L’incontro con Ilde
Ho incontrato Ilde un venerdì pomeriggio, in centro a Roma; freddo e pioggia ad incorniciare le lucine colorate del Natale che sta per arrivare, la festa della famiglia e dell’amore; io sono consapevole che sto andando verso una storia che di amore non ha nulla.
Mancano pochi minuti al nostro appuntamento, eppure, Ilde mi telefona per avvisarmi che è al bar ad aspettarmi e si assicura che io possa trovare la strada e il parcheggio per l’auto.
La intravedo dall’esterno, seduta in un angolo su un divano tiene la testa bassa e legge dei fogli; la riconosco subito e ci salutiamo con un sorriso.
Ilde è molto bella, la sua pelle è liscia e lucida come una giovane ragazza, mi viene quasi il dubbio sull’età e le chiedo se possiamo darci del tu.
Porta nel corpo le contraddizioni di una vita paradossale, l’aspetto giovane e lo sguardo sofferente: “ho 61 anni, il mio primo figlio ne ha 48”.
Faccio dei brevissimi calcoli: il figlio è più grande di me, e lei l’ha partorito a 13 anni.
Una storia devastante
Conosco bene la storia di Ilde, ma preferisco che sia lei a parlarne liberamente per darle modo di esprimere le emozioni: piange e ride, si arrabbia e si incupisce, si siede in punta del divano come a voler lottare e poi si accuccia con le spalle allo schienale.
E’ un fiume in piena e faccio fatica a restare sul binario cronologico degli eventi, ha talmente tante cose da dire che passiamo rapidamente dal passato al futuro, non ho modo di prendere appunti e devo prestare tutta la mia attenzione per immagazzinare le sue parole.
Il cellulare squilla spesso, risponde solo ai figli chiamandoli “amore”. Ilde è una mamma generosa, come quelle del sud e vuole che io beva con lei, mi passa le noccioline: viene voglia di abbracciarla.
Scappa a piedi nudi
Proverò a riassumere a grandi linee tutta la vita di Ilde, sono tante le cose e ne verrebbe fuori un secondo libro, oltre quello che ha già scritto lei dal titolo: scappa a piedi nudi.
E’ nata vicino al Vesuvio, ultima di tre figli, papà medico e mamma casalinga; la prima sorella sposata ha la sua vita a pochi chilometri da casa, il fratello ha un lieve ritardo cognitivo a seguito di una malattia ed è sposato, poi c’è lei che va a scuola dalle suore e rientra a casa direttamente la sera.
Quando ha appena dieci anni e mezzo, Ilde perde il padre a causa di un ictus: mi dice che era talmente staccata da quel dolore da non riconoscere il padre disteso sul letto.
Da quel momento una serie di vicende distruggeranno la personalità acerba di una bambina, non permettendone lo sviluppo emotivo fatto di leggerezza, gioia e gioco di cui ogni bambino necessita per emergere pienamente.
Una bambina adultizzata
Ilde non riceve dalla mamma la protezione, il contenimento, la tenerezza: queste mancanze ne faranno un’adulta incapace di riconoscere l’amore, di andare verso le persone giuste.
Viene data in moglie a soli dodici anni, a guardare la foto in abito bianco sembra una bambina alla prima comunione; le chiedo come possa essere sopravvissuta al primo rapporto sessuale e al parto, le sue parole sono da brividi: “ho avuto delle emorragie, mi hanno dovuto mettere dei punti e per il parto anche le trasfusioni”.
Tutta l’infanzia di questa donna è stata uccisa, abusi di ogni tipo: “guarda ho il labbro spaccato”. Mostra la parte interna del labbro inferiore a testimonianza delle botte ricevute dall’uomo che l’ha sposata.
Per imparare a fare sesso è stata costretta a guardare dei rapporti intimi tra il marito e una prostituta, e mentre le amichette andavano a scuola e giocavano, lei era a casa a fare la moglie: tutto per volere di una madre che voleva sentirsi libera di scegliere un altro uomo dopo la vedovanza.
