Mancano ormai pochissimi giorni alle elezioni politiche 2018. Sul campo elettorale gli sfidanti stanno cercando di conquistare i voti degli ultimi indecisi, che saranno determinanti per il risultato. A contendersi la vittoria sono, come nel 2013, tre poli: il centrodestra, il centrosinistra e il MoVimento 5 Stelle. Sono distanziati gli altri partiti, che potrebbero però rappresentare l’ago della bilancia del voto. Nel Lazio, lo ricordiamo, si vota anche per le Regionali: qui liste, candidati e modalità di voto.
La coalizione di centrodestra alle politiche del 2018
Il centrodestra è il grande favorito della vigilia. La coalizione è stata definita a quattro gambe, perché si regge sui voti di altrettante liste. Il ruolo di guida è conteso tra Forza Italia, il partito moderato di Silvio Berlusconi, e la Lega, che sotto la leadership di Matteo Salvini ha abbandonato il nome “Nord” virando verso un deciso nazionalismo. La destra della coalizione è rappresentata da Fratelli d’Italia, partito erede di MSI e AN, guidato da Giorgia Meloni; ci sono poi i centristi di Noi con l’Italia, lista che raccoglie diversi piccoli partiti cattolici e moderati (tra cui l’UdC di Lorenzo Cesa). La coalizione, piuttosto eterogenea, gode di una buona popolarità, nonostante i conflitti interni che la dividono su quasi ogni tema. Gli scontri più duri si hanno in particolare tra l’anima populista ed euroscettica di Salvini e quella moderata di Berlusconi, che sta cercando di riabilitarsi agli occhi dell’Europa presentandosi come il salvatore del ruolo dell’Italia nell’UE. Il leader leghista sfida inoltre la leadership di Berlusconi, che non può essere eletto parlamentare a causa della legge Severino dopo la condanna per frode fiscale. Proprio sull’applicazione della legge Severino, Berlusconi attende la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo, che potrebbe riabilitarlo in vista delle elezioni successive. La destra della coalizione è poi al centro della scena dopo l’attentato di Macerata, compiuto da un nazionalista iscritto alla Lega contro la comunità nigeriana. In quest’occasione, anche Berlusconi ha tolto i panni da moderato e ha annunciato il rimpatrio degli irregolari, parlando di immigrazione come “bomba sociale”, mentre Meloni e Salvini hanno accusato il governo di essere moralmente responsabile dell’attacco a causa delle politiche migratorie troppo permissive. Solo pochi giorni prima Salvini aveva aizzato i suoi sostenitori contro il cittadino nigeriano accusato di aver ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro. Gli analisti non riescono a dire se la vicenda di Macerata avrà effetti positivi o negativi sul risultato elettorale della coalizione, visto anche lo stop ai sondaggi.
Elezioni politiche 2018: Il Partito Democratico conta sui voti degli alleati
Dietro ai grandi favoriti alle politiche 2018 ci sono due partiti che si contendono il ruolo di primo gruppo alla Camera. Il titolo non è solo simbolico: se nessuno avesse la maggioranza, chi arriverà primo potrà essere incaricato dal Presidente della Repubblica a cercare l’accordo per un governo di larghe intese – se non di unità nazionale. I due contendenti sono il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. La legge elettorale consente al PD di rispondere in modo efficace alla crisi di consensi, che nei sondaggi lo porta addirittura sotto al risultato del 2013 e ben lontano dal 40% delle elezioni europee. La coalizione di centrosinistra, infatti, è composta da altri tre partiti che rischiano di non raggiungere la soglia del 3%, ma che superando l’1% trasferiranno i loro voti al “fratello maggiore”, cioè proprio al partito guidato dall’ex premier Matteo Renzi. Le liste in questione sono Più Europa, guidata da Emma Bonino e la cui campagna elettorale è ispirata da una convinta adesione all’Unione europea; Civica Popolare, lista centrista guidata dalla ministra per la Salute Beatrice Lorenzin; e Insieme, che è un’unione di piccoli partiti di centrosinistra (tra cui PSI e Verdi) che richiama l’esperienza dell’Ulivo – e che ha ricevuto non a caso l’endorsement di Romano Prodi. Un buon risultato delle liste alleate potrebbe portare facilmente il PD a superare i 5 Stelle in Parlamento, ma i dem iniziano a essere preoccupati per il consenso inaspettato di cui gode Più Europa nei sondaggi. Prendere il 3% significa togliere seggi proprio al PD: per ora l’ipotesi non suscita all’apparenza nervosismo nella coalizione, che continua a condurre la sua tranquilla campagna elettorale da separati in casa. Tutti parlano di “apparentamento”, non c’è un programma comune (che ha invece il centrodestra), e nessuno ha indicato un possibile candidato premier. Matteo Renzi sembra destinato a non tornare a Palazzo Chigi, dove potrebbe invece rimanere Paolo Gentiloni, molto più apprezzato del segretario del PD. Insomma, anche questa coalizione di unitario ha ben poco.
