Le aggressioni sono sempre più all’ordine del giorno: che si tratti di identità di genere, di un gesto non condiviso o di un atto di goliardia la cronaca nazionale ci svela sempre di più un Italia in cui la cultura dell’odio è l’unica arma impugnata.
Quanto accade quotidianamente viene raccontato per un motivo: la vecchia storia che dagli errori (altrui) si impara. Purtroppo non sempre è così. Ieri in un quartiere di Roma una ragazza è stata aggredita (fisicamente e verbalmente) assieme al suo cane in pieno giorno.
Tor Tre Teste: ragazza e cane aggrediti per aver bevuto alla fontanella
La raccapricciante scena si è svolta a Largo Cevasco, nel quartiere di Tor Tre Teste, sotto la luce del sole e sotto gli occhi dei passanti. Una ragazza (la chiameremo Sofia) era uscita di casa per fare una passeggiata con il suo cane; le temperature erano molto alte e faceva caldo, tanto che sulla strada per tornare a casa Sofia ha visto una fontanella e si è fermata: per bere e far bere il suo cane.
Poco distante da lei c’era un signore di circa 60 anni impegnato nel lavare la propria macchina – una panda nera – utilizzando l’acqua della medesima fontanella. I nasoni di Roma scorrono spesso senza mai finire e – di solito – sono formati da un rubinetto in cui l’acqua fuoresce ed una incanalatura sottostante dove l’acqua si raccoglie. Quando il cane di Sofia si è avvicinato per bere, però, si è scatenato l’inferno.
Il 60enne ha iniziato ad offendere ed insultare Sofia con parole irripetibili e oscene ma non si è limitato a ciò: le si è avvicinato e l’ha aggredita. Sofia è stata presa a calci e tirata dai capelli, è stata strattonata senza riuscire né avere la forza di difendersi. Come se tutto ciò non bastasse l’uomo ha poi aggredito fisicamente anche il suo cane, colpendolo e insultandolo.
Aggressione e cultura dell’odio
Come riporta il racconto di un’amica di Sofia, ancora scossa e spaventata per riuscirne a parlare, la ragazza – benché ci fossero passanti che osservavano la scena – ha dovuto chiamare autonomamente le forze dell’ordine. Avendo paura di restare lì, accanto a quel mostro che tra l’altro mentre lei chiamava il NUE si è toccato i genitali e le ha detto non me ne frega nulla di chi chiami, Sofia si è allontanata dirigendosi verso casa.
Dopo essersi tranquillizzata Sofia è andata in Commissariato per raccontare quanto le fosse successo; aveva con sé la foto della targa dell’uomo sperando che potesse essere utile agli agenti. Sofia ha paura di incontrare nuovamente quell’uomo, è sconvolta da quanto accaduto, non si spiega come sia possibile essere aggrediti così in strada, per un gesto innocuo e privo di odio. Viviamo purtroppo in un mondo fatto di omertà, di aggressioni, di odio e cattiveria; non si ha la pretesa che raccontando quanto accaduto l’uomo in questione si metta una mano sulla coscienza e rifletta: però magari la terrificante storia di Sofia può far riflettere qualcun altro. Chi era lì e non è intervenuto, chi ha vissuto qualcosa di simile o anche chi è fortunatamente estraneo alle aggressioni: bisogna sensibilizzare per tornare umani.