Stalking e Stalker. Argomento caldissimo, purtroppo, dopo la tragedia che a Roma ha riguardato Sara Di Pietrantonio, giovane studentessa di 22 anni barbaramente assassinata dal suo ex fidanzato.
Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio di Radio Cusano Campus hanno raccolto la testimonianza di Valentina, una ragazza di trent’anni che ha rischiato di fare la stessa fine della giovane Sara, nonostante le denunce presentate a più riprese alle forze dell’ordine.
L’incubo di Valentina è iniziato così: “Nel 2013 conobbi un ragazzo che abitava vicino a dove stavo io e lavorava a 200 metri da me. Ci siamo frequentati per qualche mese, poi ho notato degli atteggiamenti che non mi piacevano e ho deciso di troncare la nostra relazione. Lui all’inizio sembrava averla presa bene, poi all’improvviso è impazzito e mi ha trascinato in un vero e proprio incubo, durato più di sei mesi”.
Valentina racconta: “Qualche settimana dopo la nostra rottura, ha iniziato a seguirmi. Tutto è iniziato quando tentò di inseguirmi e di investirmi in un centro commerciale. Poi ha iniziato a venire sotto casa ad aspettarmi, una mattina mise a soqquadro il mio pianerottolo, davanti alla custode del palazzo. Era molto spavaldo, sembrava non aver paura di niente. Dopo l’ennesimo episodio di questo tipo sono corsa dalla polizia. Grazie a Dio trovai un poliziotto molto in gamba, ma lui stesso mi disse che avevano le mani legate. Il fatto che sono andata alla polizia lo ha fatto arrabbiare ancora di più: da quel giorno iniziò un incubo ancor peggiore. Mi tagliava tutti i giorni le ruote della macchina, mi seguiva, mi minacciava, e il tutto è durato svariati mesi. Mi inseguiva con la moto, mi si accostava alla macchina a tutta velocità, cercava di speronarmi con la macchina, di mandarmi fuori strada, qualche volta ha provato a investirmi”.
Le forze dell’ordine hanno le mani legate, dice Valentina: “Per due mesi, nonostante io lo abbia denunciato, mi ha fatto vivere un incubo.La polizia mi diceva che servivano prove per inchiodarlo, sostanzialmente la polizia non può fare niente. A un certo punto hanno iniziato a darmi dei consigli: di cambiare orari nell’andare a lavorare, di non restare mai sola, di farmi accompagnare da qualcuno quando andavo a lavorare. Insomma, la polizia stessa mi consigliò di modificare la mia vita. Secondo la polizia avrei dovuto fargli delle foto mentre mi minacciava o mi inseguiva, ma io ero terrorizzata, ogni volta che cercava di inseguirmi pensavo solo a scappare. La polizia a un certo punto mi ha invitato addirittura a cambiare casa”.
Valentina ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza degli altri: “Tutti dicono di essere pronti ad aiutarti, ma poi non testimoniano. Tutte le persone che lo hanno visto mentre mi minacciava o mi aspettava sotto casa, a me lo dicevano, ma nessuno ha voluto poi comparire davanti alla polizia per raccontare cosa avevano visto. Avevano tutti paura, pensavano tutti agli affari propri. Le persone che ho chiamato a testimoniare hanno subito declinato l’invito. L’unico che ha accettato di darmi una mano è stato un mio collega, che ha iniziato a ad accompagnarmi a lavoro, fino a quando anche lui non si è trovato le gomme della macchina tagliate”.
Valentina ha deciso di andare fino in fondo: “Ora lui si è beccato un anno di condanna, alla fine ce l’ho fatta, ma è stato davvero un incubo. I mariti delle mie amiche hanno iniziato a dirgli di non uscire con me, perché era pericoloso. Mi sono ritrovata completamente da sola. Anche i miei genitori si sono arrabbiati, hanno detto che la denuncia ha peggiorato le cose e che avrei fatto meglio a risolvere la questione in un altro modo. Una volta, quando mi ha seguito in un’altra provincia rispetto a quella in cui avevo presentato la denuncia iniziale, ho chiamato i carabinieri e un carabiniere ha fatto addirittura lo spiritoso, mi ha detto “cosa hai fatto al tuo ragazzo per farlo arrabbiare così tanto, cosa hai combinato?”. Ero disperata, passavo le giornate intere a far le rotatorie, facevo cinque o sei volte le rotatorie per vedere che non mi seguisse, per un anno sono completamente scomparsa dalla vita sociale, la mia esistenza non è stata più la stessa”.
Ora per Valentina l’incubo è finito: “Alla fine si è preso un anno con la causale, se si fa vivo di nuovo va in galera. Ma è stata davvero dura. Bisogna avere il coraggio di denunciare tutto, di rispondere colpo su colpo credendo nella legge e nella giustizia. Nel mio caso c’è voluto tanto tempo, ma alla fine ne sono uscita. Alle donne dico, non abbiate paura di denunciare. Se ne esce soltanto così”.