I 5 Stelle puntano ad arrivare primi alle politiche 2018
Il Movimento 5 Stelle non deve porsi il problema delle alleanze, per una scelta politica chiara e coerente fin dalla sua nascita. I grillini, da tempo bollati come populisti e inesperti, stanno cercando di presentarsi come forza di governo sotto la prudente guida di Luigi Di Maio. Il capo politico del Movimento sembra non voler scontentare nessuno, evitando di prendere posizione sui temi più delicati della campagna elettorale: un lavoro volto ad arrivare a Palazzo Chigi da vincitore morale delle elezioni. I temi sono quelli con cui i 5 Stelle hanno costruito il successo degli ultimi anni: onestà, trasparenza, ricambio della classe politica. Sembrano avere poco peso le notizie sui mancati rimborsi di alcuni parlamentari, che avrebbero messo in tasca alcune migliaia di euro che avevano promesso di destinare al fondo per le piccole e medie imprese. Le persone coinvolte sono state subito sconfessate da Luigi Di Maio, che ha promesso di espellerle dal Movimento; di certo è impossibile non trovarli sulle schede elettorali, ora che le liste sono chiuse, e se fossero eletti sarebbe difficile portarli alle dimissioni. Il Movimento ha però sfruttato quello che doveva essere uno scandalo per spiegare ai cittadini che sono stati rimborsati oltre 20 milioni di euro, e che chi non l’ha fatto è una percentuale irrisoria. La mossa sembra essere stata azzeccata, e potrebbe rivelarsi un boomerang per gli avversari – i cui parlamentari, in realtà, non godono di tutto lo stipendio, versando quote per il mantenimento dei rispettivi partiti. Per il dopo elezioni, prevedendo l’assenza di una maggioranza in Parlamento, il Movimento propone di guidare un governo sulla base di alcuni punti condivisi con le altre forze politiche. Su questi punti, contenuti nel programma ma abbastanza generici, i 5 Stelle non sono disposti ad arretrare. Almeno a parole. Tra le altre forze politiche, è in corsa per superare la soglia di sbarramento solo Liberi e Uguali. La lista è guidata da Pietro Grasso, presidente del Senato, e unisce tre partiti a sinistra del PD: Articolo Uno, Sinistra Italiana e Possibile. La lista è accreditata di un buon consenso, ma soffre della tradizionale conflittualità che affligge la sinistra. Negli ultimi sondaggi è in calo, ma il suo bacino di voti dovrebbe consentirgli di superare il 3%. Sotto lo sbarramento le altre liste di estrema sinistra, tra cui va segnalata Potere al Popolo, che ha suscitato qualche interesse anche all’estero per la sua nascita “dal basso”. Probabilmente non entrerà in Parlamento neanche Casapound, partito di estrema destra che è accusato da tutto l’arco politico di essere fascista. Nonostante questo, la lista sta avendo grande risalto sui media, soprattutto dopo la strage di Macerata, e sta portando avanti manifestazioni in molte città d’Italia. Potrebbe essere la sorpresa di queste elezioni? Molti italiani sperano di no, ma quest’anno il risultato è appeso a un filo.
Elezioni politiche 2018: ecco come si vota
l 4 marzo gli italiani sono chiamati alle urne per rinnovare la Camera e il Senato. Sarà un election day intenso, per una sfida che potrebbe finire senza vincitori. Per le elezioni nazionali la grande novità è il Rosatellum, cioè la legge elettorale in vigore dal 3 novembre 2017. Come funziona questa legge?
