L’Isola di Pantelleria è in emergenza ambientale, per le incursioni petrolifere sottomarine, ma non solo lei e con la petizione “Fermiamo le trivellazioni di Tremiti e Pantelleria”, promossa dalla Federazione dei Verdi su change.org, si chiede al ministro dello sviluppo economico Federica Guidi di fermare una “morte annunciata”.
Le sorti della Perla Nera del Mediterraneo, così chiamata per le rocce di ossidiana di cui è composta, che ha dato i natali a moltissimi abitanti della città e borghi di Aprilia, Latina, e anche a Pomezia, riguardano tutti perchè il mare di Pantelleria è il Mediterraneo, noto come bacino chiuso, se non fosse per il breve varco di Gibilterra, che crea un blando ricambio con l’Oceano Atlantico.
L’antica ed esotica Cossira degli arabi, degli spagnoli e dei normanni, altro non è che una isola vulcanica, così come quasi tutte le isole siciliane. Le zone marine limitrofe sono ancora molto attive dal punto di vista sismologico: giusto ieri all’alba si è registrata una forte scossa di terremoto nel tratto tra l’isola e Trapani.
Le trivellazioni, con i mastodontici macchinari che perforano il suolo marino alla ricerca dell’oro nero non fanno altro che “alimentare” attività vulcaniche che possono essere devastanti.
Allora “l’insurrezione” dei siciliani e dei panteschi con una petizione, che a tutt’oggi ha già superato le 50,000 firme e ieri Pantelleria News, il quotidiano on-line locale, pubblicava la posizione un comunicato del Sindaco dell’isola Salvatore Gabriele con il quale ribadiva il suo veto alle trivellazioni nel Mare Mediterraneo. Il sindaco ha inoltre scritto al Ministro dello Sviluppo Economico, on. Federica Guidi, per avere notizie e nel contempo rassicurazioni, smentite ufficiali sullo sviluppo di attività di perforazioni presso le acque antistanti l’Isola di Pantelleria: “Non aggiungo altro alle mie considerazioni – conclude la lettera del sindaco Gabriele – che sono del tutto scontate e allarmate su quello che può accadere. Le chiedo inoltre un incontro al fine di comprendere al meglio e scongiurare qualsiasi evoluzioni di trivellazioni nel Mediterraneo e nel nostro mare.”
Nella petizione, che vede tra i primi firmatari/promotori Giobbe Covatta, Syusy Bladi, Domenico Finiguerra, Vincenzo Fornaro, Fulvia Gravame, Simona Internò, Gregorio Mariggiò, Luana Zanella, e altri, si legge: «il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato le ricerche di petrolio di fronte ad uno dei gioielli ambientali più’ importanti d’Europa: le isole Tremiti. Il 22 dicembre 2015 con decreto n.176 e’ stato conferito il permesso B.R274.EL alla società Petroceltic Italia srl di fronte ad un paradiso ambientale e su una superficie di 373,70 Km/q ed in un’area dalla ricca biodiversità marina verranno utilizzate le tecniche più devastanti come l’air gun per le ricerche di idrocarburi, e siccome siamo in periodo di saldi la Petroceltic Italia pagherà allo Stato italiano per bucare i 373 km/q di fondale marino, la cifra di euro 5,16 per km/q per un totale di 1928,292 euro l’anno”.
Altri paradisi ambientali sono in pericolo perché sono in corso di autorizzazione permessi di fronte l’isola di Pantelleria per un’estensione di 4124 Km/q e nel golfo di Taranto per estensione di 4025 km/q a favore della Schlumberger Italiana. Sempre a Pantelleria è stato sospeso un permesso all’Audax Energy, non revocato, in attesa di un idoneo impianto di perforazione. In Italia sono vigenti permessi di ricerca per idrocarburi per un totale di 36.462 km/q di cui sulla terraferma sono 90 per un totale di 27.662,97 Km/q e nel sottofondo marino sono 24 i permessi per 8.800 Km/q: si sta perforando un territorio equivalente a quello della Lombardia e Campania messe insieme».
I cittadini apriliani di Pantelleria già in passato si sono mossi per dare manforte all’isola, quando si preannunciava la chiusura del Punto Nascite dell’isola, con manifestazioni davanti al Ministero della Sanità e perorando la causa sulle reti nazionali; hanno, inoltre, istituito un comitato Pro-gemellaggio tra la città di Aprilia e l’Isola di Pantelleria al fine di creare un ponte culturale lungo 1200 chilometri. E ora, gli stessi e tutti gli altri devono sapere e difendere il loro ambiente, i suoi tesori, tutelare l’economia della pesca, dell’agricoltura e del turismo che sono messe a rischio da tecniche invasive e distruttive di perforazione letali.
Marina Cozzo