Continuano serrate le indagini sul caso che ha letteralmente sconvolto la città di Pomezia. Due persone sono state ritrovate senza vita, carbonizzate, in un’auto in Via San Pancrazio tra Torvaianica e Torvaianica Alta per poi essere identificate in Maria Corazza, 46 anni di Pomezia, e Domenico Raco detto “il Calabrese”, 39 anni.
I sospetti sono ricaduti inizialmente sul compagno di Maria, Maurizio, tra i primi ad essere stato interrogato dai Carabinieri; l’uomo ha però risposto fornendo particolari dettagliati sugli incontri effettuati e sui movimenti fatti, riferendo di aver incontrato tre persone tra clienti e colleghi presso una ditta di Pomezia. I militari hanno poi effettuato riscontri e la circostanza è stata confermata da tutte e tre le persone. Al momento è infatti libero e senza accuse a suo carico. Chi lo conosce, del resto, sarebbe pronto a mettere la mano sul fuoco per lui ritenendo assurdo anche solo il pensiero che avesse potuto commettere un gesto di così tanta atrocità. Lui stesso ha detto «Amavo Maria e non le avrei mai fatto del male».
Ma il giallo resta. Chi e perché ha ucciso Maria e Domenico? Cosa c’è sotto? E poi tengono banco le tempistiche della vicenda: alle 8:38 della mattina del 14 giugno una telefonata giunta ai Vigili del Fuoco avvisa che un incendio sta facendo bruciare un’automobile; appena 8 minuti prima Maria aveva inviato un messaggio nella chat di famiglia.
La donna aveva da pochissimo lasciato la figlia 14enne davanti alla scuola, dove doveva sostenere l’esame di terza media. L’aveva accompagnata, con due auto diverse, insieme al compagno, che poi doveva recarsi ad alcuni appuntamenti di lavoro. Lei, invece, doveva andare in banca, perché il turno di lavoro, in un’azienda di Santa Palomba, iniziava nel pomeriggio. Alle 8:30 il messaggio nella chat di famiglia, nel cui gruppo c’è anche Domenico Raco. L’uomo risponde al messaggio dando il buongiorno al gruppo. 8 minuti dopo l’incendio e la morte di entrambi.
Corpi carbonizzati a Torvaianica: le ipotesi in campo
Gli inquirenti lavorano senza sosta e a tutto campo non escludendo alcuna pista. Si è parlato del delitto passionale fino ad arrivare all’ipotesi dell’omicidio-suicidio, eventualità quest’ultima non scartata ma francamente molto più “difficile” da immaginare specie dal punto di vista pratico. Ecco allora assumere rilevanze anche un’ulteriore pista, quella di un terzo uomo. Del resto alla guida dell’auto bruciata nel rogo, una Ford Fiesta intestata alla mamma di Maria, non c’era nessuno e lo sportello di guida era aperto come se qualcuno fosse sceso.
Qualcuno potrebbe aver quindi portato entrambi nella via e averli uccisi? Ma chi? E soprattutto: per quale motivo? E cosa c’entrerebbe la donna? Non a caso, come rilanciato da alcuni quotidiani romani, non è da escludere nemmeno che Maria si sia trovata solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.