Il racconto della paura di una donna nel denunciare le violenze sessuali subite fa male, perché sottolinea, ancora, l’impotenza che a volte ci si sente addosso di fronte agli abusi. Questa è la storia, purtroppo una delle tante, di una colf che avrebbe subito violenze sessuali dal suo datore di lavoro, un avvocato noto a Roma di 72 anni. Le dichiarazioni in aula della vittima hanno scosso più di una persona presente “per la dolente lucidità con cui ha raccontato gli abusi sessuali che avrebbe subito”.
La donna non ha omesso nessun particolare, anzi, ha riportato tutti i dettagli delle violenze in modo esaustivo. Ha raccontato di “agguati tra le mura domestiche, costrizioni fisiche e ricatti morali fino quasi alla sudditanza. Per ultimo, l’obbligo di sottoporsi a un test dell’Hiv”.
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Le dichiarazioni della vittima
La prima violenza risalirebbe al primo giorno di prova della donna. La dipendente filippina, molto più giovane di lui, ha spiegato che con lei c’era anche un’altra ragazza ma che non le ha mai confidato niente, perché si vergognava. La vittima, nonostante si rendesse conto della “gravità delle violenze subite, aveva paura di essere licenziata e soprattutto di non essere creduta”.
Da qui però il bisogno di denunciare gli episodi al “soccorso rosa“, la denuncia al commissariato e l’ascolto presso una associazione che si occupa delle vittime di violenza. Ad oggi è ancora in corso il processo. Arrivare alla verità dei fatti non sarà semplice.
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La risposta dell’imputato
L’avvocato romano accusato nega ogni tipo di violenza. La difesa infatti, analizzando il racconto della vittima, ha riportato alcuni elementi che non considera “logici”. La vittima, assunta con un contratto da 900euro al mese, avrebbe rifiutato un lavoro fuori Roma e questo, sempre per la difesa, “è un elemento che indebolisce lo stato di necessità economica che l’ha portata a non denunciare prima il suo aggressore”.