Nel Lazio «faremo il test a tutti». E’ questo l’annuncio fatto ieri dall’Assessore Regionale alla Sanità Alessio D’Amato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Ma tra il dire e il fare c’è da fare i conti con aspetti logistici e scientifici non di poco conto. «Come dimostrano i dati siamo la quarta regione d’Italia per numero di tamponi effettuati: oltre 33mila», ha dichiarato D’Amato. «Ma anche se volessi triplicare lo sforzo, con i tempi di lavorazione degli attuali tamponi (otto ore, ndr) impiegheremmo anni a testare tutta la popolazione».
Uno scenario inattuabile insomma per adesso con gli attuali metodi. Per questo sono in corso diverse sperimentazioni aventi lo scopo di realizzare degli esami più rapidi che consentirebbero un esito molto più rapido rendendo più snello il sistema di accertamento dei casi di Coronavirus. Le difficoltà però non mancano: il test in sperimentazione al Gemelli ad esempio purtroppo è fallito in quanto, dichiara l’Assessore, «non ha dato esiti scientifici validi. I medici del Policlinico hanno appurato che dava troppe false negatività». Le speranze sono riposte, allora, in due altri filoni di ricerca uno allo «Spallanzani e con i medici di base sulla popolazione di Nerola e a quello che ha iniziato a sperimentare il Policlinico Tor Vergata». Entrambi, precisa ancora D’Amato, «sono entrambi sul sangue e danno esiti rapidi».
L’obiettivo è quello: «Se il test rapido funziona, lo estendiamo a tutti i sei milioni di abitanti del Lazio», ha detto l’Assessore alla Sanità senza troppi giri di parole. «La sfida ora si gioca tutta sul territorio. Dobbiamo puntare a una diagnosi precoce e ad un intervento mirato già dai primi sintomi. E soprattutto dobbiamo monitorare le 1.300 persone ancora in isolamento domiciliare».