relazione emotiva.
Avere a che fare con questi soggetti sul lungo termine può creare veri e propri disagi alla nostra vita, ne siamo influenzati inconsapevolmente: veniamo gestiti come dei burattini, anche se non vediamo i fili e chi li muove.

Chi è l’aggressivo passivo?
In genere è una persona lamentosa, vittima degli eventi negativi, fragile e in continua richiesta di attenzione e protezione. All’apparenza disponibile, raramente al centro di litigi e con la lacrima facile per un mondo cattivo.
Ci si chiede: ma dove nasconde la rabbia?
Ebbene, la rabbia c’è e pure tanta, ma viene intenzionalmente camuffata perché? Perché “i bravi bambini non si arrabbiano, fanno i bravi” ed è così che si percepisce l’aggressivo passivo: buono.

Come agisce?
Chi mette in atto comportamenti passivo-aggressivi assume il ruolo di martire, e considera la reazione dell’altro come problematica: “è colpa tua se ora io sto male”.
La prima arma di difesa è il broncio e la chiusura della comunicazione, se non per lanciare frecciatine ciniche e cattive, la situazione diventa pesante e insostenibile ed è quello l’obiettivo: far sentire l’altro colpevole e non meritevole di attenzione.
Tipicamente negativo e pessimista, cova un senso di insoddisfazione di fondo, inoltre, manipola le persone vicine al fine di non farle andare via e ottenere sicurezza e protezione: può segretamente godere nel sentirsi “servito” in quanto questo gli dà un senso di potere.

Cosa fare
Chi agisce aggressività in maniera passiva non ci da modo di poter chiarire, o affrontare dinamiche emotive, poiché come già descritto all’inizio dell’articolo, tende ad evitare la comunicazione attraverso lunghi silenzi pieni di “orgoglio”. Chiaramente si rende difficile l’affrontare la problematica, e si protrae il malumore generale alzando muri infiniti.
L’unica via d’uscita è la consapevolezza, capire che abbiamo di fronte una persona che prova tantissima rabbia ma non sa esprimerla, o non vuole per paura di essere giudicata.
Se abbiamo a che fare con un familiare proviamo a non considerare troppo i mutismi prolungati, se invece si tratta di partner o amici, allora sarà il caso di rivedere quei rapporti e forse, decidere di chiudere.
Non siamo i salvatori di nessuno e non siamo chiamati a modificare gli altri, purtroppo dietro queste dinamiche ci sono figli che non riescono a lasciare la casa dei genitori e si ritrovano adulti e soli.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno
Psicostress

Impostazioni privacy