La fuga e la giovinezza
Dalla mamma Ilde riceve messaggi ambivalenti, non capisce se deve temere il dolore o sperare nell’amore, e la realtà è confusa, frammentata.
“Mio figlio era un bambolotto per me, era mia madre che lo cresceva”. Ilde non ha avuto gli strumenti psicologici per far emergere l’istinto materno: “Per i miei bambini non provo responsabilità, ansie. Questi sentimenti emergeranno dopo, quando li avrò interiorizzati come miei figli e allora li cercherò e li troverò”.
Arriva l’adolescenza e come ogni ragazza giovanissima, Ilde è assalita dal tumulto emotivo, non vuole andare a trovare il marito finito in carcere e dal quale ha avuto due figli, scoppia in diverse crisi di rabbia per una vita non adatta a quell’età, e durante una di queste, la madre chiama i carabinieri e la fa rinchiudere nel manicomio.
Ilde scappa dopo pochi giorni, e scapperà ancora, e incontrerà gente che ancora le farà del male.
Carcere, amori malati e depressione
Nel percorso di crescita Ilde è scappata molte volte, da uomini che l’hanno “addestrata” a delinquere, da adulatori che fingendo di amarla le hanno tolto tutto, finita in carcere, e poi a vagabondare facendo delle panchine il suo letto.
La paura era la spinta principale di allarme continuo, e nonostante questo, non ha mai toccato droghe e non ha mai fatto male a sé stessa, se non credere in persone sbagliate: si è risposata, ha avuto altri tre figli… ma non erano uomini giusti, pronti a lenire le sue antiche ferite.
Ha sperimentato tutto lo spettro emotivo negativo, le emozioni quelle che ti fanno brillare gli occhi sono state insufficienti.
Ilde mi ripete che continua a chiedersi il perché il prete l’abbia sposata, del perché le maestre non abbiano chiesto di lei quando ha lasciato la scuola e del perché nessuno della famiglia l’abbia salvata.
Ilde oggi: la donna e la sua missione
“Nel mio libro c’è tutta la mia vita, immaginerete che non ho potuto dedicarmi all’istruzione e per la stesura ho chiesto aiuto per quanto riguarda la grammatica. Ci sono persone che cercano dei profitti derivati dal mio libro. Quando una persona è buona e sfortunata ne vogliono approfittare sempre, ed io sto combattendo ora questa nuova battaglia”.
Ha paura dell’amore Ilde, eppure ne è attratta per un naturale bisogno umano: una contraddizione che rischia di metterla in situazioni di pericolo con uomini narcisisti.
Intorno a lei ronzano persone avide, le ripeto più volte di non fidarsi di chi chiede soldi o usa violenza: i suoi occhi sono ingenui, nonostante tutto.
“La missione oggi è di raccontare a tutti che si può uscire dalla violenza, che bisogna denunciare, dire alle donne che non devono subire e che se ce l’ho fatta io, possono farcela tutte”.
Le chiedo: “ti sei mai innamorata?” e dopo un breve silenzio mi risponde: “sì, dell’uomo sbagliato… ma lui era delicato, mi faceva sentire piccola”.
Le chiedo ancora: “sei mai stata amata?”, senza esitazione mi dice “no, mai”.
Ilde oggi è una donna che sta mettendo insieme i pezzi della sua anima, dopo tanto vagabondare ha raggiunto obiettivi importanti, come studiare e conseguire il diploma di maturità, avviare attività commerciali creando la sua identità professionale ed indipendenza economica; orgogliosa mi fa vedere le foto dei suoi cinque bellissimi figli e dei tanti nipoti, immagini di una casa arredata con gusto, pulita e piena di luce.
“Sono a Roma perché mio figlio piccolo sta per diventare medico, lui è educato, studia tanto e ama viaggiare… siamo inseparabili”.
Saluto Ilde con un lungo abbraccio: basta avere occhi che “guardano” per notare le cicatrici che questa donna si porta addosso e dentro l’anima.
“Al mio papà, che continua a proteggermi. Forse non ho sempre preso la decisione migliore”.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno