La libertà non si imbavaglia a colpi di arma da fuoco: se prima c’era un solo Charlie Hebdo, adesso siamo tutti Charlie Hebdo. E vogliamo ricordare in modo particolare il suo direttore: Stephane Charbonnier, conosciuto come “Charb”, si era sempre detto pronto a morire in piedi piuttosto che rinunciare alla libertà di espressione di cui il giornale da lui diretto si è sempre proclamato paladino in Francia. Le sue irriverenti caricature di politici e di figure pubbliche apparivano soprattutto su Charlie Hebdo, ma anche su testate di sinistra o semplicemente umoristiche. Era stato lui a decidere di pubblicare le vignette del profeta Maometto, quelle che nel 2006 dalla Danimarca avevano infiammato tutto il mondo islamico, provocando numerosi morti. In seguito a questa vicenda era sotto protezione della polizia, dopo aver ricevuto minacce di morte. Intervistato da France Info, Charb aveva spiegato che la caricatura, in particolare quella più dura ed intransigente, permetteva di “sublimare la violenza: chissà cosa saremmo diventati senza la matita”. E agli islamici che lo accusavano di essere blasfemo, il direttore di Charlie Hebdo aveva risposto, spiazzandoli: “Perché non fate una rivista satirica contro noi laici?”. Sembra una tragica profezia la vignetta pubblicata solo pochi giorni fa .“Ancora nessun attentato in Francia”, c’è scritto, mentre un talebano armato risponde: “Aspettate. Abbiamo tempo fino a fine gennaio per farci gli auguri”. In questo caso, l’attesa è durata meno.
Noi siamo Charlie Hebdo
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