“Ho aspettato cinque ore prima di mettere i punti di sutura. Mi trovavo accanto ad anziani che piangevano e tossici che litigavano. Non mi hanno dato nessun antibiotico. Una settimana dopo, stavo peggio di prima”. Questo il racconto di Ivan Memmo, al Corriere della Sera, dopo la sua terribile esperienza. Il Pronto Soccorso Grassi di Ostia però non ci sta, ci sarebbe un’altra versione. Per questo motivo l’ASL ha da poco risposto alle accuse.
Leggi anche: Ostia, spiagge ‘vietate’ per le persone con disabilità (FOTO)
Cos’è successo
In qualsiasi posto, il mondo del Pronto Soccorso, è un mondo complicato, caotico, difficile e, comprensibilmente, teso. In generale non sono poche le segnalazioni di pazienti che vivono situazioni sgradevoli dalle quali hanno delle conseguenze fisiche. Questa volta al centro delle polemiche c’è il Pronto Soccorso Grassi di Ostia. Un paziente si era recato lì dopo essere stato morso, violentemente, dal suo cane. Aveva una ferita alla coscia e un’altra alla mano.
Il racconto di Ivan
Ivan Memmo, fiscalista 33enne, si era recato in Pronto Soccorso in ambulanza. Il suo cane, un dogo argentino di nome Aika, l’aveva appena aggredito. Tra il tantissimo sangue e il panico, ha raccontato di aver vissuto un’esperienza che l’ha segnato davvero molto. Nella testimonianza data al Corriere della Sera, ha usato parole molte dure per descrivere ciò che ha passato.
“Sono una vittima e un testimone delle condizioni da quarto mondo dei pronto soccorso romani. Ho deciso di rendere pubblica la mia storia nella speranza che le cose possano migliorare. Una signora è rimasta 11 ore con un’occlusione intestinale”.
Leggi anche: Roma, 2 giugno all’insegna del caos trasporti. Bagnanti ‘bloccati’ a Ostia: «Non sapevamo come tornare»
Le dinamiche dell’incidente
Ivan si trovava insieme alla sua compagna quando, all’improvviso, è stato aggredito dal suo cane. Hanno chiamato immediatamente il 118 per la ferita profonda sul palmo della mano destra. Ha iniziato a perdere molto sangue e a sentirsi sempre più debole. “I soccorsi sono arrivati dopo 30 minuti”.
La vicenda è accaduta il 4 Maggio. Una volta arrivato al Pronto Soccorso, è stato “sottoposto a un tampone Covid”. Dopo “circa 20 minuti” è stato fatto accomodare in sala d’attesa e lì, racconta, il panico. “Risse tra tossici, anziani che piangono, infermieri assenti, tutto fuori controllo”.
‘Il continuo caos al Pronto Soccorso’
Continuando, spiega che, nonostante le ore passate e la continua perdita di sangue, nessuno l’aveva visitato. La situazione si faceva sempre più tragica e sempre più caotica. Solo verso 00:00 è stato visitato. “Nessun antibiotico perché il cane è vaccinato”. Dopo 5 giorni però, “il palmo della mano è diventato sempre più gonfio”. Si reca nuovamente al Grassi dove la situazione era “sempre peggio”. “Una signora anziana aveva bisogno di una padella per i bisogni. Nessuno le ha rivolto uno sguardo. Dopo 10 minuti un’infermiera ha alzato lo sguardo dal cellulare e dopo altri 15 minuti gliel’hanno portata”.
Ivan è stato visitato alle “tre di notte”. Viste le condizioni il medico, allarmato, oltre a toglierli i punti gli ha detto che c’era altro. “Il medico aveva paura che avessi contratto il tetano. Mi hanno iniettato immunoglobuline contro il tetano. Mi hanno consigliato di rimanere in osservazione ma, distrutto, volevo solo tornare a casa. Tutto questo si poteva evitare”.
Leggi anche: Anziano malato raggirato da una cubana: ‘Se non mi dai i soldi do fuoco alla casa’
La risposta dell’ASL Roma 3
In merito al racconto di Ivan, l’ASL Roma ha voluto chiarire alcuni punti.
“Il pronto soccorso evoca uno stato di necessità improvvisa e imprevista, il timore e la fiducia di chi vi si reca, la capacità di capire e intervenire presto per risolvere situazioni che minacciano improvvisamente il benessere delle persone e talvolta la loro stessa vita”.
Date le domande di Ivan sul perché non gli avessero dato immediatamente l’antibiotico, la ASL risponde:
“Dal punto di vista clinico il personale medico, durante il primo accesso, non ha ritenuto utile l’indicazione all’immonoprofilassi passiva antitetanica perché la ferita non si presentava profonda e non ha prescritto la terapia antibiotica perché ha inviato il paziente al proprio medico di medicina generale per successiva rivalutazione clinica ed eventuale inizio di terapia antibiotica se la ferita si fosse complicata (comparsa di segni di flogosi).
In merito alle testimonianze
Riguardo invece le testimonianze riportate dal paziente sulle condizioni del Pronto Soccorso e, soprattutto, sullo stato degli altri pazienti:
“In Pronto Soccorso, si assiste molto spesso nei pazienti anziani a situazioni legate ad alterazioni dello status psico-fisico, che non conoscendo il posto, si disorientano e si agitano nonostante la presenza e l’assistenza continua sia degli infermieri che degli OSS. Giova precisare, inoltre, che l’infermiera presente al triage -accusata di non curarsi dei pazienti in quanto impegnata sia ad usare il proprio cellulare che a colloquiare in privato con vigilantes tanto da far aspettare 15 minuti una paziente bisognosa della padella- in realtà, non stava usando il proprio telefono ma consultando un documento, che il vigilantes in pronto soccorso è una presenza fissa con cui abitualmente gli infermieri si confrontano per questioni lavorative e che l’attesa da parte della paziente per la padella non è stata maggiore di 10 minuti: tempo necessario per reperire la padella, prepararla e trovare un locale idoneo per l’espletamento del bisogno fisiologico, nel rispetto della privacy della signora”.
Conclusione
“Alla luce della segnalazione pervenuta e scusandosi per il vissuto percepito dal paziente, la ASL Roma 3 ha comunque disposto una verifica per definire la sussistenza di eventuali profili di responsabilità e ha programmato un percorso di miglioramento con soluzioni atte alla riorganizzazione dei processi assistenziali integrando formazione, assistenza ed umanizzazione delle cure”.