Roma. Un accordo che già in teoria, sulla carta, sembrava rivoluzionario. Anzi, già a partire dalle parti contrattuali: Il Campidoglio da una parte, e Google dall’altra. Era lì, messa nero su bianco in una delle tante memorie che provengono dalla Giunta Gualtieri. Ma poi? Cosa è successo dopo? Il nulla più assoluto.
Niente semafori di Google a Roma: salta l’accordo con il Campidoglio
L’accordo doveva funzionare più o meno in questo modo: il gigante tecnologico avrebbe dovuto aiutare la Capitale a decongestionare il traffico, e in cambio il Comune avrebbe dato il permesso di analizzare i dati catturati dalle telecamere del colosso. Prima l’accelerazione, poi lo il rallentamento fino allo stop improvviso. Infatti, l’accordo, votato, vidimato e accettato, è andato a finire nel dimenticatoio. E così, i semafori intelligenti prodotti in California non troveranno più spazio nella Capitale. Di certo non troveranno spazio in piazzale Appio, dove l’alternarsi di verdi e rossi continua a creare file immense di motori rombanti. Ma neppure in via del Porto Fluviale, uno degli incroci che godono della peggiore reputazione a Roma. Insomma, tutto saltato, eppure c’erano tutti i presupposti. Forse il Campidoglio non è abituata a trattare all’americana, e così anche viceversa. Ognuno è abituato ai propri standard. E pare che proprio per tale ragione, nonostante una prima felice apertura da parte del Campidoglio, non si è arrivati a nessuna concretizzazione delle idee di qualche tempo fa.
Le ragioni dell’accordo saltato
Quella che era stata un’entusiastica adesione al programma sperimentale sui semafori della società di Mountain View, accolta tra gli applausi del Campidoglio, è finita con un nulla di fatto che ha smorzato tutto. Eppure, era l’ennesima opportunità di poter sperimentare una novità hi-tech nell’Urbe, e magari averne dei vantaggi sulla circolazione. La sintesi di queste ultime settimane di lavoro sul progetto è fata di tanti, troppi, i dubbi che poi non ci hanno messo molto a diventare problemi. Divergenti mai appianate, nonostante i diversi colloqui e incontri virtuali. Tra le problematiche più evidenti, il fatto che Roma Servizi per la mobilità avrebbe sì avuto accesso agli esiti della ricerca, ai dati raccolti dai semafori di proprietà Google, ma non avrebbe potuto, da contratto, condividerli con università o enti di ricerca. Quindi destinati solamente ad uso interno. Senza contare, poi, ciò che muove il sole l’altre stelle: ovvero il problema economico. Da contratto, il Campidoglio avrebbe dovuto pagare e coprire eventuali danni ai nuovi impianti.