E’ passato poco più di un anno dall’inizio della pandemia. Una pandemia che ha messo in ginocchio tutto il mondo. Una pandemia che ha portato via cari, affetti, parenti e amici. Una pandemia che, inoltre, ha fatto perdere la speranza a molti, moltissimi giovani. E mentre si è concentrati a trovare la soluzione magica per risanare l’economia nazionale, sempre più ragazzi restano in silenzio e subiscono, senza proferire parola. Il motivo? Quando e se dovessero decidere di farlo, verrebbero additati come “deboli”, “rompiscatole” o, peggio ancora, “viziati“.
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Quando il confronto è troppo grande
Spesso quando si cresce, si tende a dimenticare come si pensava quando si era giovani, quando si avevano vent’anni, le speranze erano tante e le possibilità ancora di più. Ora, con la pandemia, molti ragazzi hanno perso la speranza. Chiusi in casa, si sentono soli e devono fare i conti con il loro “Io“, e molti, purtroppo, non reggono il confronto. Difatti, negli ultimi 365 giorni il tasso dei suicidi è aumentato del 30%.
Noi del “Corriere della Città”, vogliamo dare la possibilità, a questi ragazzi, di far sentire la propria voce. Lo spazio a loro dedicato si chiama “Dillo qui”. Uno spazio dove giovani, ragazzi, studenti e studentesse, hanno la possibilità di sfogarsi, aprirsi e far sentire la propria voce senza essere giudicati.
La lettera di F.
Questa è la storia di S., una ragazza di 22 anni, la quale ha avuto il coraggio di aprirsi con noi. Speriamo che le sue parole possano farvi riflettere.
“Io non credo di essere tanto arrabbiata. La situazione covid mi ha aiutata a recuperare tutti gli esami che avevo perso a causa del mio stato di salute. Avevo un tumore, soffro di depressione e ho un disturbo d’ansia. Stando a casa mi sono rimboccata le maniche e mi son data da fare, ovviamente con tutte le difficoltà e le preoccupazioni di questo periodo. Non mi sento dimenticata. Mi manca andare all’università e incontrare tutti i giorni le mie amiche, vedere qualche ragazzo che passa, pensare al mio futuro guardando i miei professori in faccia; ma non mi sento dimenticata. Non avrei mai creduto di dirlo ma: ho voglia di tornare all’università e per la ME che non si alza nemmeno dal letto per lavarsi o mangiare, è tanto. Per una come ME che non ha stimoli, muovermi necessariamente, forse aiuterebbe. Continuo a non avere stimoli e spero che gli psicofarmaci continuino a “sollevare” la mia serotonina. Non sono arrabbiata ma sono molto triste perché non vorrei che nessuno studente senta e provi quello che provo io da anni; mentre, ora la forte sembro io. Sono arrabbiata un po’ con questi ragazzi perché lamentarsi, nella vita, non porta da nessuna parte. Ribellatevi, studiate, tenetevi impegnati, sognate e soprattutto create voi stessi. E’ difficile farlo da una camera ma non impossibile; provate tutte le prospettive possibili! Inoltre, se credete di aver bisogno di aiuto, chiedetelo perché nessuno è solo anche se vi ci sentite. Nessuno lo è; forse, dovreste solo cambiare prospettiva!“
Se vuoi far sentire la tua voce scrivi a dilloqui087@gmail.com