Si fanno versare 330.000 euro da una donna di Roma con la promessa di lauti guadagni grazie a un piano di investimenti in società straniere, ma è tutto un imbroglio, anzi, una maxi truffa. Quella scoperta dalla Guardia di Finanza è infatti una delle truffe più grandi dell’ultimo periodo e coinvolge, oltre a due persone residenti a Roma, anche altri cittadini sparsi nel territorio italiano, che si sono visti sottratti in totale circa 26,5 milioni di euro.
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La Guardia di Finanza ha iniziato a indagare su 9 società, 4 italiane [ubicate a Roma, Catania, Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto (AP)] e 5 estere (operanti negli Stati Uniti, nella Repubblica Dominicana, in Nuova Zelanda e in Austria). Truffa e abusivismo finanziario le fattispecie sin ora individuate, ascritte a diverso titolo, in capo a 10 persone, residenti in distinte località dell’Italia, tra Roma, Tivoli e Guidonia Montecelio. Soggetti per lo più amministratori delle predette società, operanti in diversi ambiti, dalla consulenza per la gestione della logistica aziendale e altre attività professionali a quella del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, in una serie di operazioni che, alla fine delle indagini, hanno disvelato una maxi truffa in danno di un centinaio di risparmiatori. Una raccolta abusiva di denaro che, come ricostruito con riferimento al periodo dal 2015 al 2019, è stata eseguita in assenza di iscrizioni, abilitazioni o autorizzazioni delle Autorità del settore e che è stata quantificata in circa 26,5 milioni di euro, di cui solamente poco più del 50%, come emerso dalle analisi dei flussi finanziari, rimborsati attraverso la simulazione di una parte dei rendimenti di spettanza.
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La maxi indagine
È a gennaio del 2020 che i finanzieri chiudono il primo step di quest’indagine, incentrata verso il sodalizio criminale che, attraverso l’offerta di piani d’investimento mediante sottoscrizione di associazioni in partecipazione agli utili di una società di diritto dominicano, attiva nella produzione e coltivazione di cacao e piante tropicali, con la promessa di ingenti e repentini profitti, era riuscito ad ottenere da una cittadina italiana residente a Roma la cospicua somma di 330.000 euro. Appannaggi e patti non mantenuti; sta di fatto che le vittime, dopo essere state convinte dai promoter a sottoscrivere gli investimenti e ad eseguire i relativi versamenti, non si vedevano corrispondere alcun interesse pattuito dalla società “d’investimento”, che si appropriava dell’intero capitale. Da qui, la prima denuncia alla Procura della Repubblica che, attraverso la Guardia di Finanza, ha avviato la disamina dei flussi finanziari, per individuare la destinazione finale dell’ingente somma.
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Le indagini proseguono. Si scandagliano, quindi, tutti i conti delle società e dei relativi amministratori, un contesto in cui non sono sfuggite agli occhi attenti degli investigatori anche una serie di movimentazioni finanziarie promosse da un centinaio di persone che non avevano ottenuto alcun ritorno; da qui, dopo la loro individuazione, la scoperta dell’imponente truffa perpetrata a seguito di una raccolta abusiva di denaro. Risparmiatori residenti in tutta Italia, vittime del medesimo disegno criminoso, dal Trentino Alto Adige alla Sicilia, passando per la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, l’Umbria, l’Abruzzo, il Lazio e la Puglia, presentano querele, tutte poi riunite e analizzate dalla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno che delegava e quindi valutava una complessa e articolata attività di indagine.
Chi sono le vittime della maxi truffa
Persone “comuni”, di ogni professione ed età, inizialmente convinte di aver realizzato “investimenti” sicuri e redditizi e che, dopo vane e reiterate insistenze tese ad ottenere gli interessi promessi, hanno invece capito non solo di essere capitati in un “circolo vizioso” dal quale difficilmente ne sarebbero uscite, ma, soprattutto, di aver verosimilmente perso ogni speranza per poter rientrare in possesso anche dei soli capitali investiti. Una percezione insostenibile, giunta, peraltro, in uno dei momenti più difficili degli ultimi tempi a causa dell’emergenza da Covid-19, dove anche gli ultimi residui dei risparmi di una vita possono offrire quelle opportunità per far fronte agli effetti dei reiterati lockdown e, in molti casi, anche alle sole necessità quotidiane.
