A Roma c’è una “faida” eterna tra due tipi di pane, ritenuti religione gastronomica per i palati più golosi. Da un lato la rosetta, un pane morbido e vuoto all’interno, da riempire a piacimento con salumi e altri condimenti. Dall’altro invece la ciriola, tipico supporto per la porchetta di Ariccia. Entrambi un must nei forni della Capitale, hanno storia e cultura molto diverse, pur essendo amatissimi dai romani. A cosa si deve questo successo? Qual è il vero pane romano della Capitale? Scopriamo insieme tutti i motivi per cui la rosetta e la ciriola sono così tanto apprezzati a Roma.
Come nasce la rosetta?
Quando pensate al tipico “snack” a Roma, la mente viaggia subito a una soluzione: la rosetta (o la pizza bianca) con la mortazza. Ebbene è sempre più difficile trovare questo tipo di pane tra i fornai della Capitale, il motivo forse riguarda l’elevata temperatura con cui dev’essere preparato nei forni elettrici o a legna. Si pensi che per cuocere un impasto in un forno di casa bisognerà indicare almeno 250° nel forno di casa, umidificando il forno con uno spruzzino. In questo modo, vaporizzando l’acqua, eviteremo che la rosetta si bruci creando poi la tipica crosta croccante della rosetta.
Per quanto riguarda gli ingredienti, sono abbastanza facili da reperire: farina bianca, con una forza compresa tra W350 e W380, lievito di birra, secco o fresco e del malto. La difficoltà nasce forse dal fatto che la rosetta richiede due tipi di impasto: nella prima fase l’impasto sarà rigido e poco elastico. Nel secondo, invece, aggiungendo acqua e farina otterremo una pasta più malleabile. Avremo perciò un unico nucleo di pasta da stendere, per poi creare dei piccoli panetti tondi. Per la forma, poi, potremo scegliere di utilizzare un tagliamela o, come nel caso dei forni professionali, uno strumento specifico.
Pochi sanno che la rosetta però, anziché avere origini romane è di… Milano! Sembra infatti che i primi fornai milanesi si siano ispirati dal kaisersemmel austriaco per realizzare le michette, ovvero le rosette. Entrambi sono caratterizzati da una pane all’interno vuoto, soffiato, molto morbido e da riempire con quello che vogliamo: mortadella, salumi, salsicce, carne macinata e tante alte ghiottonerie.
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Cos’è la ciriola e come nasce
Se la rosetta è croccante fuori ma vuota dentro, perfetta da riempire, la ciriola è piena di mollica all’interno. È un pane più economico della rosetta, prima di tutto, che ha anche tempi di conservazione diversi. La rosetta infatti se non mangiata subito rischia di diventare gommosa o dura come i sassi, la ciriola invece ha tempi di conservazione maggiori.
Tra le due è indubbio che la ciriola romana sia un tipo di pane tipico della regione Lazio: è inclusa infatti tra i prodotti agroalimentari tradizionali laziali (PAT) riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Inoltre, già ai tempi del fascismo, il governo ritenne opportuno tutelarne produzione e consumo per garantire il consenso politico alla dittatura. Un momento cruciale nella storia della ciriola venne comunque ai tempi dell’inflazione galoppante degli anni Settanta: all’epoca, la ciriola era un bene a prezzo calmierato: si trattava una politica perseguita del comitato provinciale prezzi che mirava a garantire l’accesso a un pane dal prezzo modico e protetto da aumenti incontrollati. D’altro canto, la sua fama era contrastata da quella della michetta, panino originario del Norditalia che nella capitale viene appunto chiamato rosetta.
Il nome deriva dalla relativa somiglianza con la forma di una giovane piccola anguilla, un tempo tipica delle acque del Tevere, detta appunto ciriola; oppure dal femminile dell’aggettivo latino cereŏlus, ossia del colore di un cero. Infatti, le candele in cera d’api hanno un tipico colore ambrato. La ciriola è un panino di taglio che varia dai 70 ai 100 g, la forma spiccatamente oblunga a mo’ di pesciolino è riconoscibile soprattutto nelle pagnottine non ancora infornate.
In questo gli ingredienti sono farina, acqua e lievito, al contrario della rosetta che richiede anche il malto e prevede una prima fermentazione di circa 18 ore a circa 18 gradi. In seguito, si estende la lievitazione a tutto l’impasto aggiungendo acqua, sale e farina. La ciriola spesso combinata alla mortadella, era un tempo il tipico supporto per i panini dei lavoratori, uso questo ormai caduto nel dimenticatoio dato che la ciriola oggi è difficilmente reperibile.