Chi è Filomena Lamberti
Filomena è una donna che gira l’Italia mostrando i danni sul suo corpo, raccontando nelle scuole, nelle televisioni, ai convegni e ovunque ci sia possibilità, il suo dramma: una storia d’amore che le ha tolto i tratti delicati del viso, rimasto danneggiato dall’acido per sempre.
La raggiungo telefonicamente e la sua voce è gentile, genuina con la cadenza campana; Filomena è nata e cresciuta a Salerno, e si percepisce la semplicità e la bellezza della sua terra.
Le faccio qualche domanda, ma poi la conversazione prende i tratti di familiarità, come se la conoscessi da sempre.
L’infanzia di Filomena
Filomena è la seconda di due figli, suo fratello di 11 anni più grande condivide poco o niente con lei, i genitori lavorano entrambi e per esigenze pratiche è la nonna a prendersene cura.
Coccolata e amata come solo i nonni sanno fare, Filomena però vede i genitori una volta a settimana, frequenza non sufficiente a permettere la nascita del rapporto profondo.
“Avevo soggezione dei miei genitori, non parlavo mai con loro, ero a disagio”.
All’età di 13 anni i genitori la riportano a casa, e non è semplice adattarsi.
“Ho sofferto molto quando ho lasciato mia nonna, mi mancava quell’affetto”.
Dopo qualche tempo parte per la Svizzera e raggiunge il fratello per fare da baby sitter ai nipotini, una decisione della mamma che le impedisce di proseguire gli studi: la città fredda e la difficoltà della lingua la spingono a ritornare in Italia.
L’adolescenza e l’amore
Come ogni ragazza giovane Filomena ha voglia di uscire, sta con gli amici in piazza, le piace ballare ed è anche molto corteggiata; le prime cotte, i primi innamoramenti che non proseguono, come spesso accade a quell’età.
A 16 anni tramite amici in comune, conosce un ragazzo che di anni ne ha 21: bello come un principe e anche sveglio con le ragazze!
“Era biondo con gli occhi azzurri, sembrava un principe… e ci sapeva fare con le ragazze”.
Filomena si infatua e poi si innamora, ma la mamma non sembra entusiasta di questo giovane e bel ragazzo, lo trova prepotente, arrogante e poi, si fa vedere in giro con altre ragazzine.
Succede però che la passione va oltre e Filomena perde la verginità, a quei tempi grosso tabù: ora dovrà essere per lei l’uomo della vita.
Dopo un anno lui la lascia, Filomena si è talmente legata a questo amore da non poterne fare a meno, al punto da tentare il suicidio con delle pasticche: ormai è in atto una vera e propria dipendenza affettiva.
Il matrimonio e… il primo schiaffo
Il racconto che Filomena fa al telefono con me è piatto, non fa trasparire alcuna emozione dalla voce, ho quasi l’impressione che stia raccontando la storia di un’altra donna.
Le chiedo se riceveva fiori dal suo fidanzato, se andavano a cena, al cinema con gli amici.
“Mi diceva che se uscivo con le amiche era perché amavo più loro che lui, e mi faceva sentire in colpa. Lui invece dopo aver accompagnato me, si vedeva con i suoi di amici”.
“Non ho mai ricevuto fiori, a lui non piacevano. Di uscite con gli amici mai, eravamo sempre soli noi due”.
Filomena a 21 anni resta incinta e il matrimonio si fa in poche settimane, decidono di vivere insieme ai genitori e dunque, è il marito ad andare da lei.
Come ogni giovane coppia sposata vanno in viaggio di nozze, seppur con il pancione. Lei è felice: le emozioni belle vengono spezzate dalle prime botte, che proprio in un momento di vacanza arrivano inesorabili.
Il motivo?
“Era geloso, per lui io provocavo gli uomini, li guardavo troppo. E se erano loro a guardare me, era comunque sempre colpa mia e mi prendeva a schiaffi”.
Il silenzio e l’incomprensione
Le chiedo come sia possibile che in casa con i genitori nessuno se ne accorgesse, o se ci fosse stata qualche amica a cui confidare il malessere.
“A casa dei miei lui mi faceva solo violenza psicologica, appena erano fuori mi picchiava. Non potevo uscire, non avevo un lavoro”.
“Una volta ho provato a sfogarmi con un’amica, ma non avendo figli non capiva le mie paure, temevo che mi avrebbe tolto i figli”.
Filomena resta incinta ancora altre due volte, e per scherzo del destino avrà in totale tre maschietti che in futuro le daranno due nipotini… maschi!
