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La sindrome di Charlie Brown

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Chi è Charlie Brown

Charlie è un bambino di nove anni, frequenta la quarta elementare e viene considerato un perdente per la sua personalità piena di ansie: simbolo di rassegnazione agli eventi sfavorevoli, di rinuncia, quasi al compiacimento per la propria condizione.

Nonostante questo, Charlie ha una grande determinazione che sfocia in una testardaggine patologica; i suoi compagni approfittano spesso delle sue debolezze, ma paradossalmente ha tanti amici che lo incitano all’azione.

Sembrerebbe un adolescente qualunque, eppure, Charlie si distingue per la forte frustrazione che inquina ogni suo pensiero o scelta, inoltre, essendo un personaggio dei fumetti sappiamo per certo che non crescerà e non potrà mai diventare forte e consapevole.

Non solo nei bambini

Non a caso nel mondo di Charlie vivono sono bambini, le figure di riferimento sono completamente assenti, ed è chiaro che senza qualcuno che ci dica che siamo bravi, che possiamo farcela, che ci faccia sentire “visibili” al mondo: siamo persi.

La sindrome di Charlie Brown non riguarda solo i bambini, anche noi adulti senza un riscontro di ciò che siamo rischiamo di cadere in uno stato simile: pensiamo al partner che non ci considera, o al capoufficio che non valorizza i sacrifici e l’impegno impiegato per raggiungere gli obiettivi.

La Sindrome

Abbiamo visto che si tratta di un complesso di insicurezze e sbalzi emotivi, con bassa autostima e disagio nel rapporto con il proprio corpo; una vita fatta di continue sconfitte come se fosse un tratto distintivo, una caratteristica eterna simile all’avere gli occhi chiari o i capelli ricci: se nasci così, morirai così.

Chi soffre di questa sindrome vorrebbe piacere agli altri, ma ahimè vivendo nel più totale anonimato per mancanza di personalità, trasmette pesantezza allontanando le persone.

Incastrato nelle sue stesse paure non fa niente per cambiare:

Penso che ho paura di essere felice, perché ogni volta che si diventa troppo felici accade sempre qualcosa di brutto”.

Come reagisce Charlie

La quotidianità diventa una sfida e tutti sono ipotetici nemici, Charlie cerca in maniera estenuante di prevedere le mosse dell’ipotetico avversario per prepararsi alla minaccia in arrivo: in realtà sono tutte fantasie, non ci sono pericoli reali ma solo ansie e solitudine.

Il tentativo di immaginare cosa ci sia nella mente dell’avversario ci fa dimenticare l’obiettivo, e non ci si concentra più su se stessi: un esempio lampante di come usiamo il rimuginare e di come sia poco utile per definire una strategia per il raggiungimento dello scopo.

Come possiamo reagire per non essere Charlie

Se ci siamo riconosciuti nel piccolo insicuro, allora è giunto il tempo di staccarci dal personaggio!

– L’errore principale è credere che non ci siano alternative, nulla può cambiare quello che siamo: e continuiamo a guardare sempre nella stessa direzione, dimenticando che possiamo scegliere invece di subire.

– Accettare il nuovo senza perdersi in domande su come sarà: non possiamo prevedere il futuro, al massimo lo viviamo.

– Altro errore da evitare è il cercare continuamente consenso ovunque, non abbiamo bisogno di grosse platee ma di poche persone: Charlie parla spesso con Snoopy che è un cane… ma molto saggio!

PsicoStress

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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