Il Rosatellum per tutti: il proporzionale
Il Rosatellum prevede un sistema elettorale misto, vale a dire in parte proporzionale e in parte maggioritario. La parte proporzionale elegge il 61% dei seggi (386 alla Camera e 193 al Senato): vale a dire che questi seggi saranno assegnati ai partiti in misura proporzionale ai voti che hanno ricevuto. Se un partito ha preso il 20%, avrà all’incirca il 20% dei seggi. In realtà il sistema non è perfettamente proporzionale: c’è una soglia di sbarramento al 3%, per cui i partiti che non raggiungeranno tale percentuale di voti non entreranno in Parlamento. La legge introduce anche un’altra soglia più particolare: le liste in coalizione che prendono meno del 3%, ma più dell’1%, trasferiranno i loro voti ai partiti della coalizione che hanno superato lo sbarramento. Per farla semplice, se in una coalizione di 5 partiti quattro prendono il 2% e uno prende il 20%, il partito più grande finirà per prendere il 28%. I voti andati alle liste che prenderanno meno dell’1% saranno invece “sprecati”, perché non saranno calcolati. Con metodo proporzionale sono eletti anche i 12 deputati e 6 senatori della circoscrizione Estero.
Il Rosatellum per tutti: il maggioritario
La parte maggioritaria elegge invece il 37% dei seggi (232 alla Camera e 116 al Senato). Ogni seggio viene vinto dal candidato che ha ottenuto più voti nel collegio a cui è collegato il seggio. Basta un voto in più dell’altro per ottenere il seggio: per questo la sfida in molti collegi sarà in bilico fino all’ultimo. Il candidato nell’uninominale è collegato a una o più liste coalizzate: l’elettore voterà sulla stessa scheda sia per la parte proporzionale che per la parte maggioritaria. In realtà il maggioritario previsto da questa legge è “zoppo”: non si potrà votare un candidato e un partito a lui non collegato (non è cioè ammesso il voto disgiunto). Per questo motivo, se si traccia una sola croce su un partito, il voto sarà automaticamente trasmesso anche al candidato collegato. Viceversa, se si decide di mettere una croce solo sul candidato, il voto sarà diviso tra i vari partiti della coalizione. Si potrà anche scegliere di tracciare due croci: una sul candidato e una su un partito a lui collegato. Accanto a ogni partito ci sarà poi un listino con 3 o 4 nomi: su quello non va messa nessuna croce, perché indica semplicemente quali candidati verranno eletti nella parte proporzionale. Non si possono esprimere preferenze: l’elezione avverrà in base all’ordine presentato sulla scheda.
La scheda elettorale
Saranno due le schede consegnate ai cittadini che si recheranno alle urne per le elezioni politiche: una di colore giallo per il Senato della Repubblica (per gli elettori che hanno compiuto 25 anni), l’altra di colore rosa per la Camera dei Deputati per i cittadini con 18 anni. La nuova legge elettorale si basa su un sistema misto: per un terzo maggioritario, per due terzi proporzionale. Le schede elettorali riflettono questo sistema. I modelli infatti contengono il nome del candidato nel collegio uninominale nel rettangolo posto in alto. Nella stessa scheda, nella parte sottostante – dedicata ai colleghi plurinominali – sono riportati il contrassegno di ciascuna lista o coalizione di liste collegate al candidato del collegio uninominale. Nei collegi plurinominali, accanto ai simboli sono riportati i nominativi dei candidati contenuti in rettangoli contigui. Le schede sono, come prevede la norma, di carta consistente e sono fornite a cura del ministero. Le dimensioni delle schede possono variare sulla base delle liste che concorrono alla competizione elettorale in una data circoscrizione/collegio. Quest’anno, per la prima volta all’interno della scheda è inserito un tagliando antifrode.
Tutti i simboli e i partiti delle elezioni politiche 2018
Tanti i pretendenti alla vittorie per le politiche del 2018 che si terranno dopodomani, domenica 4 marzo. Il Ministero degli interni ha messo a disposizione un’intera sezione speciale con tutti i loghi e i candidati in corsa.
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