L’intelligenza non è cultura
L’errore che facciamo spesso è quello di credere che le persone che sanno tante cose siano intelligenti, e quelle che invece conoscono poco siano stupide: la differenza tra lo studioso in cattedra e il contadino non la troviamo in questa caratteristica.
Studiare aumenta la plasticità del cervello attraverso lo sviluppo e il mantenimento dei neuroni, previene l’invecchiamento e ritarda la demenza senile, ma non rende la persona intelligente.
Quante volte abbiamo provato rabbia per il compagno di classe che prendeva voti alti? Magari imparava a memoria? La verità è che si può essere incredibilmente bravi sui libri e totalmente incapaci nella vita di tutti i giorni, che sia fare una raccomandata o crearsi una rete di relazioni affettive profonde.
Cos’è l’intelligenza?
In biologia essere intelligente equivale alla capacità di sopravvivere e ce lo mostra qualsiasi specie animale: l’uccellino che costruisce il nido, la formica che accumula le provviste, il cane che nasconde il cibo sotto terra e così via.
Essere capaci di adattarsi alla società restando noi stessi, scegliere in maniera funzionale il lavoro per noi, il partner, gli amici. Mantenere un’apertura mentale, avere voglia di scoprire altri mondi, ascoltare altre esperienze per imparare o vedere da prospettive diverse.
L’intelligenza è la capacità di risolvere i problemi, di adeguarsi al cambiamento.
Le emozioni nel cervello
Di fronte a un bel tramonto non tutti proviamo la stessa sensazione, c’è chi sente malinconia, chi invece vive la gioia, altri si commuovono o addirittura infastidiscono: questo perché tra la percezione del tramonto e la reazione ci sono le emozioni e la capacità di sentirle.
In altri termini, a farci vivere pienamente il tramonto è l’armonia tra il pensiero, il vissuto emotivo e il corpo; riuscire a sentire le emozioni è potersi dire: “in questo momento sento malinconia perché…” “ora provo rabbia per questo motivo…”, insomma, capire le emozioni e le situazioni che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo e non dare colpa al tramonto perché non ha i colori troppo accesi!
Intelligenza emotiva
Da quanto finora detto possiamo definire dunque l’intelligenza emotiva come quella capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, di gestirle sia interiormente che nelle relazioni sociali: se sono arrabbiato non sfogo la mia ira sul collega, ma resto cordiale e collaborativo durante le ore di lavoro.
È una caratteristica staccata da ogni tipo di conoscenza nozionistica, può essere presente in chi non ha mai aperto un libro e totalmente assente nel laureato.
Capire cosa sta provando la persona di fronte a noi ci mette nella posizione migliore per interagire ed è una condizione importante per instaurare ottime relazioni, in ogni campo sia personale che professionale e sviluppare le abilità sociali.
Essere emotivamente intelligenti presuppone:
- Consapevolezza di sé: conoscere i nostri punti deboli e quelli di forza, sapere quando e con chi poter esternare;
- Adattarsi al cambiamento: non opporsi al cambiamento, ma anzi, riuscire a promuovere evoluzioni nella nostra vita rompendo schemi vecchi e inefficaci;
- Gestire le emozioni: sentire cosa stiamo provando e come sta reagendo il nostro corpo, se siamo troppo tesi trasmetteremo con la postura la rigidità mettendo in allerta chi si trova di fronte;
- Empatia: capire cosa sta provando l’altro e assumere un comportamento adeguato.
Come svilupparla
L’intelligenza emotiva può essere migliorata a patto che ogni emozione venga accettata: se siamo invidiosi non è un reato, essere uomini non significa non piangere, avere paura non equivale ad essere fragili. Non giudichiamo le nostre emozioni!
- Guardiamoci dentro: l’intelligenza emotiva può essere sviluppata innanzitutto prendendo consapevolezza di noi stessi, capire chi siamo e cosa vogliamo;
- Non diamo colpe: pensare che siano gli altri quelli sbagliati non ci porterà molto lontano;
- Aprire il corpo: impariamo a sentire le emozioni nel corpo e guardare la postura;
- Parliamo con gli altri: restare chiusi nella nostra bolla ci atrofizza le emozioni, guardiamo chi sta intorno;
- Non prendiamoci sul serio: l’autoironia serve a non farci pesare addosso ogni sconfitta, anche l’errore serve!
Attenzione: i ciarlatani fanno leva sulla loro capacità per plagiare chi sta vivendo un periodo di fragilità, prima di intraprendere qualsiasi cammino psicologico informiamoci sulle competenze professionali attraverso l’albo nazionale e il curriculum del professionista.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno