Roma. Aveva detto di aver compiuto quel gesto per una contesa amorosa. Un delitto passionale, secondo la sua versione: disse di aver sparato al vicino perché ”pensava che avessi una storia con la compagna”. Ma si trattava di tutt’altro: un omicidio legato alla ‘ndrangheta. E così, come riportato anche da Repubblica con un pezzo di questa mattina, per la morte di F.C., 48 anni, ex noleggiatore auto ucciso al Divino Amore il 17 luglio 2020, il suo killer, G.N., due anni dopo aveva subito la condanna a 18 anni.
Confessa il delitto passionale, ma uccise per ‘ndrangheta
Alla storia che il killer aveva raccontato – la sua confessione – gli inquirenti hanno sempre dato poca fede e fiducia, tuttavia la Corte d’Assise aveva escluso la premeditazione. Ebbene dietro quei colpi di pistola sparati, in realtà, c’era la sparizione di 110 chili di cocaina, ma soprattutto la paura di essere escluso dalla cosca dei Mammoliti di San Luca. La vicenda dettagliata emerge direttamente dalle carte dell’operazione anti ‘Ndrangheta “Eureka” della Dda di Reggio Calabria, operazione che lo scorso 3 maggio ha portato a 108 arresti in Italia e all’estero. A seguito delle indagini, secondo gli inquirenti, il ruolo del killer G.N. era quello di custodire, per conto della famiglia Mammoliti, il deposito della cocaina a Roma. Per tale ragione, il 13 luglio passato avrebbe fatto scaricare 110 chili di cocaina nella sua abitazione.
La droga sparita e il delitto per l’onore
La droga però sparisce completamente 2 giorni dopo. I sospetti del killer 26 enne erano sin da subito caduti sulla vittima, suo vicino di casa, che aveva assistito allo scarico della sostanza. Come emerge dalle chat criptate, il killer raccontava: “Mi ha invitato e abbiamo fatto i gamberoni. E sto porco ha inviato la foto dei gamberoni all’altro napoletano. Secondo me quello è stato il via”. Ecco allora che per recuperare la droga viene deciso di sequestrare la vittima. Inoltre, come si legge nelle carte stesse: “per dimostrare ai Mammoliti di non essere stato l’autore del furto, piuttosto che eseguire il sequestro, decideva di propria iniziativa di uccidere F.C.”. Insomma, il custode della droga scomparsa uccide il suo sospettato per evitare che venga lui stesso incriminato del furto da coloro che per cui lavorava. Poi, era andato a costituirsi inventando il delitto passionale.
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