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Numerose, tra le vittime, anche diverse persone anziane, come capitato, ad esempio, ad una 78enne di Roma, ad una coppia ultra 70enne di Garbara Novarese (NO), ad una 79enne di Aragona (AG), piuttosto che a quella coppia di 80enni di Orte (VT) che aveva “affidato” ai promoter una cifra di “soli” 5.000 euro, probabilmente il frutto dei risparmi di una vita che ancora erano riusciti a preservare fino a quel momento. Un fiume di denaro raccolto con spregiudicatezza, buona parte del quale era servito agli stessi organizzatori della colossale truffa per convincere i nuovi investitori attraverso l’ostentazione di strutture societarie impiantate ad hoc nelle migliori zone delle città italiane, dotate di uffici e di arredi di lusso, così come altrettanto prestigiose erano le autovetture con le quali si recavano dai potenziali clienti, elementi tutti costituenti quell’appannaggio di “solidità” e di “affidabilità” degli affari imprenditoriali, necessari per convincere in fretta gli investitori. Ancora una volta, il sistema truffaldino disvelato si è presentato agli investigatori sotto la forma di piani d’investimento offerti mediante la sottoscrizione di contratti di associazione in partecipazione agli utili di una società, dietro promessa di ingenti remunerazioni a fronte del capitale versato; di nuovo, l’impresa di diritto dominicano attiva nella produzione e coltivazione di cacao e piante tropicali.
Lo schema ‘piramidale’ della maxi truffa
Indagini finanziarie, approfondimento di una consistente serie di segnalazioni di operazioni sospette, di dati contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari, dei report del Controllo economico del territorio. Sono queste le dinamiche che, in un prefissato percorso metodologico, hanno portato le movimentazioni di denaro che hanno portato a scoprire innumerevoli flussi riconducibili ad attività illecite e, infine, a tracciare nel dettaglio il “giro di affari” realizzato dal sodalizio criminale. Un impianto risultato, infine, il classico schema “piramidale” di truffa che richiama il c.d. “Schema Ponzi”, in cui le nuove operazioni di investimento, nella sostanza, servivano solamente a simulare parte dei rendimenti per gli investitori precedenti. Una gestione di denaro per la quale i militari della Guardia di Finanza hanno riconosciuto anche le condizioni dell’abusivismo finanziario, il cui art. 166 del “Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” contempla la reclusione da 1 a 8 anni e la multa da 4.000 a 10.000 euro. Questa seconda fase dell’attività ha portato alla denuncia di 9 persone – di cui 7 già deferite nel precedente mese di gennaio – per i reati di truffa aggravata, e, appunto, abusivismo finanziario.
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Si arriva ad oggi, l’epilogo di una vicenda che ha trovato, ancora una volta, l’Autorità Giudiziaria e la Guardia di Finanza impegnate con successo in un’indagine internazionale caratterizzata da circostanze aggravanti connesse al “reato transnazionale” per effetto dei flussi finanziari esportati in favore di società estere, conclusa anche con l’esatta quantificazione, in capo a ciascun responsabile, dei profitti dei reati; e grazie al provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca sono stati garantiti all’indagine beni e valori per ingente importo.
È infatti di 4 milioni di euro il valore di quanto “assicurato” alle indagini a conclusione dell’operazione “Santo Domingo”: 33 terreni, 12 immobili, 18 rapporti finanziari [costituiti da conti correnti, buoni fruttiferi, depositi risparmio, polizze vita e carte prepagate sequestrate, un motoveicolo, gioielli d’oro e quote azionarie di una S.p.A..