Un approfondimento sulla manifestazione sarà pubblicato sul prossimo numero de Il Corriere della Città, in distribuzione da mercoledì 5 marzo.
VIVISEZIONE, ANIMALISTI IN PROTESTA DAVANTI ALLA MENARINI DI POMEZIA
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Erano circa 200, le persone che questo pomeriggio si sono ritrovate a Pomezia sulla via del Mare, all’incrocio con via Tito Speri, per protestare contro la vivisezione, davanti alla farmaceutica Menarini, che ospita anche la “RTC – Research Toxicology Centre”, un’azienda che nel 2011 avrebbe acquisito da Green Hill – l’allevamento-lager di cani di razza beagle destinati ai laboratori di vivisezione – cento beagle per non noti test tossicologici. A manifestare, distribuendo volantini e mostrando le immagini degli animali sottoposti alle sperimentazioni, gli esponenti di diverse associazioni animaliste: dalla Roma for Animals agli Attivisti per i diritti degli animali, dagli Animalisti Italiani al PAE, partito animalista europeo. I dimostranti sono arrivati da diverse regioni italiane: Puglia, Basilicata, Campania, Toscana, Lombardia e Piemonte, tutti uniti per chiedere la fine delle torture nei confronti degli animali. “In nome di una scienza sbagliata – hanno affermato gli animalisti – che vuole far credere che ciò che si sperimenta sugli animali poi può essere utilizzato sugli esseri umani, si torturano ed uccidono migliaia di animali, dai cani ai cavalli, dalle scimmie ai topi, spesso senza anestesia, in modo crudele e disumano. Gli animali che si trovano all’interno della Menarini, così come è stato testimoniato da alcuni dipendenti, vengono tenuti in condizioni terribili: i laboratori sono sottoterra, e queste bestiole non hanno mai visto la luce del sole, non sono mai uscite dalle loro minuscole gabbie se non per le sperimentazioni. E per loro non c’è futuro: nonostante la normativa preveda che non si effettui più di una singola sperimentazione su un animale e che questo venga poi reinserito in un ambiente normale, magari facendolo adottare, sappiamo, sempre dai racconti di chi ha lavorato in questa azienda, che qui gli esperimenti vengono condotti ad oltranza, fino alla morte. Chiediamo che la Menarini smentisca le nostre accuse non con un freddo comunicato o con denunce nei nostri confronti, ma dimostrando con i fatti che ci stiamo sbagliando: per questo vorremmo che una nostra delegazione possa entrare a visitare i laboratori, che possa verificare le condizioni di vita di queste bestiole”. “La vivisezione è inutile – hanno proseguito – in quanto è stato ampiamente dimostrato che le reazioni degli animali non sono completamente assimilabili a quelle umane: ci sono stati farmaci, risultati innocui durante i test sugli animali, che una volta messi in commercio hanno provocato la morte di migliaia di uomini. E non si tratta di nostre fantasie, ma di realtà verificabili. Le atrocità e le sofferenze a cui vengono sottoposte queste creature indifese sono indescrivibili. Noi vogliamo dare voce a chi non ce l’ha”. La manifestazione, iniziata alle 14, è proseguita pacificamente, tra cori di protesta a volte molto coloriti, fino alle 16:00, ora in cui ci sono stati attimi di forte tensione. Al passaggio di un’auto con a bordo una dipendente della Menarini gli animi si sono scaldati: alcuni manifestanti hanno preso a calci la vettura, provocando la rottura del lunotto. Sono volati insulti e sputi, e qualcuno ha anche graffiato l’auto sulla fiancata. La dipendente è stata quindi protetta e scortata dal cordone di polizia fino all’inizio di via Tito Speri. La situazione è tornata tranquilla per circa un’ora, poi qualche altro momento di nervosismo ha macchiato una manifestazione dalle ottime intenzioni. Gli attivisti, nella speranza di andare tutti davanti ai cancelli della Menarini per urlare il loro dissenso, hanno tentato di oltrepassare il cordone formato da poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Riportati alla calma, c’è stata una contrattazione che ha portato ad ottenere che una delegazione formata da una decina di manifestanti potessero arrivare fino all’entrata dell’azienda farmaceutica per attaccare gli striscioni di protesta. “Arrivare davanti a questo cancello è già un piccolo passo – hanno spiegato i delegati – perché finora non era mai successo. Adesso dobbiamo andare avanti, per cercare di ottenere sempre qualcosa in più, fino ad arrivare all’abolizione della vivisezione ed alla liberazione di tutti gli animali rinchiusi in queste gabbie”.
Un approfondimento sulla manifestazione sarà pubblicato sul prossimo numero de Il Corriere della Città, in distribuzione da mercoledì 5 marzo.