Perché non lasciarlo prima, perché fare altri figli?
“Perché lo amavo, credevo che potesse cambiare. Sono stata stupida, lui ogni volta mi chiedeva scusa ed io accettavo. Ora lo ripeto a tutte le donne: non perdonate mai”.
I genitori sono intervenuti qualche volta?
“Una volta mio padre l’ha affrontato, si è calmato per un po’, ma poi ha ripreso a picchiarmi. Destino ha voluto che mio padre morisse dopo pochi mesi. Quanto a mia madre mi disse che l’avevo voluto io e dovevo tenermelo. Poi si è risposata ed è andata via, a quel punto ero rimasta sola con lui e tre figli”.
38 anni di violenze
Filomena viene trascinata nella pescheria del marito, la obbliga a lavorare con lui per tenerla completamente sotto controllo: costretta a stare a testa bassa, a non parlare con i clienti e pulire con il viso rivolto alla parete.
Intanto i tre figli diventano grandi e nascono conflitti violenti, in particolare uno di loro sbatte il padre contro la parete intimandolo di smettere altrimenti finirà male.
A quel punto Filomena dice BASTA dopo aver subito di tutto, anche i rapporti sessuali, vuole interrompere la relazione: siamo a Dicembre del 2011, la separazione è stata solo annunciata, non ci sono pratiche legali, Filomena rimanda eventuali tensioni familiari in vista del matrimonio del figlio che avverrà nel Maggio successivo.
“Non volevo rovinare il matrimonio di mio figlio, avevo aspettato 38 anni, potevo aspettare ancora qualche mese”.
Sarai solo mia
E’ una sera come tante, Filomena e il marito non hanno dialogo ma cenano insieme, guardano la tv: tutto come i 38 anni trascorsi.
E’ tardi e Filomena va a letto.
Sono le 4 del mattino, sente la voce del marito dire: “guarda che ti do”. Bruciore sul corpo inumidito da un liquido puzzolente, gli occhi si annebbiano, il viso è in fiamme.
“Ho riconosciuto l’odore dell’acido, lo usavo io in pescheria per sturare i tubi dell’acqua”.
Identità bruciata
Filomena entra in codice rosso in ospedale e ci resterà 10 mesi, tornando a casa solo 3 volte. Ha il viso completamente corroso dall’acido, le palpebre non ci sono più, l’osso del braccio è completamente bruciato.
30 interventi chirurgici, spese a carico di Filomena e nessun risarcimento dal marito o dallo stato: i farmaci rientrano nella categoria “cosmesi” e non mutuabili.
Attualmente il marito è libero, vive la sua vita e continua a lavorare: il suo avvocato ha chiesto il patteggiamento quando Filomena era in terapia intensiva e non era in grado di difendersi.
18 mesi di condanna per “lesioni personali” di cui solo 15 scontati.
Questa è attualmente la regolamentazione giuridica a difesa di una donna che ha perso per sempre la sua identità.
Filomena oggi
Quando le chiedo quali sono le sue emozioni mi risponde con serenità:
“Oggi provo pena per lui, perché potevamo goderci la famiglia e i nipotini, e invece ora è solo. Io invece sono libera, non ho più costrizioni”.
Faccio fatica a comprendere le parole di Filomena, io da donna mi sento indignata per la sentenza e per tutto il dolore che ha dovuto subire. Mi chiede di vedere l’intervista alle Iene, dove anche il marito dice la sua, affermando:
“Se potessi lo rifarei”.
Il mio sdegno cresce a dismisura, le chiedo se ancora gli abitanti del posto vanno nella pescheria e come possano farlo.
“Sì, la pescheria è attiva”
Cosa possiamo dire alle donne che vivono una condizione simile?
“Le donne capiscono da subito quali sono i segnali di una violenza, non siamo stupide. Ma quando non si ha indipendenza economica e quando non ci sono affetti che possono aiutarci e sostenerci emotivamente, ci sentiamo sole e restiamo in una relazione violenta”.
La mia ultima domanda è:
Filomena, crede ancora nell’amore?
“Sì, perché non dovrei? l’amore non è solo con un uomo, ma nelle cose che facciamo ed io, ad oggi sono innamorata della mia libertà e della possibilità che ho di aiutare altre donne”.
“Non potrei pensare ad un’altra relazione, perché la semplice domanda: dove vai? Mi farebbe stare male, trascinandomi nel passato”.
Grazie Filomena, per la bellezza del tuo cuore che nessun acido potrà mai scalfire.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno