Ultimi casi di cronaca raccontano di stupri a ragazzine di 16-17 anni che si sono trovate essere da vittime a “colpevoli”. Questi casi non sono e né saranno (purtroppo) gli ultimi.
Nel caso della diciassettenne di Rimini: lei è ubriaca fradicia e va in bagno con questo ragazzo, le amiche consapevoli di tutto invece di difendere la ragazza dalle spinte avance del ragazzo , pensano di filmare il tutto aggrappandosi alla parete della toilette mentre si consuma lo stupro. E’ caos mediatico nei confronti della giovane. “Se l’è cercata”, “Alla sua età si giocava con le bambole non ci si ubriacava”, poi ci si mettono anche i titoloni di giornali ideologizzati: “E’ un problema di educazione sessuale”. Un coro unico sui social che sembra mettere alla gogna una povera ragazza che ha avuto la colpa di volersi divertire così bevendo qualche sorsetto in più (chi di noi oppure chi conosciamo non ha passato la serata un po’ da sbronzo?), ma non è questo il problema perché non ci possiamo permettere di giudicare se sia giusto o sbagliato quando si parla di altre persone e sono pronto a scommettere che questi giudici morali cambino opinione nel caso venissero direttamente toccati loro. Il problema è che il popolo italiano è abituato a sentenziare, ad esprimere pareri, giudizi sul prossimo senza nessuna cognizione di causa, senza pensare alle conseguenze, senza pensare che potrebbe ferire ma forse non sarebbe il caso di farci un esame di coscienza e guardarci un po’ dentro noi che di cazzate ne abbiamo fatte? E per “cazzate” intendo bere qualche goccio in più non di certo uno stupro…. che non va mai giustificato.
Nel caso della allora tredicenne di Melito Porto Salvo stuprata per tre anni dal branco, i genitori sapevano da tempo quello che era accaduto alla loro figlia. Hanno però taciuto. La madre era venuta casualmente a conoscenza delle violenze subite dalla figlia attraverso la brutta copia di un tema che la tredicenne aveva lasciato sulla scrivania della propria stanza. Il particolare emerge dall’ordinanza che ha portato all’arresto dei giovani accusati degli abusi. La ragazzina che frequentava il Liceo delle Scienze Umane e Linguistiche a Reggio Calabria, aveva espresso in quello scritto il proprio disagio personale e familiare, soprattutto. La famiglia ha preferito tacere e cercare un “dialogo” con la Ndrina locale che vede coinvolto il figlio di un esponente invece di denunciare tutto alle forze dell’ordine. E poi c’è il paese. Diecimila anime che non riescono a mettere su una fiaccolata decente che sensibilizzi su quanto successo. Gente che non parla, che bisbiglia sottovoce che “quella se l’è andata a cercare”, “si vestiva in modo provocante” e preti che minimizzano. Sarà che io di provocante vedo solo il vostro egoismo ideologico e chiuso. È un misto di buonismo e vomito. Tutto uno scrivere e domandare di lei, la ragazzina, che forse meriterebbe silenzio e protezione. Mentre sono queste facce da appiccicare su tutti muri. E costringere i compaesani a guardarli negli occhi piuttosto che limitarsi ad amorevoli discorsi tra compagni di taverna.