La Polizia Locale di Roma contrasta lo “Street Food” abusivo: fermate due donne che vendevano cibi in condizioni igieniche precarie.
Scene da voltastomaco quelle provenienti dalla Stazione Termini di Roma. L’ultimo sopralluogo della Polizia Locale ha scoperto un’attività abusiva di street food nei presi della nota fermata ferroviaria, con due donne che vendevano del mangiare in strada senza nessun tipo di permesso. Per dosare le porzioni da vendere ai “clienti”, le donne impacchettavano il mangiare in volantini o addirittura carte di giornale.
Lo street food abusivo nei pressi della Stazione Termini di Roma
Le donne, di origine peruviana, non avevano un locale dove appoggiarsi, svolgendo probabilmente un’attività abituale nelle strade presenti tra il quadrante dell’Esquilino e Castro Pretorio. Armate di borse frigo e dei contenitori pieni di mangiare, le signore vendevano i propri prodotti alimentari e delle bevande. Tra i clienti, probabilmente, trovavano clochard presenti nel quadrante della Stazione Termini e disposti a pagare pochi euro per sfamarsi.
Il mangiare sequestrato allo street food abusivo
Forse volevano imitare i noti street food statunitensi, ma in maniera totalmente illegale. Nei borsoni dove le donne tenevano il mangiare, gli agenti della Polizia Locale hanno trovato numerosi alimenti che non rispettavano i parametri igienico-sanitari. Le signore vendevano monoporzioni di riso con verdure, piatti a base di mais e delle bevande. Gli alimenti, come visto dagli agenti, era imballati in carte d’alluminio o addirittura pezzi di carta sporca, come fogli di giornale o volantini dei negozi.
Le sanzioni della Polizia Locale
La Polizia Locale ha sanzionato le due donne con una multa complessiva di oltre 5 mila euro. Come hanno evidenziato le indagini, le donne non badavano assolutamente alle rigide regole in materia di igiene per la vendita dei loro prodotti, rischiando peraltro di creare seri problemi alla salute di quei potenziali “clienti” a cui facevano riferimento. Oltretutto, con zaini e borse frigo di dubbia qualità, le donne non rispettavano nemmeno il trattamento legato alla conservazione dei propri cibi.