Roma. Un obiettivo oltremodo ambizioso, quello dichiarato da Pietro Berardi, CEO della As Roma, ieri, a margine di un’iniziativa con la coppa della Conference League all’Olimpico: il target è quello di avere lo stadio pronto nel 2026.
Dunque, uno stadio del centenario della fondazione della società. Ovviamente, perché le tempistiche siano rispettate, c’è bisogno che l’ingranaggio giri alla perfezione: velocità nella progettazione, stabilità del governo cittadino, niente ricorsi strumentali.
La prima partita nel 2026
Insomma, a ben vedere, c’è bisogno di tutto quello che non è andato bene per Tor di Valle. Non a caso, a viale Tolstoj il primo step è quello di consegnare il progetto preliminare in Campidoglio entro settembre.
Nell’ormai lontano febbraio 2021, qualche mese dopo l’acquisizione della proprietà della società giallorossa, i Friedkin avevano deciso di rinunciare a Tor di Valle considerando il progetto non più percorribile e sostenibile. Subito venne, poi, ribadita la volontà di realizzare lo stadio di proprietà ma si decise di attendere le elezioni comunali che avrebbero portato Roberto Gualtieri e il Pd alla guida di Roma.
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Pietralata, l’area perfetta
All’indomani delle elezioni, iniziarono una serie di colloqui, prettamente tecnici. Sul tavolo c’erano molte idee e suggestioni: il duplex Mercati Generali/Gazometro, Pietralata e gli evergreen Tor Vergata, Stadio Olimpico e Stadio Flaminio. Qualche tempo dopo, a fine aprile, la Roma consegna così a Gualtieri una prima bozza di lavoro scritta: Pietralata è l’area scelta, il dimensionamento dello Stadio oscilla fra i 55mila e i 60mila posti, la proprietà dei terreni è pubblica. Per le altre località, troppi problemi tecnici e poca predisposizione.
I privilegi della zona
Tutte le problematiche tecniche e logistiche relative alle altre zone, sembrano non tangere Pietralata. Come ha recentemente sottolineato anche l’assessore ai Trasporti del Comune, Eugenio Patané: “Pietralata è ben servito dal trasporto pubblico locale. Bisognerà puntare l’attenzione su via dei Monti Tiburtini per salvaguardare in qualche modo l’ingresso dell’ospedale Pertini”.
In aggiunta, la metro c’è già: la linea B serve l’area con tre fermate, Stazione Tiburtina, Quintiliani e Monti Tiburtini. C’è anche la B1, a Bologna, che sarà connessa con l’area dello Stadio da un ponte che scavalcherà il fascio dei binari ferroviari all’altezza di via Lorenzo Il Magnifico. È c’è la Stazione Tiburtina: nodo dell’alta velocità, stazione di snodo per i treni regionali, compresi quelli da e per Fiumicino che attraversano tutta la città, e, infine, capolinea di autobus e pullman extraurbani.
I 4 target della Roma per lo Stadio
Poi, però, sono almeno quattro le cose che la Roma sicuramente dovrà fare: il ponte ciclopedonale sui binari a Lorenzo Il Magnifico, elemento di ricucitura funzionale di Piazza Bologna con Pietralata e con l’area verde dello Stadio; un altro ponte dal lato Pietralata della Stazione Tiburtina; e, terzo, garantire una corsia protetta alle ambulanze da e per l’Ospedale Pertini che, quarto, dovrà essere ben isolato acusticamente dallo Stadio. Rispetto a Tor di Valle, per esempio, tutto questo è quasi niente: costi limitatissimi, difficoltà di progettazione scarse e tempi di elaborazione delle carte piuttosto contenuti.
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Il vero nodo della questione: gli espropri
C’è però un nodo da dover risolvere prima di avere la strada completamente in discesa, e riguarda gli espropri. Le aree di Pietralata dove dovrebbe essere realizzato l’impianto giallorosso sono, come dicevamo, di proprietà pubblica: principalmente Ferrovie dello Stato e Comune di Roma. L’area di FS, quella che costeggia i binari della ferrovia, dovrebbe ospitare i parcheggi: Ferrovie aveva avviato un programma molto complesso di valorizzazione immobiliare di questi terreni che, però, complice la crisi economica degli ultimi anni, si è arenato. In tal caso, lo Stadio, con le sue necessità e pertinenze, sarebbe un ottimo motivo per riprendere le cose in mano.
Quel progetto di Ferrovie mai realizzato
Il tutto perché il processo di realizzazione del Sistema Direzione Orientale, lo SDO, una specie di progetto quasi mitologico, nato negli anni ’60 del secolo scorso, e di fatto mai realizzato. L’idea era di trasferire uffici pubblici e ministeri a Pietralata. Il processo di realizzazione incontrò il primo ostacolo nelle procedure di esproprio che iniziarono negli anni ’70 e durarono più o meno un ventennio, fino a fine anni ’80.
Retrocessione delle aree
La questione che rimane aperta è quella della “retrocessione delle aree” ovvero il diritto per il proprietario originario espropriato di vedersi riconosciuto da un giudice il diritto a riavere indietro i suoi terreni se, dopo 10 anni dall’esproprio, l’opera non è stata realizzata oppure se cambia l’opera da realizzare.